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Complesse immagini d’impresa

Un saggio pubblicato dalla Fondazione Marco Biagi affronta il tema del racconto visivo della produzione e del lavoro

L’impresa e il lavoro si possono raccontare anche per immagini. Anzi, l’immagine – insieme al racconto -, oggi è uno degli strumenti più utili per sintetizzare al meglio  quella cultura del produrre che tanto caratterizza l’industria italiana.  Ma le immagini occorre saperle creare e utilizzare bene. Cosa non semplice proprio in un’epoca caratterizzata da una numerosità elevata di sollecitazioni visive come mai prima  è capitato. Occorre quindi sistematizzare, capire, comprendere.

A questo serve “Immagini del lavoro, lavoro con le immagini” di Tommaso M. Fabbri dell’Università di Modena e Reggio Emilia, articolo appena pubblicato  nella Sezione Saggi dei  Quaderni Fondazione Marco Biagi.

Fabbri compie un’opera difficile: spiegare con parole l’uso delle immagini nel tempo e soprattutto oggi, con una particolare attenzione alla loro applicazione nell’impresa e nell’illustrazione del lavoro. Rifacendosi ai fondamenti della sociologia e dell’antropologia (le uniche due scienze sociali  che sono riuscite anche a studiare l’immagine e il suo uso), Fabbri ripercorre quindi l’apparato teorico sottostante all’uso degli strumenti visivi e ne spiega le peculiarità, le caratteristiche, i limiti. Occorre fare attenzione_ l’immagine, spiega l’autore, non è lo specchio della realtà, ma rappresenta sempre “un punto-di-vista”.  Arrivando pesino a ricordare il principio di indeterminatezza, Fabbri quindi circostanzia bene il significato che si può attribuire alle immagini che descrivono la cultura d’impresa, l’impresa nel suo produrre, il lavoro nell’impresa. Partendo, per esempio, dalla fatto che chi fissa delle immagini è influenzato dal contesto sociale in cui vive e lavora, oltre che dall’ambiente che riprende; ma anche dal contrario: le immagini prodotte possono influenzare chi le ha prodotte e l’ambiente che le ha originate.  Fabbri, poi, individua due categorie di strumenti visivi che calzano bene sul lavoro e sulla produzione: il documentario sociale e il documentario d’impresa.

Immagini come strumenti da usare ma con attenzione, quindi.  Anche nel racconto delle culture d’impresa così come del lavoro. Mettendo insieme ragionamenti sociologici e antropologici con l’osservazione della realtà odierna, Fabbri  conclude osservando una  “peculiare comunanza tra pratiche (e discipline) altrimenti distanti come la realizzazione di un’opera audiovisiva (video making, video research), la definizione dell’organizzazione di un’azienda, (organizational design), la definizione di una politica economica (policy making), la scrittura di una norma giuridica”.

L’intervento di Fabbri non è sempre facile da leggere; è anzi denso e in alcuni passaggi da riprendere più volte: ma è utile da affrontare.

Immagini del lavoro, lavoro con le immagini

Tommaso M. Fabbri

Quaderni Fondazione Marco Biagi, Saggi, 5.I 2015, Agosto 2016

Un saggio pubblicato dalla Fondazione Marco Biagi affronta il tema del racconto visivo della produzione e del lavoro

L’impresa e il lavoro si possono raccontare anche per immagini. Anzi, l’immagine – insieme al racconto -, oggi è uno degli strumenti più utili per sintetizzare al meglio  quella cultura del produrre che tanto caratterizza l’industria italiana.  Ma le immagini occorre saperle creare e utilizzare bene. Cosa non semplice proprio in un’epoca caratterizzata da una numerosità elevata di sollecitazioni visive come mai prima  è capitato. Occorre quindi sistematizzare, capire, comprendere.

A questo serve “Immagini del lavoro, lavoro con le immagini” di Tommaso M. Fabbri dell’Università di Modena e Reggio Emilia, articolo appena pubblicato  nella Sezione Saggi dei  Quaderni Fondazione Marco Biagi.

Fabbri compie un’opera difficile: spiegare con parole l’uso delle immagini nel tempo e soprattutto oggi, con una particolare attenzione alla loro applicazione nell’impresa e nell’illustrazione del lavoro. Rifacendosi ai fondamenti della sociologia e dell’antropologia (le uniche due scienze sociali  che sono riuscite anche a studiare l’immagine e il suo uso), Fabbri ripercorre quindi l’apparato teorico sottostante all’uso degli strumenti visivi e ne spiega le peculiarità, le caratteristiche, i limiti. Occorre fare attenzione_ l’immagine, spiega l’autore, non è lo specchio della realtà, ma rappresenta sempre “un punto-di-vista”.  Arrivando pesino a ricordare il principio di indeterminatezza, Fabbri quindi circostanzia bene il significato che si può attribuire alle immagini che descrivono la cultura d’impresa, l’impresa nel suo produrre, il lavoro nell’impresa. Partendo, per esempio, dalla fatto che chi fissa delle immagini è influenzato dal contesto sociale in cui vive e lavora, oltre che dall’ambiente che riprende; ma anche dal contrario: le immagini prodotte possono influenzare chi le ha prodotte e l’ambiente che le ha originate.  Fabbri, poi, individua due categorie di strumenti visivi che calzano bene sul lavoro e sulla produzione: il documentario sociale e il documentario d’impresa.

Immagini come strumenti da usare ma con attenzione, quindi.  Anche nel racconto delle culture d’impresa così come del lavoro. Mettendo insieme ragionamenti sociologici e antropologici con l’osservazione della realtà odierna, Fabbri  conclude osservando una  “peculiare comunanza tra pratiche (e discipline) altrimenti distanti come la realizzazione di un’opera audiovisiva (video making, video research), la definizione dell’organizzazione di un’azienda, (organizational design), la definizione di una politica economica (policy making), la scrittura di una norma giuridica”.

L’intervento di Fabbri non è sempre facile da leggere; è anzi denso e in alcuni passaggi da riprendere più volte: ma è utile da affrontare.

Immagini del lavoro, lavoro con le immagini

Tommaso M. Fabbri

Quaderni Fondazione Marco Biagi, Saggi, 5.I 2015, Agosto 2016

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