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Italiani esploratori d’impresa

Bravi imprenditori italiani nel mondo, ma anche manager, ricercatori, pensatori e creativi. Ma come? E perché? Domande apparentemente retoriche e scontate, ma, invece, molto importanti per capire come lo spirito imprenditoriale nazionale abbia vinto e vinca ancora davvero globalmente. Si dice infatti che l’impresa italiana – intesa non solo coma fabbrica ma in senso più vasto di “capacità di fare”  – abbia caratteristiche uniche e vincenti. Una cultura d’impresa che tutti ci invidiano. Eppure, l’Italia stenta a crescere, zoppica a camminare verso lo sviluppo, appare ammaccata, stanca e confusa. Eppure – ancora – questa stessa Italia continua a sfornare talenti, imprese d’eccellenza, profitti, campioni d’imprenditoria. Che vanno in tutto il mondo. Ma a volte tornano.

Proprio per comprendere l’assurdità vincente della maestria italiana nel mondo e ritorno, Roberto Bonzio – ex-giornalista dell’agenzia Reuters ma nato alla Gazzetta  di Venezia, adesso esploratore globale della creatività nazionale -, ha avviato qualche anno fa una iniziativa – Italiani di frontiera – adesso finita in un omonimo libro in corso di pubblicazione.

Che cosa siano il volume e il progetto che lo ha generato, lo spiega lo stesso Bonzio. “Com’è possibile? – dice -, Com’è possibile che il Paese che ha generato il Rinascimento e oggi continua a sfornare talenti, capaci di immaginare il futuro e primeggiare in campo globale dalla scienza, all’innovazione, all’impresa, sembri livido, diffidente del domani e votato alla decadenza?”. Da qui, quindi Italiani di Frontiera cioè “un progetto multimediale dal West al Web, ‘Dall’Italia alla California e ritorno’, che inseguendo lo spirito d’impresa degli italiani, questa contraddizione la vuol sfidare. Con un giornalismo creativo”. Adesso finito tutto in un libro.

Il volume, quindi, racconta un lungo viaggio di Bonzio in California ma anche le storie di italiani che dal’Italia sono partiti per affrontare sfide che, poi, hanno vinto, soprattutto nella Silicon Valley assunta ad esempio di terra nella quale l’iniziativa, se valida, vince, e qualche volta può anche provocare “ritorni” all’origine importanti e di successo.

Bonzio, però, non si limita a questo ma unisce le esperienze di lavoro e d’impresa scoperte con la più generale esperienza del viaggio e della scoperta, del sacrificio e dei valori nei quali si crede per davvero. Per questo, come una sorta di suggello che chiarisce e spiega, l’ex cronista della Reuters ha come guida la letteratura di Jospeh Conrand nella spiegazione data da Claudio Magris in un articolo sul Corriere della Sera di qualche anno fa che in un passaggio dice: “Il mare, per Conrad, è come la vita; incanto e orrore, abbandono e naufragio, consunzione, immortalità, distruzione. Nascere, dice Stein in Lord Jim, è come cadere in mare e bisogna farsi sostenere dal mare senza fondo. Non c’è un fondamento saldo su cui poggiare; non ci sono fedi o filosofie precise che garantiscano la scelta e la bontà delle azioni. Come Conrad, forse noi non sappiamo perché sia giusto essere fedeli e leali, combattere piuttosto che disertare, ma, come lui, in qualche modo sappiamo che è giusto”.

“Italiani di frontiera”, è la sintesi su carta di tutto questo: da leggere e meditare.

Bravi imprenditori italiani nel mondo, ma anche manager, ricercatori, pensatori e creativi. Ma come? E perché? Domande apparentemente retoriche e scontate, ma, invece, molto importanti per capire come lo spirito imprenditoriale nazionale abbia vinto e vinca ancora davvero globalmente. Si dice infatti che l’impresa italiana – intesa non solo coma fabbrica ma in senso più vasto di “capacità di fare”  – abbia caratteristiche uniche e vincenti. Una cultura d’impresa che tutti ci invidiano. Eppure, l’Italia stenta a crescere, zoppica a camminare verso lo sviluppo, appare ammaccata, stanca e confusa. Eppure – ancora – questa stessa Italia continua a sfornare talenti, imprese d’eccellenza, profitti, campioni d’imprenditoria. Che vanno in tutto il mondo. Ma a volte tornano.

Proprio per comprendere l’assurdità vincente della maestria italiana nel mondo e ritorno, Roberto Bonzio – ex-giornalista dell’agenzia Reuters ma nato alla Gazzetta  di Venezia, adesso esploratore globale della creatività nazionale -, ha avviato qualche anno fa una iniziativa – Italiani di frontiera – adesso finita in un omonimo libro in corso di pubblicazione.

Che cosa siano il volume e il progetto che lo ha generato, lo spiega lo stesso Bonzio. “Com’è possibile? – dice -, Com’è possibile che il Paese che ha generato il Rinascimento e oggi continua a sfornare talenti, capaci di immaginare il futuro e primeggiare in campo globale dalla scienza, all’innovazione, all’impresa, sembri livido, diffidente del domani e votato alla decadenza?”. Da qui, quindi Italiani di Frontiera cioè “un progetto multimediale dal West al Web, ‘Dall’Italia alla California e ritorno’, che inseguendo lo spirito d’impresa degli italiani, questa contraddizione la vuol sfidare. Con un giornalismo creativo”. Adesso finito tutto in un libro.

Il volume, quindi, racconta un lungo viaggio di Bonzio in California ma anche le storie di italiani che dal’Italia sono partiti per affrontare sfide che, poi, hanno vinto, soprattutto nella Silicon Valley assunta ad esempio di terra nella quale l’iniziativa, se valida, vince, e qualche volta può anche provocare “ritorni” all’origine importanti e di successo.

Bonzio, però, non si limita a questo ma unisce le esperienze di lavoro e d’impresa scoperte con la più generale esperienza del viaggio e della scoperta, del sacrificio e dei valori nei quali si crede per davvero. Per questo, come una sorta di suggello che chiarisce e spiega, l’ex cronista della Reuters ha come guida la letteratura di Jospeh Conrand nella spiegazione data da Claudio Magris in un articolo sul Corriere della Sera di qualche anno fa che in un passaggio dice: “Il mare, per Conrad, è come la vita; incanto e orrore, abbandono e naufragio, consunzione, immortalità, distruzione. Nascere, dice Stein in Lord Jim, è come cadere in mare e bisogna farsi sostenere dal mare senza fondo. Non c’è un fondamento saldo su cui poggiare; non ci sono fedi o filosofie precise che garantiscano la scelta e la bontà delle azioni. Come Conrad, forse noi non sappiamo perché sia giusto essere fedeli e leali, combattere piuttosto che disertare, ma, come lui, in qualche modo sappiamo che è giusto”.

“Italiani di frontiera”, è la sintesi su carta di tutto questo: da leggere e meditare.

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