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L’impresa nuova cresce su quella vecchia

L’impresa di oggi si nutre anche delle imprese del passato e costituisce la premessa per quelle del futuro. Ricordare – e se possibile “vedere” -, le fabbriche di una volta è così utile per tutti. Quando poi si riesce a coniugare il vecchio con il nuovo, allora è possibile far compiere un salto di qualità al sistema produttivo e al territorio che lo ospita.

Leggere  “Il legame impresa-territorio come leva competitiva attraverso la valorizzazione del patrimonio industriale” scritto da Marco Pironti e Paola Pisano (dell’Università di Torino), insieme a Cristina Natoli (del Ministero delle Attività culturali e del Turismo), è un buon modo per comprendere meglio i collegamenti fra vecchie e nuove fabbriche con il territorio che le ospita. Non si tratta solo di buona storia (che già sarebbe utile conoscere), ma anche di una visione che cerca di capire come sfruttare positivamente questa particolare condizione geografica per dare vita a nuovi strumenti di crescita e sviluppo.

“La vitalità e sostenibilità di un territorio – spiegano i tre ricercatori -, richiede la valorizzazione delle ‘radici’ storiche (sub-strato storico-industriale), ma anche e soprattutto l’innovazione del ‘nuovo’. La reale sfida per l’economia del territorio è legata alla capacità di integrare il ‘vecchio’ con il ‘nuovo’, il primo come linfa per il secondo e non una semplice coabitazione”.

Ne deriva anche un cambio di cultura d’impresa, che deve guardare anche e con attenzione diversa al passato per trarne indicazioni nuove. Gli autori, oltre ad un impianto teorico – il distretto industriale visto come “rete localizzata di imprese che cooperano” -, propongono anche un “caso pratico”. L’analisi infatti viene compiuta nel Biellese cioè in un’area di vecchia industrializzazione (prevalentemente tessile), nella quale successivamente è cresciuta un’altra industrializzazione, tessile e non solo, che ha sopportato in pieno l’impatto della crescita prima e della crisi dopo. Il succedersi di sviluppo e crisi, spiegano gli autori, ha generato la necessità di un recupero di identità territoriale: un’operazione nella quale proprio l’industria e la sua cultura hanno un ruolo determinante.

Attraverso l’uso di alcuni strumenti di ricerca e simulazione propri delle scienze sociali, i tre autori arrivano quindi a formulare la possibilità di un modello nuovo per il Biellese. La proposta  prevede la creazione di un territorio (il Biellese appunto), dove si possa ripercorrere la storia imprenditoriale (un esempio è quello della “Strada della lana”), collocando i vecchi insediamenti (e raccontandone la loro tradizione imprenditoriale), ed evidenziando le nuove realtà (di successo) imprenditoriali. Al di là di alcuni passaggi tecnici certamente complessi, il lavoro di Pironti, Pisano e Natoli ha il merito di alzare il velo sull’analisi razionale dei legami fra vecchie e nuove culture industriali. Un approccio che può far bene conoscere.

E’ bella la citazione di Renzo Piano al fondo della ricerca che, a proposito del patrimonio culturale italiano e della necessità di rivitalizzarlo, spiega come noi “siamo nani sulle spalle dei giganti”. Affermano quindi gli autori che “il patrimonio industriale, come patrimonio culturale, in particolare quello legato alla manifattura che ha rappresentato in passato un tratto distintivo della competitività delle imprese italiane nello scenario globale, è il nostro ‘gigante’ sulle cui spalle i ‘nani’, ovvero gli attuali operatori economici, istituzionali e culturali, attraverso azioni di ‘sistema’ devono cercare di non disperderne l’enorme eredità storico-industriale, valorizzandola come leva di vantaggio competitivo. Patrimoni consolidati in secoli di storia industriale che nessun altra economia mondiale è in grado di ‘raccontare’ e che possono rappresentare motivo di rilancio di nuovi modelli competitivi”.

Il legame impresa-territorio come leva competitiva attraverso la valorizzazione del patrimonio industriale

Marco Pironti, Paola Pisano, Cristina Natoli

In collaborazione con DOCBI – Centro Studi Biellesi , 2015

L’impresa di oggi si nutre anche delle imprese del passato e costituisce la premessa per quelle del futuro. Ricordare – e se possibile “vedere” -, le fabbriche di una volta è così utile per tutti. Quando poi si riesce a coniugare il vecchio con il nuovo, allora è possibile far compiere un salto di qualità al sistema produttivo e al territorio che lo ospita.

Leggere  “Il legame impresa-territorio come leva competitiva attraverso la valorizzazione del patrimonio industriale” scritto da Marco Pironti e Paola Pisano (dell’Università di Torino), insieme a Cristina Natoli (del Ministero delle Attività culturali e del Turismo), è un buon modo per comprendere meglio i collegamenti fra vecchie e nuove fabbriche con il territorio che le ospita. Non si tratta solo di buona storia (che già sarebbe utile conoscere), ma anche di una visione che cerca di capire come sfruttare positivamente questa particolare condizione geografica per dare vita a nuovi strumenti di crescita e sviluppo.

“La vitalità e sostenibilità di un territorio – spiegano i tre ricercatori -, richiede la valorizzazione delle ‘radici’ storiche (sub-strato storico-industriale), ma anche e soprattutto l’innovazione del ‘nuovo’. La reale sfida per l’economia del territorio è legata alla capacità di integrare il ‘vecchio’ con il ‘nuovo’, il primo come linfa per il secondo e non una semplice coabitazione”.

Ne deriva anche un cambio di cultura d’impresa, che deve guardare anche e con attenzione diversa al passato per trarne indicazioni nuove. Gli autori, oltre ad un impianto teorico – il distretto industriale visto come “rete localizzata di imprese che cooperano” -, propongono anche un “caso pratico”. L’analisi infatti viene compiuta nel Biellese cioè in un’area di vecchia industrializzazione (prevalentemente tessile), nella quale successivamente è cresciuta un’altra industrializzazione, tessile e non solo, che ha sopportato in pieno l’impatto della crescita prima e della crisi dopo. Il succedersi di sviluppo e crisi, spiegano gli autori, ha generato la necessità di un recupero di identità territoriale: un’operazione nella quale proprio l’industria e la sua cultura hanno un ruolo determinante.

Attraverso l’uso di alcuni strumenti di ricerca e simulazione propri delle scienze sociali, i tre autori arrivano quindi a formulare la possibilità di un modello nuovo per il Biellese. La proposta  prevede la creazione di un territorio (il Biellese appunto), dove si possa ripercorrere la storia imprenditoriale (un esempio è quello della “Strada della lana”), collocando i vecchi insediamenti (e raccontandone la loro tradizione imprenditoriale), ed evidenziando le nuove realtà (di successo) imprenditoriali. Al di là di alcuni passaggi tecnici certamente complessi, il lavoro di Pironti, Pisano e Natoli ha il merito di alzare il velo sull’analisi razionale dei legami fra vecchie e nuove culture industriali. Un approccio che può far bene conoscere.

E’ bella la citazione di Renzo Piano al fondo della ricerca che, a proposito del patrimonio culturale italiano e della necessità di rivitalizzarlo, spiega come noi “siamo nani sulle spalle dei giganti”. Affermano quindi gli autori che “il patrimonio industriale, come patrimonio culturale, in particolare quello legato alla manifattura che ha rappresentato in passato un tratto distintivo della competitività delle imprese italiane nello scenario globale, è il nostro ‘gigante’ sulle cui spalle i ‘nani’, ovvero gli attuali operatori economici, istituzionali e culturali, attraverso azioni di ‘sistema’ devono cercare di non disperderne l’enorme eredità storico-industriale, valorizzandola come leva di vantaggio competitivo. Patrimoni consolidati in secoli di storia industriale che nessun altra economia mondiale è in grado di ‘raccontare’ e che possono rappresentare motivo di rilancio di nuovi modelli competitivi”.

Il legame impresa-territorio come leva competitiva attraverso la valorizzazione del patrimonio industriale

Marco Pironti, Paola Pisano, Cristina Natoli

In collaborazione con DOCBI – Centro Studi Biellesi , 2015

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