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Litigi, imprese e famiglie. Come uscirne

L’impresa funziona se al suo interno non si litiga. Affermazione apparentemente banale, questa, vale per le piccole aziende come per le multinazionali. Con accenti e sfumature diverse, il tasso di efficienza ed efficacia di un’organizzazione produttiva si misura anche dal suo grado di conflittualità. Questione, naturalmente, anche di cultura produttiva e industriale, qualità che vanno coltivate con cura e, se possibile, misurate.

L’articolo di Juan Ortín García (del Dipartimento di marketing, Facoltà di Economia dell’Università della Murcia in Spagna), Pedro Juan Martín Castejón (Ddipartimento di sociologia della stessa università), e di Carmina Pérez Pérezb (ancora del Dipartimento di marketing dell’Università Iberica), va a fondo proprio del tema del conflitto nelle imprese familiari. Con un approccio particolare.

“Il conflitto – viene spiegato nel testo apparso sulla Revista de Empresa Familiar -, è parte della condizione umana. Pertanto, non è un fenomeno positivo, né negativo, ma naturale. Le connotazioni negative tradizionalmente attribuite al conflitto sono in contrasto con le attuali teorie. E’ possibile quindi spiegare il conflitto visto come motore di cambiamento e generatore di vantaggi competitivi”.

Che è come dire: dal litigio non solo si può far pace, ma si può anche crescere.

I tre autori, quindi, dopo aver analizzato il tema dal punto di vista teorico, lo affrontano con una ricerca su 500 aziende medio-piccole connotate da una imprenditorialità familiare. L’indagine è stata condotta somministrando al telefono un questionario alle posizioni di vertice delle imprese stesse.

L’unione di azienda e famiglia, spiegano gli autori alla conclusione dell’indagine, può produrre forme di cultura aziendale che possono risultare negative o, peggio, distruttive, nei confronti dell’impresa. Secondo l’indagine, si tratta di risultati derivanti da una mancanza di formalizzazione nella gestione e nella struttura decisionale d’impresa, oppure di conflitti di interessi personali e professionali tra i membri della famiglia, oppure ancora dalla definizione di processi di delega di responsabilità individuati in base alla “vicinanza” alla famiglia piuttosto che alla capacità professionale.

La conclusione dello studio è solo apparentemente semplice e scontata: “Il fatto – viene spiegato -, che l’azienda di famiglia sia articolata in due sistemi diversi, la famiglia e il business, può portare alla nascita di molti conflitti, ma può anche aiutare lo sviluppo di un business di successo, se si sa distinguere correttamente tra i due. A tal fine, entrambe le parti, la famiglia e la società dovrebbero tenere fuori i loro interessi e concentrarsi su interessi e obiettivi comuni”. Insomma, bene d’impresa e bene di famiglia sono due cose diverse: per farle crescere entrambe occorre tenerle separate.

The culture of conflict in family business

Juan Ortín García, Pedro Juan Martín Castejón, Carmina Pérez Pérezb

Revista de Empresa Familiar, 4(2), 25-35, 2014.

L’impresa funziona se al suo interno non si litiga. Affermazione apparentemente banale, questa, vale per le piccole aziende come per le multinazionali. Con accenti e sfumature diverse, il tasso di efficienza ed efficacia di un’organizzazione produttiva si misura anche dal suo grado di conflittualità. Questione, naturalmente, anche di cultura produttiva e industriale, qualità che vanno coltivate con cura e, se possibile, misurate.

L’articolo di Juan Ortín García (del Dipartimento di marketing, Facoltà di Economia dell’Università della Murcia in Spagna), Pedro Juan Martín Castejón (Ddipartimento di sociologia della stessa università), e di Carmina Pérez Pérezb (ancora del Dipartimento di marketing dell’Università Iberica), va a fondo proprio del tema del conflitto nelle imprese familiari. Con un approccio particolare.

“Il conflitto – viene spiegato nel testo apparso sulla Revista de Empresa Familiar -, è parte della condizione umana. Pertanto, non è un fenomeno positivo, né negativo, ma naturale. Le connotazioni negative tradizionalmente attribuite al conflitto sono in contrasto con le attuali teorie. E’ possibile quindi spiegare il conflitto visto come motore di cambiamento e generatore di vantaggi competitivi”.

Che è come dire: dal litigio non solo si può far pace, ma si può anche crescere.

I tre autori, quindi, dopo aver analizzato il tema dal punto di vista teorico, lo affrontano con una ricerca su 500 aziende medio-piccole connotate da una imprenditorialità familiare. L’indagine è stata condotta somministrando al telefono un questionario alle posizioni di vertice delle imprese stesse.

L’unione di azienda e famiglia, spiegano gli autori alla conclusione dell’indagine, può produrre forme di cultura aziendale che possono risultare negative o, peggio, distruttive, nei confronti dell’impresa. Secondo l’indagine, si tratta di risultati derivanti da una mancanza di formalizzazione nella gestione e nella struttura decisionale d’impresa, oppure di conflitti di interessi personali e professionali tra i membri della famiglia, oppure ancora dalla definizione di processi di delega di responsabilità individuati in base alla “vicinanza” alla famiglia piuttosto che alla capacità professionale.

La conclusione dello studio è solo apparentemente semplice e scontata: “Il fatto – viene spiegato -, che l’azienda di famiglia sia articolata in due sistemi diversi, la famiglia e il business, può portare alla nascita di molti conflitti, ma può anche aiutare lo sviluppo di un business di successo, se si sa distinguere correttamente tra i due. A tal fine, entrambe le parti, la famiglia e la società dovrebbero tenere fuori i loro interessi e concentrarsi su interessi e obiettivi comuni”. Insomma, bene d’impresa e bene di famiglia sono due cose diverse: per farle crescere entrambe occorre tenerle separate.

The culture of conflict in family business

Juan Ortín García, Pedro Juan Martín Castejón, Carmina Pérez Pérezb

Revista de Empresa Familiar, 4(2), 25-35, 2014.

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