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Lo strano caso del capitale d’impresa e del capitale sociale

Multinazionali disattente ai territori e alle società che le ospitano. Carri armati produttivi, concentrati sul risultato, avulsi dal contesto. E’ l’immagine che spesso accompagna le MNEs cioè quelle grandi aziende con più sedi sparse nel mondo, globalizzate nella produzione e magari con una forte cultura d’impresa. Nel dibattito fra locale e globale, che apre la strada alla necessità di ripensare strategie e approcci di espansione economica, ci finiscono però anche loro. E l’attenzione al territorio – inteso geograficamente e culturalmente -, diventa un atteggiamento culturale importante e uno strumento positivo di sviluppo anche per i grandi gruppi.

E’ quanto spiegano Kurt Pedersen, Gunnar Lind Haase Svendsen1  e Gert Tinggaard Svendsen (rispettivamente della University of Southern Denmark e della University of Aarhus, Denmark), in “Multinational Enterprises and Social Capital as Location Factor: A Review”, apparso ad agosto su Business and Management Research, nel quale tracciano una mappa utile a comprendere i percorsi che uniscono le MNEs alle aree in cui sono collocate, attraverso il “capitale sociale” cioè quel particolare insieme di cultura, tecnologia e socialità che caratterizza ogni territorio.

Se le MNEs – spiegano gli autori – sono spesso intese come imprese particolarmente “volatili” rispetto ai territori in cui si collocano, il cosiddetto “capitale sociale” è un potenziale strumento per la riduzione del livello di volatilità. Si tratta di una “risorsa rinnovabile, a portata di mano”, “espressione della cultura d’impresa di un determinato Paese”, un substrato invisibile ma che indiscutibilmente dà forma socio-economica alla produzione. Il riferimento per quelle grandi imprese – le MNEs appunto – che vogliono andare al di là dello stereotipo tradizionale che le ingabbia.

Nel lavoro dei tre studiosi danesi, è contenuto un ragionamento su vasta scala sull’argomento e un attento esame di quanto è già stato elbaorato. “La nostra revisione – scrivono i tre accademici -, ha suggerito che il capitale sociale può essere l’anello mancante e un concetto utile (…),anche nel campo degli investimenti diretti esteri e nella gestione delle multinazionali”.

Multinational Enterprises and Social Capital as Location Factor: A Review

Kurt Pedersen, Gunnar Lind Haase Svendsen1, Gert Tinggaard Svendsen

Business and Management Research, Vol. 2, No. 3; 2013

Multinazionali disattente ai territori e alle società che le ospitano. Carri armati produttivi, concentrati sul risultato, avulsi dal contesto. E’ l’immagine che spesso accompagna le MNEs cioè quelle grandi aziende con più sedi sparse nel mondo, globalizzate nella produzione e magari con una forte cultura d’impresa. Nel dibattito fra locale e globale, che apre la strada alla necessità di ripensare strategie e approcci di espansione economica, ci finiscono però anche loro. E l’attenzione al territorio – inteso geograficamente e culturalmente -, diventa un atteggiamento culturale importante e uno strumento positivo di sviluppo anche per i grandi gruppi.

E’ quanto spiegano Kurt Pedersen, Gunnar Lind Haase Svendsen1  e Gert Tinggaard Svendsen (rispettivamente della University of Southern Denmark e della University of Aarhus, Denmark), in “Multinational Enterprises and Social Capital as Location Factor: A Review”, apparso ad agosto su Business and Management Research, nel quale tracciano una mappa utile a comprendere i percorsi che uniscono le MNEs alle aree in cui sono collocate, attraverso il “capitale sociale” cioè quel particolare insieme di cultura, tecnologia e socialità che caratterizza ogni territorio.

Se le MNEs – spiegano gli autori – sono spesso intese come imprese particolarmente “volatili” rispetto ai territori in cui si collocano, il cosiddetto “capitale sociale” è un potenziale strumento per la riduzione del livello di volatilità. Si tratta di una “risorsa rinnovabile, a portata di mano”, “espressione della cultura d’impresa di un determinato Paese”, un substrato invisibile ma che indiscutibilmente dà forma socio-economica alla produzione. Il riferimento per quelle grandi imprese – le MNEs appunto – che vogliono andare al di là dello stereotipo tradizionale che le ingabbia.

Nel lavoro dei tre studiosi danesi, è contenuto un ragionamento su vasta scala sull’argomento e un attento esame di quanto è già stato elbaorato. “La nostra revisione – scrivono i tre accademici -, ha suggerito che il capitale sociale può essere l’anello mancante e un concetto utile (…),anche nel campo degli investimenti diretti esteri e nella gestione delle multinazionali”.

Multinational Enterprises and Social Capital as Location Factor: A Review

Kurt Pedersen, Gunnar Lind Haase Svendsen1, Gert Tinggaard Svendsen

Business and Management Research, Vol. 2, No. 3; 2013

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