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Fiducia e legalità valori chiave per lo sviluppo

Fiducia. Parola chiave nelle relazioni personali e nei rapporti d’affari. Non c’è mercato senza fiducia, naturalmente. Anche se a fare vivere e crescere un buon mercato servono pure regole, controlli, sanzioni. Reciproca affidabilità, dunque. E istituzioni per tutelarla e rafforzarla. Tra i tanti festival che animano un’Italia che ha voglia di sapere, capire e discutere (fuori dagli schematismi e spesso dalle volgarità di troppi dei talk show in Tv), c’è anche un “Festival della Fiducia”. E’ organizzato a metà settembre a Como, Cernobbio e Brienno, in piazze cittadine ed ex fabbriche, per iniziativa del “Centro Studi Sociali contro le mafie, della Cisl e di una serie di associazioni del “terzo settore”, con il sostegno di buone imprese e istituzioni finanziarie come la Banca Popolare Etica (l’ideatore è Alessandro De Lisi). E il suo obiettivo è chiaro: “Per una nuova coesione tra imprese, politica, sistema del credito e società servono fiducia nel futuro, nel lavoro e nel territorio, sussidiarietà tra i protagonisti della comunità, ottimismo e intelligenza”. Un orizzonte di “buona economia”, dunque, in sintonia ideale con quanto di meglio si muova nel dibattito economico e civile, dalle indicazioni del nuovo papa Francesco alle elaborazioni di grandi economisti come Amartya Sen, Joseph Stiglitz e Jean-Paul Fitoussi (autori di una affascinante ricerca sui nuovi indici per misurare il benessere sociale, al di là del Pil) e di intellettuali italiani come Federico Caffè ed Edmondo Berselli (da non dimenticare, l’eredità dei loro lucidissimi libri).

Una iniziativa preziosa, dunque, il “Festival della Fiducia”. Durante il quale si sono ritrovati, per un confronto aperto, dialettico, tutt’altro che formale, magistrati e uomini d’impresa, politici locali e intellettuali, giornalisti e persone che animano i movimenti sociali. Legalità, è stata una parola chiave (con un ascolto attento per le elaborazioni di Assolombarda). Legalità nel senso più ampio possibile. Come cornice di leggi chiare che tutelino diritti e doveri ed evitino che gli eccessi di norme e burocrazie rallentino il dinamismo dell’impresa (attore essenziale, per costruire stabilmente ricchezza e lavoro) e di un sistema giudiziario efficiente ed efficace (ai buoni imprenditori è indispensabile essere protetti da truffe, raggiri, scorrettezze, mancato rispetto di leggi, patti, contratti). E come scelta contro le mafie, le organizzazioni criminali che travolgono il mercato e inquinano l’economia, con la forza della violenza (evidente, anche tra gli imprenditori, l’allarme contro le crescenti presenze criminali in Lombardia e nel Nord Italia). Legalità come buona cultura d’impresa, dunque. E come condizione indispensabile per uno sviluppo equilibrato, sostenibile. Regole. E relazioni chiare, con un sistema di valori in cui prevalgano il riconoscimento del merito e delle capacità personali, la responsabilità sociale, il rispetto per il territorio e gli “stakeholders” dell’impresa, ma anche degli obiettivi e degli interessi legittimi dell’impresa stessa. Una dimensione civile e sociale possibile, un terreno di incontro tra attori sociali e istituzioni. Utili, in questa senso, le riflessioni che ricorrono nelle pagine de “L’economia della fiducia” di Eloi Laurent: “Le società in cui regnano la corruzione, il nepotismo o la frode fiscale non sono, come si crede troppo facilmente, delle società con un alto tasso di diffidenza. Il più delle volte sono delle comunità in cui le reti di fiducia interpersonale si sostituiscono alla fiducia nelle istituzioni”. Ecco il punto: la fiducia è una componente essenziale dei rapporti e delle presenze sul mercato ma senza istituzioni (né buona politica, attenta all’interesse generale), non c’è governo dei mercati e strategia di riforme. Solo risposte personalistiche o di gruppo alla crisi dei rapporti e della crescita. Senza però venirne fuori stabilmente. Per una buona qualità dello sviluppo, insomma, serve fiducia. Ma la fiducia da sola non basta. Si torna alla centralità della legalità

Fiducia. Parola chiave nelle relazioni personali e nei rapporti d’affari. Non c’è mercato senza fiducia, naturalmente. Anche se a fare vivere e crescere un buon mercato servono pure regole, controlli, sanzioni. Reciproca affidabilità, dunque. E istituzioni per tutelarla e rafforzarla. Tra i tanti festival che animano un’Italia che ha voglia di sapere, capire e discutere (fuori dagli schematismi e spesso dalle volgarità di troppi dei talk show in Tv), c’è anche un “Festival della Fiducia”. E’ organizzato a metà settembre a Como, Cernobbio e Brienno, in piazze cittadine ed ex fabbriche, per iniziativa del “Centro Studi Sociali contro le mafie, della Cisl e di una serie di associazioni del “terzo settore”, con il sostegno di buone imprese e istituzioni finanziarie come la Banca Popolare Etica (l’ideatore è Alessandro De Lisi). E il suo obiettivo è chiaro: “Per una nuova coesione tra imprese, politica, sistema del credito e società servono fiducia nel futuro, nel lavoro e nel territorio, sussidiarietà tra i protagonisti della comunità, ottimismo e intelligenza”. Un orizzonte di “buona economia”, dunque, in sintonia ideale con quanto di meglio si muova nel dibattito economico e civile, dalle indicazioni del nuovo papa Francesco alle elaborazioni di grandi economisti come Amartya Sen, Joseph Stiglitz e Jean-Paul Fitoussi (autori di una affascinante ricerca sui nuovi indici per misurare il benessere sociale, al di là del Pil) e di intellettuali italiani come Federico Caffè ed Edmondo Berselli (da non dimenticare, l’eredità dei loro lucidissimi libri).

Una iniziativa preziosa, dunque, il “Festival della Fiducia”. Durante il quale si sono ritrovati, per un confronto aperto, dialettico, tutt’altro che formale, magistrati e uomini d’impresa, politici locali e intellettuali, giornalisti e persone che animano i movimenti sociali. Legalità, è stata una parola chiave (con un ascolto attento per le elaborazioni di Assolombarda). Legalità nel senso più ampio possibile. Come cornice di leggi chiare che tutelino diritti e doveri ed evitino che gli eccessi di norme e burocrazie rallentino il dinamismo dell’impresa (attore essenziale, per costruire stabilmente ricchezza e lavoro) e di un sistema giudiziario efficiente ed efficace (ai buoni imprenditori è indispensabile essere protetti da truffe, raggiri, scorrettezze, mancato rispetto di leggi, patti, contratti). E come scelta contro le mafie, le organizzazioni criminali che travolgono il mercato e inquinano l’economia, con la forza della violenza (evidente, anche tra gli imprenditori, l’allarme contro le crescenti presenze criminali in Lombardia e nel Nord Italia). Legalità come buona cultura d’impresa, dunque. E come condizione indispensabile per uno sviluppo equilibrato, sostenibile. Regole. E relazioni chiare, con un sistema di valori in cui prevalgano il riconoscimento del merito e delle capacità personali, la responsabilità sociale, il rispetto per il territorio e gli “stakeholders” dell’impresa, ma anche degli obiettivi e degli interessi legittimi dell’impresa stessa. Una dimensione civile e sociale possibile, un terreno di incontro tra attori sociali e istituzioni. Utili, in questa senso, le riflessioni che ricorrono nelle pagine de “L’economia della fiducia” di Eloi Laurent: “Le società in cui regnano la corruzione, il nepotismo o la frode fiscale non sono, come si crede troppo facilmente, delle società con un alto tasso di diffidenza. Il più delle volte sono delle comunità in cui le reti di fiducia interpersonale si sostituiscono alla fiducia nelle istituzioni”. Ecco il punto: la fiducia è una componente essenziale dei rapporti e delle presenze sul mercato ma senza istituzioni (né buona politica, attenta all’interesse generale), non c’è governo dei mercati e strategia di riforme. Solo risposte personalistiche o di gruppo alla crisi dei rapporti e della crescita. Senza però venirne fuori stabilmente. Per una buona qualità dello sviluppo, insomma, serve fiducia. Ma la fiducia da sola non basta. Si torna alla centralità della legalità

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