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Milano sede esemplare del Tribunale Ue dei Brevetti. L’eco dell’innovazione all’apertura dell’Anno Giudiziario  

Milano sede del Tribunale europeo dei brevetti. La candidatura, lanciata tempo fa dall’Ordine degli Avvocati milanesi e subito sostenuta dal sindaco Beppe Sala e dal governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, ha avuto il sostegno ufficiale del Governo, con un impegno esplicito del ministero degli Esteri guidato da Enzo Moavero Milanesi. Un sostegno importante, visto che le decisioni sulla Corte Ue dipendono dall’accordo dei governi dei 26 paesi europei che hanno aderito alla convenzione sulla proprietà intellettuale e sul “brevetto unitario”. Della Corte c’è una sede centrale, a Parigi e due sedi specializzate, a Monaco (sulla meccanica) e a Londra (sulla chimica-farmaceutica): proprio quella su cui punta Milano, dopo la scelta inglese della Brexit. Pronta anche la sede che potrebbe ospitarla: uno spazio attrezzato in via San Barnaba, accanto al Palazzo di Giustizia.

La rivendicazione italiana è autorevole: la nostra è tra le maggiori economie europee e l’Italia è il quarto paese Ue per numero di brevetti depositati. L’arrivo del Tribunale, oltre che stimolare un indotto che vale alcune centinaia di milioni di euro all’anno (congressi, convegni, studi legali, laboratori scientifici, sedi di imprese internazionali per seguire da vicino le pratiche legate ai brevetti) avrebbe un evidente peso tecnico, come nuovo stimolo all’innovazione per imprese, università e società di ricerca ma anche un forte valore simbolico, di riconoscimento del ruolo di Milano come metropoli hi tech attrattiva e competitiva proprio nel mondo delle life sciences e di rilancio delle aspettative di sviluppo internazionale. E sanerebbe, anche se solo in parte, la delusione per la mancata assegnazione alla città della sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco: nonostante un dossier brillante e solido, Milano era stata battuta al sorteggio da una  Amsterdam poco preparata, pagando il costo di un mancato sostegno politico e governativo ben guidato. A guardare bene le cose, proprio quello politico, però, potrebbe essere il punto debole della candidatura milanese: l’attuale governo giallo-verde non ha certo risparmiato le occasioni per entrare in aperta polemica soprattutto con la Francia e la Germania, i due maggiori paesi Ue e sconta un certo isolamento nei confronti delle principali istituzioni di Bruxelles.

La speranza diffusa, comunque, adesso è che la partita per il Tribunale dei brevetti venga giocata con intelligenza ed equilibrio, nell’interesse di tutto il sistema Paese.

Di questa partita c’è stata un’eco evidente anche durante la cerimonia di sabato scorso per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Milano. Non solo, naturalmente, nell’intervento del presidente dell’Ordine degli Avvocati Remo Danovi, ma nella stessa relazione del Primo Presidente della Corte d’Appello Marina Tavassi.

Una relazione, ancora una volta, documentata e centrata sulle questioni essenziali dell’efficienza e dell’efficacia della giustizia e sul rapporto fondamentale tra funzionamento della macchina giudiziaria e sviluppo economico e civile del territorio (un tema caro, nel corso degli ultimi anni, proprio ai rapporti assidui tra Palazzo di Giustizia e Assolombarda, sulle questioni della legalità come asset fondamentale di competitività).

“Milano potrebbe essere la sede ideale della Corte Centrale del Brevetto Unitario”, ha detto la presidente Tavassi, ricordando che la città è già sede di una divisione locale della Corte e che “la Lombardia ha il primato dell’innovazione in Italia e si colloca all’11° posto per investimenti in ricerca e sviluppo, prima tra le Regioni italiane”. Un primato da sottolineare: “Qui vengono registrati il 33% dei brevetti nazionali e si effettua il 27% della ricerca scientifica italiana maggiormente citata a livello globale, a fronte di un peso dell’area, in termini di popolazione, più contenuto (16,5%). La Regione presenta la percentuale più alta di imprese che investono in ricerca e sviluppo (il 49,8%). Così come di startup knowledge intensive, con un tasso di crescita medio alto nel medio periodo (6,9%, insieme al Baden Wurttenberg). In questo contesto Milano sta vivendo un periodo di grande fermento”.

Proprio la giustizia, nelle dinamiche positive di crescita economica, ha un rilevante ruolo di stimolo.

I tempi rapidi di risoluzione delle controversie, la diffusione di strumenti tempestivi ed efficaci di conciliazione e arbitrato (la Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Milano è un esempio di efficienza crescente e un punto di riferimento di tutte le Camere Arbitrali italiane), la qualità delle decisioni del Tribunale delle Imprese sono tutti elementi che incidono sull’attrattività di Milano per gli investimenti internazionali e per i progetti di sviluppo delle imprese migliori.

Sono più rapidi che altrove, a Milano, i tempi stessi della giustizia. La relazione della presidente Tavassi cita i dati dell’indagine del ministero della Giustizia sulle performance degli uffici giudiziari sulle cause civili, da cui risulta una durata media dei procedimenti d’appello di 1.061 giorni (due anni e undici mesi, cioè), il doppio del benchmark internazionale, mentre a Milano la durata media è di 545 giorni, un anno e sei mesi, cioè, ancora minore dei 631 giorni della media internazionale. Milano, grande e complicato distretto giudiziario, è dunque un caso esemplare.

I risultati positivi sono stati raggiunti nonostante una grave crisi degli organici, denunciata ancora una volta sia dalla presidente della Corte d’Appello Tavassi che dal Procuratore Generale Roberto D’Alfonso (che ha anche molto insistito sui rischi di una crescente presenza della criminalità mafiosa): 674 magistrati, contro i 773 di Roma e i 693 di Napoli, 2 addetti del personale amministrativo (cancellieri, impiegati, segreterie) per ogni magistrato contro la media nazionale di 3,3 e la presenza di 4 unità per magistrato in alcune sedi giudiziarie (Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo).

Il commento della presidente Tavassi è durissimo: “E’ legittimo chiedersi quali sono le ragioni di questo costante disinteresse per una sede giudiziaria che ha dimostrato il massimo impegno, che ha raggiunto risultati apprezzabili, che opera su un territorio strategico per l’immagine del Paese e trainante per la sua economia. Vi è forse l’intento di ridurre le performance di Milano e di portarla a livello d’intasamento e di ritardi propri di altre sedi giudiziarie?”.

Il ministero, insomma, “ignora le urgenze di Milano”. La presa di posizione è netta, esplicita. Al ministero della Giustizia l’onere di una risposta adeguata, in termini di scelte, investimenti, attenzione. Conclude la relazione della presidente Tavassi: “Sappiamo che la complessità della giustizia e la durata dei processi costituiscono un significativo svantaggio per il nostro Paese nel contesto internazionale. Il funzionamento della giustizia è infatti uno dei parametri di valutazione primari per misurare il grado di civiltà di un Paese, con ricadute importanti sia per incoraggiare gli investimenti nazionali , sia per attrarre investimenti dall’estero”.

La partita sulla giustizia, dunque, ancora una volta esce dall’ambito dei palazzi giudiziari. Interpella direttamente il mondo delle imprese e del lavoro, l’università, la comunità scientifica, i poteri amministrativi locali. Anche nella relazione giustizia-economia si gioca il futuro di Milano, metropoli dell’innovazione.

Milano sede del Tribunale europeo dei brevetti. La candidatura, lanciata tempo fa dall’Ordine degli Avvocati milanesi e subito sostenuta dal sindaco Beppe Sala e dal governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, ha avuto il sostegno ufficiale del Governo, con un impegno esplicito del ministero degli Esteri guidato da Enzo Moavero Milanesi. Un sostegno importante, visto che le decisioni sulla Corte Ue dipendono dall’accordo dei governi dei 26 paesi europei che hanno aderito alla convenzione sulla proprietà intellettuale e sul “brevetto unitario”. Della Corte c’è una sede centrale, a Parigi e due sedi specializzate, a Monaco (sulla meccanica) e a Londra (sulla chimica-farmaceutica): proprio quella su cui punta Milano, dopo la scelta inglese della Brexit. Pronta anche la sede che potrebbe ospitarla: uno spazio attrezzato in via San Barnaba, accanto al Palazzo di Giustizia.

La rivendicazione italiana è autorevole: la nostra è tra le maggiori economie europee e l’Italia è il quarto paese Ue per numero di brevetti depositati. L’arrivo del Tribunale, oltre che stimolare un indotto che vale alcune centinaia di milioni di euro all’anno (congressi, convegni, studi legali, laboratori scientifici, sedi di imprese internazionali per seguire da vicino le pratiche legate ai brevetti) avrebbe un evidente peso tecnico, come nuovo stimolo all’innovazione per imprese, università e società di ricerca ma anche un forte valore simbolico, di riconoscimento del ruolo di Milano come metropoli hi tech attrattiva e competitiva proprio nel mondo delle life sciences e di rilancio delle aspettative di sviluppo internazionale. E sanerebbe, anche se solo in parte, la delusione per la mancata assegnazione alla città della sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco: nonostante un dossier brillante e solido, Milano era stata battuta al sorteggio da una  Amsterdam poco preparata, pagando il costo di un mancato sostegno politico e governativo ben guidato. A guardare bene le cose, proprio quello politico, però, potrebbe essere il punto debole della candidatura milanese: l’attuale governo giallo-verde non ha certo risparmiato le occasioni per entrare in aperta polemica soprattutto con la Francia e la Germania, i due maggiori paesi Ue e sconta un certo isolamento nei confronti delle principali istituzioni di Bruxelles.

La speranza diffusa, comunque, adesso è che la partita per il Tribunale dei brevetti venga giocata con intelligenza ed equilibrio, nell’interesse di tutto il sistema Paese.

Di questa partita c’è stata un’eco evidente anche durante la cerimonia di sabato scorso per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Milano. Non solo, naturalmente, nell’intervento del presidente dell’Ordine degli Avvocati Remo Danovi, ma nella stessa relazione del Primo Presidente della Corte d’Appello Marina Tavassi.

Una relazione, ancora una volta, documentata e centrata sulle questioni essenziali dell’efficienza e dell’efficacia della giustizia e sul rapporto fondamentale tra funzionamento della macchina giudiziaria e sviluppo economico e civile del territorio (un tema caro, nel corso degli ultimi anni, proprio ai rapporti assidui tra Palazzo di Giustizia e Assolombarda, sulle questioni della legalità come asset fondamentale di competitività).

“Milano potrebbe essere la sede ideale della Corte Centrale del Brevetto Unitario”, ha detto la presidente Tavassi, ricordando che la città è già sede di una divisione locale della Corte e che “la Lombardia ha il primato dell’innovazione in Italia e si colloca all’11° posto per investimenti in ricerca e sviluppo, prima tra le Regioni italiane”. Un primato da sottolineare: “Qui vengono registrati il 33% dei brevetti nazionali e si effettua il 27% della ricerca scientifica italiana maggiormente citata a livello globale, a fronte di un peso dell’area, in termini di popolazione, più contenuto (16,5%). La Regione presenta la percentuale più alta di imprese che investono in ricerca e sviluppo (il 49,8%). Così come di startup knowledge intensive, con un tasso di crescita medio alto nel medio periodo (6,9%, insieme al Baden Wurttenberg). In questo contesto Milano sta vivendo un periodo di grande fermento”.

Proprio la giustizia, nelle dinamiche positive di crescita economica, ha un rilevante ruolo di stimolo.

I tempi rapidi di risoluzione delle controversie, la diffusione di strumenti tempestivi ed efficaci di conciliazione e arbitrato (la Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Milano è un esempio di efficienza crescente e un punto di riferimento di tutte le Camere Arbitrali italiane), la qualità delle decisioni del Tribunale delle Imprese sono tutti elementi che incidono sull’attrattività di Milano per gli investimenti internazionali e per i progetti di sviluppo delle imprese migliori.

Sono più rapidi che altrove, a Milano, i tempi stessi della giustizia. La relazione della presidente Tavassi cita i dati dell’indagine del ministero della Giustizia sulle performance degli uffici giudiziari sulle cause civili, da cui risulta una durata media dei procedimenti d’appello di 1.061 giorni (due anni e undici mesi, cioè), il doppio del benchmark internazionale, mentre a Milano la durata media è di 545 giorni, un anno e sei mesi, cioè, ancora minore dei 631 giorni della media internazionale. Milano, grande e complicato distretto giudiziario, è dunque un caso esemplare.

I risultati positivi sono stati raggiunti nonostante una grave crisi degli organici, denunciata ancora una volta sia dalla presidente della Corte d’Appello Tavassi che dal Procuratore Generale Roberto D’Alfonso (che ha anche molto insistito sui rischi di una crescente presenza della criminalità mafiosa): 674 magistrati, contro i 773 di Roma e i 693 di Napoli, 2 addetti del personale amministrativo (cancellieri, impiegati, segreterie) per ogni magistrato contro la media nazionale di 3,3 e la presenza di 4 unità per magistrato in alcune sedi giudiziarie (Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo).

Il commento della presidente Tavassi è durissimo: “E’ legittimo chiedersi quali sono le ragioni di questo costante disinteresse per una sede giudiziaria che ha dimostrato il massimo impegno, che ha raggiunto risultati apprezzabili, che opera su un territorio strategico per l’immagine del Paese e trainante per la sua economia. Vi è forse l’intento di ridurre le performance di Milano e di portarla a livello d’intasamento e di ritardi propri di altre sedi giudiziarie?”.

Il ministero, insomma, “ignora le urgenze di Milano”. La presa di posizione è netta, esplicita. Al ministero della Giustizia l’onere di una risposta adeguata, in termini di scelte, investimenti, attenzione. Conclude la relazione della presidente Tavassi: “Sappiamo che la complessità della giustizia e la durata dei processi costituiscono un significativo svantaggio per il nostro Paese nel contesto internazionale. Il funzionamento della giustizia è infatti uno dei parametri di valutazione primari per misurare il grado di civiltà di un Paese, con ricadute importanti sia per incoraggiare gli investimenti nazionali , sia per attrarre investimenti dall’estero”.

La partita sulla giustizia, dunque, ancora una volta esce dall’ambito dei palazzi giudiziari. Interpella direttamente il mondo delle imprese e del lavoro, l’università, la comunità scientifica, i poteri amministrativi locali. Anche nella relazione giustizia-economia si gioca il futuro di Milano, metropoli dell’innovazione.

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