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Nelle imprese porte aperte anche alle scuole per il Pmi Day Confindustria

Imprese, porte aperte. Agli studenti e ai loro professori. Alle famiglie e agli amici dei dipendenti. A tutti gli abitanti dei paesi e delle città in cui hanno sede fabbriche e uffici, laboratori e centri di servizi. Tutti in fabbrica, per vedere come si lavora, dove si producono ricchezza, occupazione, solidarietà sociale. E’ il “Pmi day”, il giorno dedicato alle piccole e medie aziende nell’ambito della Settimana della cultura d’impresa di Confindustria. Una ricorrenza formale, per sottolineare la centralità del soggetto dell’iniziativa. E un utile promemoria per i pubblici amministratori, sia nazionali che locali: senza impresa non c’è ripresa, ma nemmeno tenuta del tessuto sociale, della coesione e, in molte aree, degli stessi sistemi di welfare che, a poco a poco, dall’impresa si allargano al territorio (ce ne sono ottimi esempi, soprattutto nelle regioni del Nord industriale e possono fare da riferimento pure per una nuova politica di relazioni industriali, per una contrattazione che venga incontro alle esigenze dei lavoratori-cittadini alle prese con problemi che investono la salute, l’assistenza, la previdenza integrativa, la formazione dei figli, il sostegno ai parenti anziani).

E’ andato bene, quest’anno, il Pmi Day, venerdì 13 novembre. 850 aziende coinvolte (il 20% in più dello scorso anno), 34mila partecipanti (+12%), 64 associazioni di Confindustria coinvolte, in 78 province. “Piccole imprese motore di sviluppo”, commenta soddisfatto Alberto Baban, presidente della Piccola industria di Confindustria.

L’idea di aprire i cancelli al pubblico era nata molti anni fa in Federchimica: per rispondere ai pregiudizi diffusi in ampi settori dell’opinione pubblica sulle fabbriche chimiche inquinanti e irrispettose dell’ambiente e delle popolazioni (un pregiudizio che aveva comunque buone radici, in pagine oscure di pessime imprese), si è deciso di fare una politica di trasparenza e accoglienza. Uno strumento di verità. Ma anche un impegno per le imprese stesse, a rispettare in modo evidente, visibile, verificabile, standard “green” (nel tempo, vocazione “green” e scelte di sostenibilità ambientale e sociale sono diventate fattori reali di competitività delle imprese, alle prese con mercati sempre più esigenti).

Adesso, da qualche anno, i “cancelli aperti” sono una buona pratica diffusa, che va anche oltre il Pmi day e coinvolge aziende grandi e medie (Pirelli ne è un esempio da tempo, soprattutto verso le scuole e le università, ma anche Ferrarelle, in Campania, tanto per fare solo un altro nome).

Essenziale, il rapporto con le scuole (in Fondazione Pirelli, già all’inizio di ogni anno scolastico, c’è un fitto elenco di prenotazioni, che va avanti per parecchi mesi). “Da sempre sosteniamo la necessità di un contatto più forte tra scuola e lavoro”, dice Baban.

L’obiettivo è duplice. Innanzitutto, fare crescere, nel paese, la consapevolezza del ruolo positivo delle imprese, della buona manifattura italiana (dando anche ai giovani l’opportunità di uno sguardo consapevole sulle possibilità del loro futuro e migliorando gli effetti dell’impegno crescente per “l’alternanza scuola lavoro”). E poi, fare crescere, nelle imprese, la consapevolezza di essere attori sociali positivi per lo sviluppo, di avere un ruolo essenziale da “creatori di futuro”. Impresa, formazione, cultura, appunto.

Imprese, porte aperte. Agli studenti e ai loro professori. Alle famiglie e agli amici dei dipendenti. A tutti gli abitanti dei paesi e delle città in cui hanno sede fabbriche e uffici, laboratori e centri di servizi. Tutti in fabbrica, per vedere come si lavora, dove si producono ricchezza, occupazione, solidarietà sociale. E’ il “Pmi day”, il giorno dedicato alle piccole e medie aziende nell’ambito della Settimana della cultura d’impresa di Confindustria. Una ricorrenza formale, per sottolineare la centralità del soggetto dell’iniziativa. E un utile promemoria per i pubblici amministratori, sia nazionali che locali: senza impresa non c’è ripresa, ma nemmeno tenuta del tessuto sociale, della coesione e, in molte aree, degli stessi sistemi di welfare che, a poco a poco, dall’impresa si allargano al territorio (ce ne sono ottimi esempi, soprattutto nelle regioni del Nord industriale e possono fare da riferimento pure per una nuova politica di relazioni industriali, per una contrattazione che venga incontro alle esigenze dei lavoratori-cittadini alle prese con problemi che investono la salute, l’assistenza, la previdenza integrativa, la formazione dei figli, il sostegno ai parenti anziani).

E’ andato bene, quest’anno, il Pmi Day, venerdì 13 novembre. 850 aziende coinvolte (il 20% in più dello scorso anno), 34mila partecipanti (+12%), 64 associazioni di Confindustria coinvolte, in 78 province. “Piccole imprese motore di sviluppo”, commenta soddisfatto Alberto Baban, presidente della Piccola industria di Confindustria.

L’idea di aprire i cancelli al pubblico era nata molti anni fa in Federchimica: per rispondere ai pregiudizi diffusi in ampi settori dell’opinione pubblica sulle fabbriche chimiche inquinanti e irrispettose dell’ambiente e delle popolazioni (un pregiudizio che aveva comunque buone radici, in pagine oscure di pessime imprese), si è deciso di fare una politica di trasparenza e accoglienza. Uno strumento di verità. Ma anche un impegno per le imprese stesse, a rispettare in modo evidente, visibile, verificabile, standard “green” (nel tempo, vocazione “green” e scelte di sostenibilità ambientale e sociale sono diventate fattori reali di competitività delle imprese, alle prese con mercati sempre più esigenti).

Adesso, da qualche anno, i “cancelli aperti” sono una buona pratica diffusa, che va anche oltre il Pmi day e coinvolge aziende grandi e medie (Pirelli ne è un esempio da tempo, soprattutto verso le scuole e le università, ma anche Ferrarelle, in Campania, tanto per fare solo un altro nome).

Essenziale, il rapporto con le scuole (in Fondazione Pirelli, già all’inizio di ogni anno scolastico, c’è un fitto elenco di prenotazioni, che va avanti per parecchi mesi). “Da sempre sosteniamo la necessità di un contatto più forte tra scuola e lavoro”, dice Baban.

L’obiettivo è duplice. Innanzitutto, fare crescere, nel paese, la consapevolezza del ruolo positivo delle imprese, della buona manifattura italiana (dando anche ai giovani l’opportunità di uno sguardo consapevole sulle possibilità del loro futuro e migliorando gli effetti dell’impegno crescente per “l’alternanza scuola lavoro”). E poi, fare crescere, nelle imprese, la consapevolezza di essere attori sociali positivi per lo sviluppo, di avere un ruolo essenziale da “creatori di futuro”. Impresa, formazione, cultura, appunto.

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