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La Milano del design si conferma capitale dell’innovazione ma i partiti di governo boicottano il Tribunale dei brevetti

Ancora una volta, come in ogni aprile, il mondo del design e dell’industria guarda a Milano e ne celebra un primato, quello di capitale internazionale dei progetti e dei prodotti del vivere bene, del “bello e ben fatto”. Un successo, della volontà e della capacità di rappresentazione. Una storia che viene da lontano. E si rinnova nel tempo. Una ventina d’anni fa, infatti, gli imprenditori italiani dell’arredamento decisero di non portare più i loro nuovi prodotti alla fiera di Colonia e di fare, invece, vivere e crescere proprio a Milano una grande fiera di settore, che superasse la rassegna tedesca. Rapidamente, ci sono riusciti. E anche quest’anno i dati del Salone del Mobile, nel cuore di una lunga Design Week, dicono che quel primato è riconfermato: 400mila visitatori (il 20% in più dell’edizione analoga del 2017, quella biennale con Euroluce), tre quarti dei quali dall’estero, da 160 paesi (molti i buyer cinesi), 2.350 imprese espositrici (un terzo internazionali), uno straordinario giro di manifestazioni, incontri, appuntamenti densi di cultura e di affari (il sistema dell’arredamento italiano ha un fatturato di 27,4 miliardi e stimola export per 14 miliardi). Voci, disegni, materiali innovativi e utilizzo nuovo dei materiali tradizionali (a cominciare dal legno), fantasia, concretezza industriale, qualità.

“Primi & belli nonostante tutti”, sintetizza Dario Di Vico, in un editoriale sul “Corriere della Sera” (14 aprile). Non per vanto (nello stile civile milanese c’è l’inclinazione a “stare schisci”). Ma per consapevolezza d’una grande forza che mette insieme creatività, manifattura, memoria e innovazione, in una sintesi originale e ancora profondamente competitiva.

Molti elementi concorrono a consolidare questo primato milanese. Innanzitutto, il suo essere, per antica tradizione, città aperta e inclusiva, come già ben sapeva il vescovo Ariberto, che in un suo editto del 1018, annunciava: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”. E poi, il legame sempre più stretto tra creatività e produzione industriale, in distretti e filiere produttive che vanno dalla Brianza al Nord Est, con importanti aree produttive anche in altre regioni italiane, sino alle Puglie e alla Basilicata) e che si raccordano con i luoghi cardine della progettazione, a cominciare dai Politecnici di Milano e Torino. E’, appunto, la forza di una “cultura politecnica” che tiene insieme progettazione e realizzazione industriale e fa crescere centri di ricerca e musei del design che tengono viva la memoria e stimolano l’innovazione (l’Associazione appena nata fra Triennale, Adi e Assolombarda, su stimolo del ministero dei Beni culturali, Comune di Milano e Regione Lombardia ne è eccellente testimonianza).

La centralità di Milano, in questo processo, è tutt’altro che campanilistica, ma testimonia un’attitudine a tessere relazioni nel quadro d’una larga conurbazione ricca di imprese e cultura diffusa, di luoghi produttivi e di flussi creativi e commerciali, che riguarda tutta la cosiddetta “regione A4” (l’autostrada che congiunge tutte le aree dal Nord Ovest al Nord Est) in raccordo con l’Emilia e la “dorsale adriatica”: uno straordinario cuore produttivo dell’Europa in cui cultura e “gusto del bello” italiano, industria e servizi stimolano ricchezza diffusa, inclusione sociale, sviluppo, qualità della vita.

Le parole “qualità” e “innovazione” ne tirano in ballo un’altra, ricerca. Le imprese investono in ricerca, su materiali, processi digitali legati alla produzione e ai servizi, forme e funzioni dei prodotti, processi produttivi ispirati alla sostenibilità, a una green economy che diventa rapidamente non solo scelta ambientale positiva, ma vero e proprio vantaggio competitivo nei confronti di mondi del consumo sempre più sofisticati ed esigenti. E le università e le scuole sono attive in un dialogo con le imprese che migliora gli stessi processi della conoscenza.

E’ un circuito virtuoso che va avanti da tempo. E che può fare ben sperare in un ulteriore sviluppo che dal cuore europeo settentrionale coinvolga l’intero Paese.

Ci sono altri dati, di cui tenere conto in questo quadro. Quelli dei brevetti. L’European Patent Office documenta che nel 2018 società e inventori italiani hanno presentato 4.399 richieste di brevetti (+0,9% rispetto al 2017), facendo dell’Italia il decimo paese nella classifica mondiale (i primi tre sono Usa, Germania e Giappone). Con 880 domande Milano si conferma capitale dell’innovazione, la Lombardia regione leader, con il 32% di tutte le richieste (in testa le grandi imprese come Pirelli, Solvay, Basell, Telecom, StMicroelectronics, Magneti Marelli).

Ecco il punto: la leva di ricerca e sviluppo. In cui Milano ha una sua centralità, nell’interesse generale dell’innovazione italiana.

Anche alla luce di questi dati appare non solo incomprensibile ma nettamente negativa per tutto il sistema Italia la scelta della Camera dei deputati, di approvare, con il voto determinante dei partiti di governo, Lega e M5S, una mozione sulla sede del Tribunale europeo dei Brevetti in cui la parola “Milano” viene sostituita da una più generica indicazione “Italia”.

Su quella sede del Tribunale, in uscita da Londra dopo la Brexit, è in corso una battaglia che coinvolge altre città europee. Milano, forte delle relazioni tra innovazione, impresa, università, centri di ricerca (i brevetti ne sono appunto testimonianza) è particolarmente qualificata per farcela. La scelta di Lega e Cinque Stelle di non sostenere apertamente Milano è dunque particolarmente miope e irresponsabile (s’intende creare difficoltà a una metropoli governata da un’amministrazione di centro sinistra?). E va in direzione opposta a tutte le buone scelte politiche del passato, quando i governi di centro destra e di centro sinistra sostennero la candidatura di Milano come sede dell’Expo guardando all’interesse nazionale e non al colore dell’amministrazione locale. C’è tempo perché il governo corregga il tiro e i partiti di maggioranza mostrino un più civile e lungimirante senso di responsabilità. Milano è Italia, motore di sviluppo. Ostacolare la crescita di Milano significa voler male all’Italia.

(immagine courtesy of Inexhibit)

Ancora una volta, come in ogni aprile, il mondo del design e dell’industria guarda a Milano e ne celebra un primato, quello di capitale internazionale dei progetti e dei prodotti del vivere bene, del “bello e ben fatto”. Un successo, della volontà e della capacità di rappresentazione. Una storia che viene da lontano. E si rinnova nel tempo. Una ventina d’anni fa, infatti, gli imprenditori italiani dell’arredamento decisero di non portare più i loro nuovi prodotti alla fiera di Colonia e di fare, invece, vivere e crescere proprio a Milano una grande fiera di settore, che superasse la rassegna tedesca. Rapidamente, ci sono riusciti. E anche quest’anno i dati del Salone del Mobile, nel cuore di una lunga Design Week, dicono che quel primato è riconfermato: 400mila visitatori (il 20% in più dell’edizione analoga del 2017, quella biennale con Euroluce), tre quarti dei quali dall’estero, da 160 paesi (molti i buyer cinesi), 2.350 imprese espositrici (un terzo internazionali), uno straordinario giro di manifestazioni, incontri, appuntamenti densi di cultura e di affari (il sistema dell’arredamento italiano ha un fatturato di 27,4 miliardi e stimola export per 14 miliardi). Voci, disegni, materiali innovativi e utilizzo nuovo dei materiali tradizionali (a cominciare dal legno), fantasia, concretezza industriale, qualità.

“Primi & belli nonostante tutti”, sintetizza Dario Di Vico, in un editoriale sul “Corriere della Sera” (14 aprile). Non per vanto (nello stile civile milanese c’è l’inclinazione a “stare schisci”). Ma per consapevolezza d’una grande forza che mette insieme creatività, manifattura, memoria e innovazione, in una sintesi originale e ancora profondamente competitiva.

Molti elementi concorrono a consolidare questo primato milanese. Innanzitutto, il suo essere, per antica tradizione, città aperta e inclusiva, come già ben sapeva il vescovo Ariberto, che in un suo editto del 1018, annunciava: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”. E poi, il legame sempre più stretto tra creatività e produzione industriale, in distretti e filiere produttive che vanno dalla Brianza al Nord Est, con importanti aree produttive anche in altre regioni italiane, sino alle Puglie e alla Basilicata) e che si raccordano con i luoghi cardine della progettazione, a cominciare dai Politecnici di Milano e Torino. E’, appunto, la forza di una “cultura politecnica” che tiene insieme progettazione e realizzazione industriale e fa crescere centri di ricerca e musei del design che tengono viva la memoria e stimolano l’innovazione (l’Associazione appena nata fra Triennale, Adi e Assolombarda, su stimolo del ministero dei Beni culturali, Comune di Milano e Regione Lombardia ne è eccellente testimonianza).

La centralità di Milano, in questo processo, è tutt’altro che campanilistica, ma testimonia un’attitudine a tessere relazioni nel quadro d’una larga conurbazione ricca di imprese e cultura diffusa, di luoghi produttivi e di flussi creativi e commerciali, che riguarda tutta la cosiddetta “regione A4” (l’autostrada che congiunge tutte le aree dal Nord Ovest al Nord Est) in raccordo con l’Emilia e la “dorsale adriatica”: uno straordinario cuore produttivo dell’Europa in cui cultura e “gusto del bello” italiano, industria e servizi stimolano ricchezza diffusa, inclusione sociale, sviluppo, qualità della vita.

Le parole “qualità” e “innovazione” ne tirano in ballo un’altra, ricerca. Le imprese investono in ricerca, su materiali, processi digitali legati alla produzione e ai servizi, forme e funzioni dei prodotti, processi produttivi ispirati alla sostenibilità, a una green economy che diventa rapidamente non solo scelta ambientale positiva, ma vero e proprio vantaggio competitivo nei confronti di mondi del consumo sempre più sofisticati ed esigenti. E le università e le scuole sono attive in un dialogo con le imprese che migliora gli stessi processi della conoscenza.

E’ un circuito virtuoso che va avanti da tempo. E che può fare ben sperare in un ulteriore sviluppo che dal cuore europeo settentrionale coinvolga l’intero Paese.

Ci sono altri dati, di cui tenere conto in questo quadro. Quelli dei brevetti. L’European Patent Office documenta che nel 2018 società e inventori italiani hanno presentato 4.399 richieste di brevetti (+0,9% rispetto al 2017), facendo dell’Italia il decimo paese nella classifica mondiale (i primi tre sono Usa, Germania e Giappone). Con 880 domande Milano si conferma capitale dell’innovazione, la Lombardia regione leader, con il 32% di tutte le richieste (in testa le grandi imprese come Pirelli, Solvay, Basell, Telecom, StMicroelectronics, Magneti Marelli).

Ecco il punto: la leva di ricerca e sviluppo. In cui Milano ha una sua centralità, nell’interesse generale dell’innovazione italiana.

Anche alla luce di questi dati appare non solo incomprensibile ma nettamente negativa per tutto il sistema Italia la scelta della Camera dei deputati, di approvare, con il voto determinante dei partiti di governo, Lega e M5S, una mozione sulla sede del Tribunale europeo dei Brevetti in cui la parola “Milano” viene sostituita da una più generica indicazione “Italia”.

Su quella sede del Tribunale, in uscita da Londra dopo la Brexit, è in corso una battaglia che coinvolge altre città europee. Milano, forte delle relazioni tra innovazione, impresa, università, centri di ricerca (i brevetti ne sono appunto testimonianza) è particolarmente qualificata per farcela. La scelta di Lega e Cinque Stelle di non sostenere apertamente Milano è dunque particolarmente miope e irresponsabile (s’intende creare difficoltà a una metropoli governata da un’amministrazione di centro sinistra?). E va in direzione opposta a tutte le buone scelte politiche del passato, quando i governi di centro destra e di centro sinistra sostennero la candidatura di Milano come sede dell’Expo guardando all’interesse nazionale e non al colore dell’amministrazione locale. C’è tempo perché il governo corregga il tiro e i partiti di maggioranza mostrino un più civile e lungimirante senso di responsabilità. Milano è Italia, motore di sviluppo. Ostacolare la crescita di Milano significa voler male all’Italia.

(immagine courtesy of Inexhibit)

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