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Racconti di fabbrica

La fabbrica è vita, vita vissuta. Di operai e di imprenditori, di lotte e di conquiste, conflitti e collaborazioni. La fabbrica, la manifattura, non produce solo oggetti, ma sensazioni, rumori, odori, visioni, esperienze, ricordi, uomini e donne, ingegno, emozioni. Anche oggi, come in passato, seppur in maniera diversa. Ammodernata e rivista, più attenta all’ambiente e al sociale, più “confortevole” di un tempo, la fabbrica esiste. Tanto da fare dell’Italia, ancora, il secondo paese manifatturiero dopo la Germania. E da dare alla nostra manifattura il compito di fare da asse portante di una nuova stagione di sviluppo economico.

Comprendere come e perché oggi le fabbriche siano ancora luoghi determinanti e reali e in che modo siano giunti fino a noi, è quindi importante. Soprattutto se gli elementi per capire arrivano non tanto dalla freddezza dei numeri e dei diagrammi, ma dal calore delle parole e dei racconti.

Per questo “Fabbrica di carta. I libri che raccontano l’Italia industriale”  è un volume da leggere più volte. Una sorta di summa di quanto la letteratura italiana, in poco meno di un secolo, è riuscita a produrre proprio sul tema dell’industria e di quanto si svolge dentro e attorno ad essa. Niente di scientifico e di esatto. Ma proprio per questo tutto molto concreto e reale.

Giorgio Bigatti (che insegna Storia economica alla Bocconi) e Giuseppe Lupo (docente di Letteratura italiana alla Cattolica), in poco più di 300 pagine (edite da Laterza sotto gli auspici di Assolombarda, con prefazione di Alberto Meomartini e introduzione di Antonio Calabrò), hanno raccolto il meglio dei “racconti di fabbrica” di scrittori come Volponi, Sereni, Levi, Calvino, Ottieri, Giudici, Fortini, Vittorini, Arpino, Gadda, Pratolini e molti altri ancora. Tre le grandi parti del libro: “Panorami dell’Italia industriale”, “Personaggi in cerca di lettori” e una “Appendice” di “Scritture del presente”. Dentro, estratti, pillole, lampi di fabbriche italiane a cavallo fra vecchio e nuovo secolo.

Ne è nato un libro da gustare con calma e sul quale tornare. E, perché no?, da fare circolare in scuole e università, per approfondire un aspetto chiave della nostra “identità italiana”. Una sorta di vademecum di quella cultura d’impresa che è una delle testimonianze più attuali  e  importanti del nostro Paese.

Fabbrica di carta. I libri che raccontano l’Italia industriale.

A cura di G. Bigatti e G. Lupo

Laterza, 2013

La fabbrica è vita, vita vissuta. Di operai e di imprenditori, di lotte e di conquiste, conflitti e collaborazioni. La fabbrica, la manifattura, non produce solo oggetti, ma sensazioni, rumori, odori, visioni, esperienze, ricordi, uomini e donne, ingegno, emozioni. Anche oggi, come in passato, seppur in maniera diversa. Ammodernata e rivista, più attenta all’ambiente e al sociale, più “confortevole” di un tempo, la fabbrica esiste. Tanto da fare dell’Italia, ancora, il secondo paese manifatturiero dopo la Germania. E da dare alla nostra manifattura il compito di fare da asse portante di una nuova stagione di sviluppo economico.

Comprendere come e perché oggi le fabbriche siano ancora luoghi determinanti e reali e in che modo siano giunti fino a noi, è quindi importante. Soprattutto se gli elementi per capire arrivano non tanto dalla freddezza dei numeri e dei diagrammi, ma dal calore delle parole e dei racconti.

Per questo “Fabbrica di carta. I libri che raccontano l’Italia industriale”  è un volume da leggere più volte. Una sorta di summa di quanto la letteratura italiana, in poco meno di un secolo, è riuscita a produrre proprio sul tema dell’industria e di quanto si svolge dentro e attorno ad essa. Niente di scientifico e di esatto. Ma proprio per questo tutto molto concreto e reale.

Giorgio Bigatti (che insegna Storia economica alla Bocconi) e Giuseppe Lupo (docente di Letteratura italiana alla Cattolica), in poco più di 300 pagine (edite da Laterza sotto gli auspici di Assolombarda, con prefazione di Alberto Meomartini e introduzione di Antonio Calabrò), hanno raccolto il meglio dei “racconti di fabbrica” di scrittori come Volponi, Sereni, Levi, Calvino, Ottieri, Giudici, Fortini, Vittorini, Arpino, Gadda, Pratolini e molti altri ancora. Tre le grandi parti del libro: “Panorami dell’Italia industriale”, “Personaggi in cerca di lettori” e una “Appendice” di “Scritture del presente”. Dentro, estratti, pillole, lampi di fabbriche italiane a cavallo fra vecchio e nuovo secolo.

Ne è nato un libro da gustare con calma e sul quale tornare. E, perché no?, da fare circolare in scuole e università, per approfondire un aspetto chiave della nostra “identità italiana”. Una sorta di vademecum di quella cultura d’impresa che è una delle testimonianze più attuali  e  importanti del nostro Paese.

Fabbrica di carta. I libri che raccontano l’Italia industriale.

A cura di G. Bigatti e G. Lupo

Laterza, 2013

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