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La cultura della piccola impresa

Viva la piccola impresa, quella che resiste nonostante tutto, quella che “fa l’Italia”, quella che ogni giorno alza la saracinesca e lavora fino  sera. E’ questo il ritratto più consueto delle piccole aziende. Ma come sono per davvero queste realtà?

L’istantanea più recente sul mondo delle piccole imprese italiane è stata scattata da Giulio Sapelli – storico dell’economia ed economista, docente universitario ma con un solido passato in molte aziende -,  che ha scritto “Elogio della piccola impresa”: un llibro stringato ed essenziale (poco più di 100 pagine), che mette insieme teoria e storie d’azienda costruendo un ritratto  amaramente realistico delle imprese piccole  industriali e artigiane in Italia. Imprese spesso destinate a morire schiacciate da un’economia che non fa per loro, ma che comunque riescono a rigenerarsi mettendo in gioco risorse inaspettate e una straordinaria cultura d’impresa.

Sapelli, dopo una quadro teorico – intercalato da testimonianze di imprenditori di svariati settori -, passa ad esaminare alcuni aspetti determinanti come il ruolo della famiglia dell’imprenditore, i rapporti con il credito, quelli con lo Stato (con l’incombere dei ritardi dei pagamenti), la presenza dei giovani (il tema del passaggio generazionale è determinate per queste realtà), percorrendo tutte le aree dello Stivale in cui le piccole industrie hanno fatto la storia. E’ lo stesso Sapelli a delineare i tratti della piccola impresa industriale e artigiana oggi: “Essa si fonda sulla persona e quindi sulla fiducia, sull’inesauribile flessibilità di cui persone e famiglie sono capaci pur tra mille errori. E questo perché esiste volta a volta una sorta di omeostasi con il mercato e la politica insieme che il nostro costrutto sociale forma e riforma tra economia e mondi vitali. Per questo non cresce. Perché essa si costituisce prima e fuori dal mercato. Nel mercato agisce, certo, ma da esso si difende se si attenta alla sua costitutività personale e familiare: vuole conservare se stessa. Certo può crescere, ma allora piccolissima impresa artigiana o piccola impresa non è più”.

Teoria, quindi, unita a pratica tradotta in numerose testimonianze di imprenditori che raccontano le loro esperienze. Il risultato è una corsa a perdifiato nella storia recente dell’industria italiana, nella società dentro e attorno ad essa con uno sguardo volto ai rischi del presente e alle sfide del futuro.

Elogio della piccola impresa

Giulio Sapelli,

Il Mulino, 2013

Viva la piccola impresa, quella che resiste nonostante tutto, quella che “fa l’Italia”, quella che ogni giorno alza la saracinesca e lavora fino  sera. E’ questo il ritratto più consueto delle piccole aziende. Ma come sono per davvero queste realtà?

L’istantanea più recente sul mondo delle piccole imprese italiane è stata scattata da Giulio Sapelli – storico dell’economia ed economista, docente universitario ma con un solido passato in molte aziende -,  che ha scritto “Elogio della piccola impresa”: un llibro stringato ed essenziale (poco più di 100 pagine), che mette insieme teoria e storie d’azienda costruendo un ritratto  amaramente realistico delle imprese piccole  industriali e artigiane in Italia. Imprese spesso destinate a morire schiacciate da un’economia che non fa per loro, ma che comunque riescono a rigenerarsi mettendo in gioco risorse inaspettate e una straordinaria cultura d’impresa.

Sapelli, dopo una quadro teorico – intercalato da testimonianze di imprenditori di svariati settori -, passa ad esaminare alcuni aspetti determinanti come il ruolo della famiglia dell’imprenditore, i rapporti con il credito, quelli con lo Stato (con l’incombere dei ritardi dei pagamenti), la presenza dei giovani (il tema del passaggio generazionale è determinate per queste realtà), percorrendo tutte le aree dello Stivale in cui le piccole industrie hanno fatto la storia. E’ lo stesso Sapelli a delineare i tratti della piccola impresa industriale e artigiana oggi: “Essa si fonda sulla persona e quindi sulla fiducia, sull’inesauribile flessibilità di cui persone e famiglie sono capaci pur tra mille errori. E questo perché esiste volta a volta una sorta di omeostasi con il mercato e la politica insieme che il nostro costrutto sociale forma e riforma tra economia e mondi vitali. Per questo non cresce. Perché essa si costituisce prima e fuori dal mercato. Nel mercato agisce, certo, ma da esso si difende se si attenta alla sua costitutività personale e familiare: vuole conservare se stessa. Certo può crescere, ma allora piccolissima impresa artigiana o piccola impresa non è più”.

Teoria, quindi, unita a pratica tradotta in numerose testimonianze di imprenditori che raccontano le loro esperienze. Il risultato è una corsa a perdifiato nella storia recente dell’industria italiana, nella società dentro e attorno ad essa con uno sguardo volto ai rischi del presente e alle sfide del futuro.

Elogio della piccola impresa

Giulio Sapelli,

Il Mulino, 2013

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