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Piccole imprese, storia e cultura per tutti

Capire la storia delle piccole imprese italiane fa bene alla cultura d’impresa in generale. Ci vogliono però le guide giuste. E’ facile, infatti, cadere nel retorico, nel già visto, nei paradigmi un po’ stantii che vedono la piccola impresa come la panacea di tutti i mali dell’economia nazionale.

L’ultima fatica di Valerio Castronovo serve a questo scopo: ha il rigore di un manuale di storia, ma il fascino di un viaggio.

L’Italia della piccola industria. Dal dopoguerra a oggi” – appena stampato da Laterza -, è appunto un libro di storia, ma in fin dei conti racconta anche la storia della cultura delle imprese medie e piccole e di riflesso quella della cultura della grande impresa nazionale. Castronovo ragiona partendo da una serie di considerazioni.

Lo sviluppo di una miriade di piccole imprese ha segnato, negli ultimi cinquant’anni, non solo l’evoluzione e la geografia economica del nostro Paese, ma ha anche determinato alcune delle trasformazioni sociali del Paese e certi suoi tratti identitari. Accanto al “grande capitalismo” c’è stato – e c’è -, una sorta di “capitalismo molecolare”. Questo modo di intendere e fare industria si è diffuso inizialmente sulla scia del decentramento di alcune lavorazioni dei maggiori complessi industriali e poi si è affermato in virtù di un un’ingegnosità e una flessibilità che in qualche modo hanno avuto anche del magico.

Ma non basta. Per Castronovo le piccole imprese, hanno anche sostenuto la rinascita di tanti borghi e centri minori dal Nord-Est al Centro-Sud della Penisola. Oggi ci si chiede se molte microimprese, sotto la pressione competitiva dei paesi emergenti e nel mezzo di una pesante recessione, riusciranno a sopravvivere.

L’idea dello storico è che questo sia possibile a patto che si riesca a fare un salto di qualità in fatto di creatività e innovazione, apertura ad apporti manageriali e relazioni con il mercato internazionale. Ma occorrono anche condizioni fiscali diverse, una burocrazia non soffocante e un regime normativo che non sia contraddittorio come quello attuale. Ma Castronovo va anche più in là: serve, spiega, un’adeguata nuova politica industriale. Che significa, alla fine, anche un cambio di cultura d’impresa.

L’Italia della piccola industria. Dal dopoguerra a oggi

Valerio Castronovo

Laterza, novembre 2013

Capire la storia delle piccole imprese italiane fa bene alla cultura d’impresa in generale. Ci vogliono però le guide giuste. E’ facile, infatti, cadere nel retorico, nel già visto, nei paradigmi un po’ stantii che vedono la piccola impresa come la panacea di tutti i mali dell’economia nazionale.

L’ultima fatica di Valerio Castronovo serve a questo scopo: ha il rigore di un manuale di storia, ma il fascino di un viaggio.

L’Italia della piccola industria. Dal dopoguerra a oggi” – appena stampato da Laterza -, è appunto un libro di storia, ma in fin dei conti racconta anche la storia della cultura delle imprese medie e piccole e di riflesso quella della cultura della grande impresa nazionale. Castronovo ragiona partendo da una serie di considerazioni.

Lo sviluppo di una miriade di piccole imprese ha segnato, negli ultimi cinquant’anni, non solo l’evoluzione e la geografia economica del nostro Paese, ma ha anche determinato alcune delle trasformazioni sociali del Paese e certi suoi tratti identitari. Accanto al “grande capitalismo” c’è stato – e c’è -, una sorta di “capitalismo molecolare”. Questo modo di intendere e fare industria si è diffuso inizialmente sulla scia del decentramento di alcune lavorazioni dei maggiori complessi industriali e poi si è affermato in virtù di un un’ingegnosità e una flessibilità che in qualche modo hanno avuto anche del magico.

Ma non basta. Per Castronovo le piccole imprese, hanno anche sostenuto la rinascita di tanti borghi e centri minori dal Nord-Est al Centro-Sud della Penisola. Oggi ci si chiede se molte microimprese, sotto la pressione competitiva dei paesi emergenti e nel mezzo di una pesante recessione, riusciranno a sopravvivere.

L’idea dello storico è che questo sia possibile a patto che si riesca a fare un salto di qualità in fatto di creatività e innovazione, apertura ad apporti manageriali e relazioni con il mercato internazionale. Ma occorrono anche condizioni fiscali diverse, una burocrazia non soffocante e un regime normativo che non sia contraddittorio come quello attuale. Ma Castronovo va anche più in là: serve, spiega, un’adeguata nuova politica industriale. Che significa, alla fine, anche un cambio di cultura d’impresa.

L’Italia della piccola industria. Dal dopoguerra a oggi

Valerio Castronovo

Laterza, novembre 2013

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