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Italia leader di sostenibilità ambientale e sociale e l’esempio di scelte virtuose delle sue imprese

L’Italia è leader, in Europa, per la sostenibilità ambientale. E molte delle sue imprese, tra manifattura e servizi, sono in prima fila, a livello internazionale, per comportamenti virtuosi sull’ambiente, il rispetto delle persone, l’inclusione e la solidarietà sociale.
Ecco i dati: l’Italia emette meno gas serra rispetto a Francia, Germania e alla media Ue (203,4 tonnellate di CO2 equivalente per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 257,2 tonnellate), consuma meno materie prime (286,8 tonnellate per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 446,5), consuma meno energia (87,4 secondo un calcolo di 10 alla terza joule, l’unità di misura dell’energia, del lavoro e del calore, per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 203,5) e ricicla e recupera rifiuti più di tutti (83,4% del totale rifiuti, su una media Ue del 53%). Economia circolare virtuosa, potremmo dire, leggendo bene i dati del Centro Studi Confindustria.
Viviamo tempi di crescente sensibilità per le questioni dello sviluppo sostenibile, come testimonia l’impegno delle giovani generazioni, citando adesso il milione di ragazzi in 180 piazza, in Italia, venerdì scorso, raccogliendo l’appello di Greta Thunberg per un “Friday for Future”. E il mondo dell’economia mostra un’attiva consapevolezza di quanto la sostenibilità possa essere una straordinaria leva per migliorare la competitività generale di un paese e delle sue imprese.
Un dato per tutti, secondo le indagini della Fondazione Symbola nel suo “Rapporto GreenItaly”: il 30,7% delle industrie manifatturiere (con punte del 42% per le chimiche e del 38,6% per le imprese della gomma e della plastica) ha investito in prodotti e tecnologie eco-sostenibili, nel quinquennio 2014-2018. E Sodalitas (sostenuta da Assolombarda e da una serie di aziende e fondazioni, se ne fa buona interprete, con convegni, ricerche, analisi e aderendo alla CEO’s Call to Action lanciata da CSR Europe per sollecitare ai responsabili delle imprese il compito di “rafforzare il dialogo e l’interazione con la politica, la società civile e le controparti commerciali e industriali per unire le forze e accelerare la crescita inclusiva, affrontare il cambiamento climatico e creare prosperità sostenibile”.
Se dai dati generali passiamo alle storie aziendali (Pirelli, Barilla, Enel, UniCredit, le più brillanti aziende della moda, etc.) troviamo buoni esempi di impegno che possono fare da indicazioni positive per quel vero e proprio “cambio di paradigma” su cui fondare una riqualificazione e una nuova legittimazione del sistema economico.
Pirelli è stata riconosciuta, anche quest’anno, parte del Global Compact Lead dell’Onu, l’insieme delle società più attive per Corporate Sustainability, implementando i dieci principi sulla sostenibilità ambientale e sociale, i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite. Ed è leader globale di sostenibilità dell’Indice Dow Jones nel settore Automobiles & components, con impegni diffusi anche tra i suoi fornitori.
“Un’alleanza tra produttori di cibo per la sostenibilità del Pianeta”, propone Guido Barilla, presidente del gruppo omonimo, una delle maggiori imprese alimentari europee (Il Sole24Ore, 26 settembre), ricordando che “le aziende non possono più limitarsi al controllo del prodotto” e insistendo sulla “sostenibilità in agricoltura e negli allevamenti, nella logistica e nel packaging, sino ad arrivare ai mercati”.
Anche le grandi banche, UniCredit e Intesa, parlano molto di sostenibilità, dedicando ricerche e discussioni in board specializzati. UniCredit, in particolare, ha annunciato la costituzione di un Sustainable Finance Advisory Team, una scelta che consentirà alla banca di coniugare la propria competenza nel campo della sostenibilità con quella relativa ai mercati dei capitali, per approfondire il dialogo con i clienti su argomenti ambientali, sociali e di governance (Esg, appunto) e facilitarne l’accesso al mercato europeo dei finanziamenti green.
La Banca d’Italia incoraggia la tendenza: “Investimenti sostenibili contro i cambiamenti climatici”, chiede il Governatore Ignazio Visco, rinnovando il proprio portafoglio di titoli azionari (8miliardi di euro) con attenzione particolare verso le imprese che seguono i criteri Onu Esg.
E l’abbigliamento? “Concreta e sostenibile la moda dell’era green”, titola la Repubblica nelle cronache della Fashion Week di Parigi. E sarà per opportunismo, sarà per sensibilità ai tempi che cambiano, il messaggio delle grandi firme internazionali è chiaro: ci si vestirà secondo criteri ecologicamente corretti.
Nel mondo economico, insomma, continua ad avere eco la scelta del Business Roundtable (le quasi duecento grandi imprese della Corporate Usa) di passare dai criteri dello shareholders value a quelli dello stakeholders value, con attenzione principale per l’ambiente, le persone, i diritti di dipendenti, consumatori, fornitori, una vera e propria innovazione nei criteri guida del grande capitalismo, una indicazione di radicale riforma di scelte e comportamenti (ne abbiamo parlato nei blog precedenti). E anche in Europa ci si muove: dalle società energetiche Edf, Acciona, Iberdrola ai gruppi retail Unilever e Ikea, una serie di grandi aziende hanno deciso di coordinare sforzi e strategie per supportare il passaggio a un’economia a zero emissioni. È nato così a metà settembre il Corporate Leaders Group Europe (CLG Europe), una partnership infrasettoriale con grandi ambizioni, lanciata a Bruxelles dall’Istituto per la Leadership in Sostenibilità dell’Università di Cambridge. I membri della partnership avevano già iniziato a lavorare sull’emergenza climatica in passato (pubblicando, nella prima parte dell’anno, un documento in cinque punti sulle priorità in tema clima da affrontare congiuntamente alle istituzioni). Il lancio formale dell’istituzione incrementerà ora la sua rilevanza nel territorio, rafforzando la capacita’ delle aziende parte dell’organizzazione di influenzare la politica europea a favore del clima.
La Ue, con la Commissione guidata da Ursula von der Leyen, mostra già adesso una attenta disponibilità ad avviare politiche ambientali e, più generalmente sostenibili, pensando a un nuovo e ambizioso piano di investimenti. La Germania annuncia circa 100 miliardi di investimenti green in dieci anni. In Italia il governo Conte parla di un green new deal, pur essendo alle prese con grandi ristrettezze di bilancio, per poter varare nuove spese pubbliche d’investimento. C’è comunque un mondo che si muove. E le imprese, in questa grande trasformazione di valori, aspettative, comportamenti, non possono non continuare ad avere una funzione di stimolo, di esempio, di traino anche verso la politica e le istituzioni pubbliche.

L’Italia è leader, in Europa, per la sostenibilità ambientale. E molte delle sue imprese, tra manifattura e servizi, sono in prima fila, a livello internazionale, per comportamenti virtuosi sull’ambiente, il rispetto delle persone, l’inclusione e la solidarietà sociale.
Ecco i dati: l’Italia emette meno gas serra rispetto a Francia, Germania e alla media Ue (203,4 tonnellate di CO2 equivalente per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 257,2 tonnellate), consuma meno materie prime (286,8 tonnellate per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 446,5), consuma meno energia (87,4 secondo un calcolo di 10 alla terza joule, l’unità di misura dell’energia, del lavoro e del calore, per miliardo di euro di valore aggiunto, media Ue 203,5) e ricicla e recupera rifiuti più di tutti (83,4% del totale rifiuti, su una media Ue del 53%). Economia circolare virtuosa, potremmo dire, leggendo bene i dati del Centro Studi Confindustria.
Viviamo tempi di crescente sensibilità per le questioni dello sviluppo sostenibile, come testimonia l’impegno delle giovani generazioni, citando adesso il milione di ragazzi in 180 piazza, in Italia, venerdì scorso, raccogliendo l’appello di Greta Thunberg per un “Friday for Future”. E il mondo dell’economia mostra un’attiva consapevolezza di quanto la sostenibilità possa essere una straordinaria leva per migliorare la competitività generale di un paese e delle sue imprese.
Un dato per tutti, secondo le indagini della Fondazione Symbola nel suo “Rapporto GreenItaly”: il 30,7% delle industrie manifatturiere (con punte del 42% per le chimiche e del 38,6% per le imprese della gomma e della plastica) ha investito in prodotti e tecnologie eco-sostenibili, nel quinquennio 2014-2018. E Sodalitas (sostenuta da Assolombarda e da una serie di aziende e fondazioni, se ne fa buona interprete, con convegni, ricerche, analisi e aderendo alla CEO’s Call to Action lanciata da CSR Europe per sollecitare ai responsabili delle imprese il compito di “rafforzare il dialogo e l’interazione con la politica, la società civile e le controparti commerciali e industriali per unire le forze e accelerare la crescita inclusiva, affrontare il cambiamento climatico e creare prosperità sostenibile”.
Se dai dati generali passiamo alle storie aziendali (Pirelli, Barilla, Enel, UniCredit, le più brillanti aziende della moda, etc.) troviamo buoni esempi di impegno che possono fare da indicazioni positive per quel vero e proprio “cambio di paradigma” su cui fondare una riqualificazione e una nuova legittimazione del sistema economico.
Pirelli è stata riconosciuta, anche quest’anno, parte del Global Compact Lead dell’Onu, l’insieme delle società più attive per Corporate Sustainability, implementando i dieci principi sulla sostenibilità ambientale e sociale, i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite. Ed è leader globale di sostenibilità dell’Indice Dow Jones nel settore Automobiles & components, con impegni diffusi anche tra i suoi fornitori.
“Un’alleanza tra produttori di cibo per la sostenibilità del Pianeta”, propone Guido Barilla, presidente del gruppo omonimo, una delle maggiori imprese alimentari europee (Il Sole24Ore, 26 settembre), ricordando che “le aziende non possono più limitarsi al controllo del prodotto” e insistendo sulla “sostenibilità in agricoltura e negli allevamenti, nella logistica e nel packaging, sino ad arrivare ai mercati”.
Anche le grandi banche, UniCredit e Intesa, parlano molto di sostenibilità, dedicando ricerche e discussioni in board specializzati. UniCredit, in particolare, ha annunciato la costituzione di un Sustainable Finance Advisory Team, una scelta che consentirà alla banca di coniugare la propria competenza nel campo della sostenibilità con quella relativa ai mercati dei capitali, per approfondire il dialogo con i clienti su argomenti ambientali, sociali e di governance (Esg, appunto) e facilitarne l’accesso al mercato europeo dei finanziamenti green.
La Banca d’Italia incoraggia la tendenza: “Investimenti sostenibili contro i cambiamenti climatici”, chiede il Governatore Ignazio Visco, rinnovando il proprio portafoglio di titoli azionari (8miliardi di euro) con attenzione particolare verso le imprese che seguono i criteri Onu Esg.
E l’abbigliamento? “Concreta e sostenibile la moda dell’era green”, titola la Repubblica nelle cronache della Fashion Week di Parigi. E sarà per opportunismo, sarà per sensibilità ai tempi che cambiano, il messaggio delle grandi firme internazionali è chiaro: ci si vestirà secondo criteri ecologicamente corretti.
Nel mondo economico, insomma, continua ad avere eco la scelta del Business Roundtable (le quasi duecento grandi imprese della Corporate Usa) di passare dai criteri dello shareholders value a quelli dello stakeholders value, con attenzione principale per l’ambiente, le persone, i diritti di dipendenti, consumatori, fornitori, una vera e propria innovazione nei criteri guida del grande capitalismo, una indicazione di radicale riforma di scelte e comportamenti (ne abbiamo parlato nei blog precedenti). E anche in Europa ci si muove: dalle società energetiche Edf, Acciona, Iberdrola ai gruppi retail Unilever e Ikea, una serie di grandi aziende hanno deciso di coordinare sforzi e strategie per supportare il passaggio a un’economia a zero emissioni. È nato così a metà settembre il Corporate Leaders Group Europe (CLG Europe), una partnership infrasettoriale con grandi ambizioni, lanciata a Bruxelles dall’Istituto per la Leadership in Sostenibilità dell’Università di Cambridge. I membri della partnership avevano già iniziato a lavorare sull’emergenza climatica in passato (pubblicando, nella prima parte dell’anno, un documento in cinque punti sulle priorità in tema clima da affrontare congiuntamente alle istituzioni). Il lancio formale dell’istituzione incrementerà ora la sua rilevanza nel territorio, rafforzando la capacita’ delle aziende parte dell’organizzazione di influenzare la politica europea a favore del clima.
La Ue, con la Commissione guidata da Ursula von der Leyen, mostra già adesso una attenta disponibilità ad avviare politiche ambientali e, più generalmente sostenibili, pensando a un nuovo e ambizioso piano di investimenti. La Germania annuncia circa 100 miliardi di investimenti green in dieci anni. In Italia il governo Conte parla di un green new deal, pur essendo alle prese con grandi ristrettezze di bilancio, per poter varare nuove spese pubbliche d’investimento. C’è comunque un mondo che si muove. E le imprese, in questa grande trasformazione di valori, aspettative, comportamenti, non possono non continuare ad avere una funzione di stimolo, di esempio, di traino anche verso la politica e le istituzioni pubbliche.

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