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Cultura d’impresa umanistica

Una ricerca condotta da due Università approfondisce il “caso Cucinelli”

Gli esempi di buona cultura d’impresa fanno bene a tutti. Esperienze non da imitare, ma dalle quali trarre indicazioni per fare di più e meglio. Perché in fatto di impresa e di cultura del produrre, l’imitazione può essere pericolosa, l’ispirazione può essere benefica. Troppe, infatti, le variabili in gioco che cambiano a seconda della situazione aziendale, degli uomini e delle donne coinvolti, dell’ambiente, delle prospettive che si formano di volta in volta. Eppure, è sempre opportuno apprendere delle storie di chi ha impegnato risorse e volontà, per fare di un’impresa qualcosa di più di un’organizzazione che alla fine dell’anno ottiene buoni profitti ma nient’altro.

E’ quindi interessante leggere “Brunello Cucinelli: la creazione di valore condiviso nell’impresa umanistica”, scritto da Maria Rosaria Napolitano e Floriana Fusco (rispettivamente dell’Università di Napoli e di Milano), che ha l’obiettivo di indagare sull’esperienza imprenditoriale di una delle imprese più importanti, e non solo nel comparto tessile ma in generale nell’industria italiana.

Le ricercatrici partono dal considerare che negli ultimi decenni la responsabilità sociale delle imprese è stata studiata come una leva strategica in grado di favorire la competitività, creando al contempo un valore condiviso per tutte le parti interessate. L’indagine puntualizza quindi prima l’apparato teorico che descrive la cultura d’impresa e la responsabilità sociale d’impresa e, successivamente, descrive (sia dal punto di vista dell’evoluzione storica che da quello dell’attuale gestione), il “caso Cucinelli” indicato come un esempio che incarna perfettamente il concetto di azienda socialmente responsabile e rappresenta anche una storia di successo e orgoglio del Made in Italy nel mondo.

Ma cos’è che fa la differenza? Secondo Napolitano e Fusco, tutta l’impostazione aziendale assume il tema della responsabilità sociale come orientamento strategico “in grado di influenzare l’identità e la cultura aziendale, ma anche di dare ai prodotti un posizionamento unico e distintivo”. Particolarmente chiaro un passaggio riferito al rapporto fra Cucinelli e i suoi collaboratori: “La fiducia è il collante che unisce tutti coloro che lavorano per lui. La condivisione delle finalità dell’impresa è il fondamento del rapporto sano e dignitoso che lega l’imprenditore filosofo ai suoi collaboratori”.

La ricerca di Napolitano e Fusco descrive certo un esempio pressoché unico – e quindi non imitabile -, di cultura d’impresa elevata ai massimi livelli, ma per questo fonte, come si diceva all’inizio, di numerosi spunti (anche provocatori) per tutti. Da leggere e da meditare.

Brunello Cucinelli: la creazione di valore condiviso nell’impresa umanistica

Maria Rosaria Napolitano, Floriana Fusco

Micro & Marco Marketing, 2, 2019, agosto

Una ricerca condotta da due Università approfondisce il “caso Cucinelli”

Gli esempi di buona cultura d’impresa fanno bene a tutti. Esperienze non da imitare, ma dalle quali trarre indicazioni per fare di più e meglio. Perché in fatto di impresa e di cultura del produrre, l’imitazione può essere pericolosa, l’ispirazione può essere benefica. Troppe, infatti, le variabili in gioco che cambiano a seconda della situazione aziendale, degli uomini e delle donne coinvolti, dell’ambiente, delle prospettive che si formano di volta in volta. Eppure, è sempre opportuno apprendere delle storie di chi ha impegnato risorse e volontà, per fare di un’impresa qualcosa di più di un’organizzazione che alla fine dell’anno ottiene buoni profitti ma nient’altro.

E’ quindi interessante leggere “Brunello Cucinelli: la creazione di valore condiviso nell’impresa umanistica”, scritto da Maria Rosaria Napolitano e Floriana Fusco (rispettivamente dell’Università di Napoli e di Milano), che ha l’obiettivo di indagare sull’esperienza imprenditoriale di una delle imprese più importanti, e non solo nel comparto tessile ma in generale nell’industria italiana.

Le ricercatrici partono dal considerare che negli ultimi decenni la responsabilità sociale delle imprese è stata studiata come una leva strategica in grado di favorire la competitività, creando al contempo un valore condiviso per tutte le parti interessate. L’indagine puntualizza quindi prima l’apparato teorico che descrive la cultura d’impresa e la responsabilità sociale d’impresa e, successivamente, descrive (sia dal punto di vista dell’evoluzione storica che da quello dell’attuale gestione), il “caso Cucinelli” indicato come un esempio che incarna perfettamente il concetto di azienda socialmente responsabile e rappresenta anche una storia di successo e orgoglio del Made in Italy nel mondo.

Ma cos’è che fa la differenza? Secondo Napolitano e Fusco, tutta l’impostazione aziendale assume il tema della responsabilità sociale come orientamento strategico “in grado di influenzare l’identità e la cultura aziendale, ma anche di dare ai prodotti un posizionamento unico e distintivo”. Particolarmente chiaro un passaggio riferito al rapporto fra Cucinelli e i suoi collaboratori: “La fiducia è il collante che unisce tutti coloro che lavorano per lui. La condivisione delle finalità dell’impresa è il fondamento del rapporto sano e dignitoso che lega l’imprenditore filosofo ai suoi collaboratori”.

La ricerca di Napolitano e Fusco descrive certo un esempio pressoché unico – e quindi non imitabile -, di cultura d’impresa elevata ai massimi livelli, ma per questo fonte, come si diceva all’inizio, di numerosi spunti (anche provocatori) per tutti. Da leggere e da meditare.

Brunello Cucinelli: la creazione di valore condiviso nell’impresa umanistica

Maria Rosaria Napolitano, Floriana Fusco

Micro & Marco Marketing, 2, 2019, agosto

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