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Luoghi d’impresa

Condensato in un libro il ragionamento sul valore dei luoghi nei quali comunità e produzione si fanno un tutt’uno

Luoghi d’impresa. E quindi luoghi di comunità di donne e uomini accomunati da uno stesso destino (seppur solamente produttivo). Luoghi d’intenti condivisi, di visioni imprenditoriali e non solo, che si fanno organizzazioni della produzione e che si animano con il lavoro di molti. È una delle constatazioni, apparentemente paradossali, che è possibile fare osservando i sistemi produttivi dell’oggi. Nell’era della globalizzazione, della digitalizzazione, dell’immateriale produttivo, si torna a valorizzare il luogo di produzione. E non si tratta solamente del risultato di mode passeggere legate a particolari comparti produttivi. Si riscoprono, invece, anche i luoghi delle fabbriche. Torna a farsi sentire l’importanza della dimensione territoriale e comunitaria della produzione.

È attorno a questo nodo di idee che ruota “Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società” scritto a quattro mani da Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, rispettivamente direttore di AICCON, Centro Studi sul non profit e la cooperazione dell’Università di Bologna, e sociologo che si occupa da oltre vent’anni di terzo settore e impresa sociale.
La tesi del libro è semplice: sono i territori, i quartieri e le periferie, i luoghi privilegiati dove si sperimentano le innovazioni sociali da cui provengono gli impulsi più significativi allo sviluppo e al benessere. Anzi, mai come adesso la creazione di valore si gioca a livello territoriale e il destino delle imprese è legato a quello del contesto in cui operano. È la manifestazione di quella cultura del produrre radicata in ben determinati luoghi geografici, che trova il suo momento d’oro.
Secondo Venturi e Zandonai, ovviamente, mettere insieme luoghi fisici, persone, mercati, aziende e grandi movimenti globali, non è cosa semplice ma una sfida nella quale contano visioni, relazioni sociali, prodotti materiali e risorse immateriali, condizioni infrastrutturali e regole politiche. Il “dove” vivere e produrre viene così creato, racconta il libro, dall’insieme di apertura e coesione che fanno la differenza perché agiscono come meccanismi generativi di nuove infrastrutture sociali capaci di trasformare gli spazi in luoghi e ricreare quella che gli autori chiamano “ecologia delle relazioni” indispensabile alla vita in comune e allo sviluppo economico.

Un cammino che non è automatico, ma che va aiutato. Per questo gli autori arrivano a proporre un manifesto in tre punti (o tre manifesti come viene indicato nel libro), rivolti rispettivamente al mondo delle imprese (viste come comunità educanti), ai decisori politici (che sono chiamati a produrre misure in favore delle comunità) e al terzo settore.
Quando delineato da Venturi e Zandonai è un quadro complesso, non facile, con il quale molti dovranno fare i conti e altri non saranno pienamente d’accordo. Ma quanto descritto nel libro è certamente da considerare con attenzione.
Scrivono i due autori: “È (…) intorno alla rigenerazione dei luoghi che si gioca la partita decisiva: una sfida che chiama in causa quei beni intangibili come la partecipazione dei cittadini nei processi deliberativi e la coesione sociale che oggi è sotto attacco a causa delle crescenti disuguaglianze e della tendenza al ripiegamento delle comunità stesse. Oggi a dominare infatti sono comunità rancorose, che preferiscono investire il loro capitale di relazioni e fiducia internamente (bonding) e non per ampliare la propria connettività (bridging). E infatti è proprio intorno a un carattere aperto e connesso dei legami sociali che oggi si gioca la partita del «locale»: non solo per imprese e istituzioni ma anche per la società civile”.

Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società
Paolo Venturi, Flaviano Zandonai
Egea, 2019

Condensato in un libro il ragionamento sul valore dei luoghi nei quali comunità e produzione si fanno un tutt’uno

Luoghi d’impresa. E quindi luoghi di comunità di donne e uomini accomunati da uno stesso destino (seppur solamente produttivo). Luoghi d’intenti condivisi, di visioni imprenditoriali e non solo, che si fanno organizzazioni della produzione e che si animano con il lavoro di molti. È una delle constatazioni, apparentemente paradossali, che è possibile fare osservando i sistemi produttivi dell’oggi. Nell’era della globalizzazione, della digitalizzazione, dell’immateriale produttivo, si torna a valorizzare il luogo di produzione. E non si tratta solamente del risultato di mode passeggere legate a particolari comparti produttivi. Si riscoprono, invece, anche i luoghi delle fabbriche. Torna a farsi sentire l’importanza della dimensione territoriale e comunitaria della produzione.

È attorno a questo nodo di idee che ruota “Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società” scritto a quattro mani da Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, rispettivamente direttore di AICCON, Centro Studi sul non profit e la cooperazione dell’Università di Bologna, e sociologo che si occupa da oltre vent’anni di terzo settore e impresa sociale.
La tesi del libro è semplice: sono i territori, i quartieri e le periferie, i luoghi privilegiati dove si sperimentano le innovazioni sociali da cui provengono gli impulsi più significativi allo sviluppo e al benessere. Anzi, mai come adesso la creazione di valore si gioca a livello territoriale e il destino delle imprese è legato a quello del contesto in cui operano. È la manifestazione di quella cultura del produrre radicata in ben determinati luoghi geografici, che trova il suo momento d’oro.
Secondo Venturi e Zandonai, ovviamente, mettere insieme luoghi fisici, persone, mercati, aziende e grandi movimenti globali, non è cosa semplice ma una sfida nella quale contano visioni, relazioni sociali, prodotti materiali e risorse immateriali, condizioni infrastrutturali e regole politiche. Il “dove” vivere e produrre viene così creato, racconta il libro, dall’insieme di apertura e coesione che fanno la differenza perché agiscono come meccanismi generativi di nuove infrastrutture sociali capaci di trasformare gli spazi in luoghi e ricreare quella che gli autori chiamano “ecologia delle relazioni” indispensabile alla vita in comune e allo sviluppo economico.

Un cammino che non è automatico, ma che va aiutato. Per questo gli autori arrivano a proporre un manifesto in tre punti (o tre manifesti come viene indicato nel libro), rivolti rispettivamente al mondo delle imprese (viste come comunità educanti), ai decisori politici (che sono chiamati a produrre misure in favore delle comunità) e al terzo settore.
Quando delineato da Venturi e Zandonai è un quadro complesso, non facile, con il quale molti dovranno fare i conti e altri non saranno pienamente d’accordo. Ma quanto descritto nel libro è certamente da considerare con attenzione.
Scrivono i due autori: “È (…) intorno alla rigenerazione dei luoghi che si gioca la partita decisiva: una sfida che chiama in causa quei beni intangibili come la partecipazione dei cittadini nei processi deliberativi e la coesione sociale che oggi è sotto attacco a causa delle crescenti disuguaglianze e della tendenza al ripiegamento delle comunità stesse. Oggi a dominare infatti sono comunità rancorose, che preferiscono investire il loro capitale di relazioni e fiducia internamente (bonding) e non per ampliare la propria connettività (bridging). E infatti è proprio intorno a un carattere aperto e connesso dei legami sociali che oggi si gioca la partita del «locale»: non solo per imprese e istituzioni ma anche per la società civile”.

Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società
Paolo Venturi, Flaviano Zandonai
Egea, 2019

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