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Sostenibilità, innovazione e creatività: dall’arredamento ecco le indicazioni per l’industria italiana

“I momenti di crisi raddoppiano la vitalità degli uomini”. La frase ottimistica di un grande scrittore americano, Paul Auster, è stata scelta da Silvana Annichiarico, direttrice del triennale Design Museum, come “exergo” della mostra aperta in occasione della Design Week, l’edizione 2014 del Salone del Mobile, nella prima metà d’aprile. Ed è una scelta opportuna. Perché connota una positiva caratteristica della migliore industria italiana: puntare su creatività e innovazione, qualità e sguardo internazionale, per cercare strade originali d’uscita da una crisi che ancora, in Italia, segna il mercato interno ma che può essere superata proprio con il contributo dell’espansione sui mercati esteri.

“Il Salone del Mobile e il Rinascimento della nostra creatività”, sostiene appunto un grande artista di fama internazionale, Michelangelo Pistoletto. Che coglie bene il senso della dimensione d’imprenditorialità e cultura che caratterizza in modo sempre più evidente la vitalità di uno dei pilastri del made in Italy (nel contesto vincente delle “quattro A” e cioè arredamento e poi abbigliamento, agro-industria e automazione meccanica, l’industria eccellente dei robot e dei macchinari, in cui ha gran peso anche la filiera delle macchine per la lavorazione del legno).

E’ parola oramai di moda, “Rinascimento”. Di “manifacturig reinassance”, rinascimento manifatturiero, parlano (in questo blog ne abbiamo dato spesso conto) gli studi economici di Harvard, per indicare la scelta Usa di ricominciare a investire sull’industria, favorendo il “back-shoring” e cioè il ritorno in patria della manifattura americana che era andata a cercare altrove migliori condizioni produttive. E su “orgoglio industriale” ed “eccellenza manifatturiera” insistono in Italia non solo parecchi dei migliori economisti, ma anche Confindustria e soprattutto le sue strutture territoriali più attive, a cominciare da Assolombarda. Cultura d’impresa e creatività. Qualità di prodotti e sistemi di produzione. E originalità del design. “Facciamo cultura d’impresa e non solo business”, conferma Claudio Luti, presidente della Kartell e guida del Cosmit, l’ente organizzatore del Salone del Mobile.

Ci sono altri grandi nomi della cultura, dell’architettura e del design a ribadire il giudizio positivo di Pistoletto. Mario Bellini nota come “qui a Milano si dà vita a idee di tutto il mondo” e Zaha Hadid rileva che “Milano è tappa obbligata per imparare”, mentre Doriana e Massimiliano Fuksas sottolineano l’importanza di “tradizione artigiana e innovazione”, David Chipperfield conferma che “le piccole e medie imprese italiane raggiungono risultati unici” e Daniel Libeskind scrive di “funzionalità ed estetica nel vostro Dna”, ricordando come “il design italiano è ancora competitivo sui mercati internazionali, grazie alla lunga storia e all’impegno in questo settore”.

La conferma viene dai numeri del Salone e della Design Week. 360mila visitatori, nell’edizione 2014, il 13% in più dell’anno precedente: architetti, designer, buyer, imprenditori, giornalisti specializzati. Il 70% viene dall’estero, non solo dai paesi Ue, ma anche da Cina e Russia, Brasile e India, Usa e paesi arabi. Il Salone del Mobile si conferma così la più grande manifestazione fieristica del settore nel mondo. E tutta la filiera italiana dell’arredamento può trarne vantaggi, confermando l’originalità positiva d’una situazione che vede ancora in primo piano l’indissolubile legame tra idea e produzione, il collegamento tra “la cultura del progetto” e la “cultura del prodotto” che si influenzano a vicenda, il rapporto attivo, da “cross fertilization”, tra lo studio del designer e la fabbrica, gli stimoli creativi più innovativi e l’opportunità di fare diventare le idee e i prototipi prodotti in grado di affrontare i mercati, dalle nicchie più sofisticate alle produzioni di più ampio consumo (sempre naturalmente nelle dimensioni del design).

Tre, le parole chiave che hanno trovato risalto durante la Design Week e indicato la direzione lungo cui continuerà a muoversi l’industria italiana dell’arredamento: sostenibilità, innovazione e formazione. Si riparte dalla tradizione artigiana, ma la si mette in strettissima relazione con le tecnologie produttive più avanzate, compreso il mondo in evoluzione delle “stampanti 3D”. Si lavora su una dimensione “green” di processi produttivi e prodotti. Si insiste sui materiali, dando centralità al legno, ma anche lavorando su plastiche, resine, metalli e su quanto laboratori di ricerca e altri settori industriali hanno scoperto e valorizzato, dalle nuove leghe ai composti più flessibili, resistenti e leggeri. E si studiano relazioni positive tra “la bottega” e “la fabbrica”, tra la ricerca più sofisticata e la produttività più promettente in termini di valore. E’ in questo contesto che la formazione ha un ruolo chiave: di preparazione di nuove leve di progettisti e di operatori dell’industria, di designer e di chimici che sappiano cosa fare con le nano-tecnologie, ma anche di riqualificazione di maestranze d’esperienza e d’eccellenza alla luce delle nuove scoperte hi tech.

Milano, con il suo distretto del mobile in Brianza, ma anche con i collegamenti con le altre due grandi aree produttive, il Veneto e le Marche, è il centro di questa strategia. C’è l’industria. E un mondo dei servizi esperto, legato all’arredamento, a cominciare appunto dal sistema fieristico. C’è un Politecnico di respiro internazionale, con una buona specializzazione in architettura e design. E c’è un robusto insieme di università con forte caratterizzazione sui temi dell’economia, ma anche delle scienze umane, indispensabili a una sofisticata creatività. C’è la finanza (utile, soprattutto se capirà come venire meglio incontro alle esigenze di crescita delle piccole e medie imprese e alla affermazione delle start up). C’è un dinamico settore di comunicazione e media. E una vivace presenza di luoghi d’eccellenza dell’arte contemporanea, stimolo innovativo essenziale. Quel che serve per rafforzare il made in Italy e dargli ancora maggiori prospettive internazionali.

“I momenti di crisi raddoppiano la vitalità degli uomini”. La frase ottimistica di un grande scrittore americano, Paul Auster, è stata scelta da Silvana Annichiarico, direttrice del triennale Design Museum, come “exergo” della mostra aperta in occasione della Design Week, l’edizione 2014 del Salone del Mobile, nella prima metà d’aprile. Ed è una scelta opportuna. Perché connota una positiva caratteristica della migliore industria italiana: puntare su creatività e innovazione, qualità e sguardo internazionale, per cercare strade originali d’uscita da una crisi che ancora, in Italia, segna il mercato interno ma che può essere superata proprio con il contributo dell’espansione sui mercati esteri.

“Il Salone del Mobile e il Rinascimento della nostra creatività”, sostiene appunto un grande artista di fama internazionale, Michelangelo Pistoletto. Che coglie bene il senso della dimensione d’imprenditorialità e cultura che caratterizza in modo sempre più evidente la vitalità di uno dei pilastri del made in Italy (nel contesto vincente delle “quattro A” e cioè arredamento e poi abbigliamento, agro-industria e automazione meccanica, l’industria eccellente dei robot e dei macchinari, in cui ha gran peso anche la filiera delle macchine per la lavorazione del legno).

E’ parola oramai di moda, “Rinascimento”. Di “manifacturig reinassance”, rinascimento manifatturiero, parlano (in questo blog ne abbiamo dato spesso conto) gli studi economici di Harvard, per indicare la scelta Usa di ricominciare a investire sull’industria, favorendo il “back-shoring” e cioè il ritorno in patria della manifattura americana che era andata a cercare altrove migliori condizioni produttive. E su “orgoglio industriale” ed “eccellenza manifatturiera” insistono in Italia non solo parecchi dei migliori economisti, ma anche Confindustria e soprattutto le sue strutture territoriali più attive, a cominciare da Assolombarda. Cultura d’impresa e creatività. Qualità di prodotti e sistemi di produzione. E originalità del design. “Facciamo cultura d’impresa e non solo business”, conferma Claudio Luti, presidente della Kartell e guida del Cosmit, l’ente organizzatore del Salone del Mobile.

Ci sono altri grandi nomi della cultura, dell’architettura e del design a ribadire il giudizio positivo di Pistoletto. Mario Bellini nota come “qui a Milano si dà vita a idee di tutto il mondo” e Zaha Hadid rileva che “Milano è tappa obbligata per imparare”, mentre Doriana e Massimiliano Fuksas sottolineano l’importanza di “tradizione artigiana e innovazione”, David Chipperfield conferma che “le piccole e medie imprese italiane raggiungono risultati unici” e Daniel Libeskind scrive di “funzionalità ed estetica nel vostro Dna”, ricordando come “il design italiano è ancora competitivo sui mercati internazionali, grazie alla lunga storia e all’impegno in questo settore”.

La conferma viene dai numeri del Salone e della Design Week. 360mila visitatori, nell’edizione 2014, il 13% in più dell’anno precedente: architetti, designer, buyer, imprenditori, giornalisti specializzati. Il 70% viene dall’estero, non solo dai paesi Ue, ma anche da Cina e Russia, Brasile e India, Usa e paesi arabi. Il Salone del Mobile si conferma così la più grande manifestazione fieristica del settore nel mondo. E tutta la filiera italiana dell’arredamento può trarne vantaggi, confermando l’originalità positiva d’una situazione che vede ancora in primo piano l’indissolubile legame tra idea e produzione, il collegamento tra “la cultura del progetto” e la “cultura del prodotto” che si influenzano a vicenda, il rapporto attivo, da “cross fertilization”, tra lo studio del designer e la fabbrica, gli stimoli creativi più innovativi e l’opportunità di fare diventare le idee e i prototipi prodotti in grado di affrontare i mercati, dalle nicchie più sofisticate alle produzioni di più ampio consumo (sempre naturalmente nelle dimensioni del design).

Tre, le parole chiave che hanno trovato risalto durante la Design Week e indicato la direzione lungo cui continuerà a muoversi l’industria italiana dell’arredamento: sostenibilità, innovazione e formazione. Si riparte dalla tradizione artigiana, ma la si mette in strettissima relazione con le tecnologie produttive più avanzate, compreso il mondo in evoluzione delle “stampanti 3D”. Si lavora su una dimensione “green” di processi produttivi e prodotti. Si insiste sui materiali, dando centralità al legno, ma anche lavorando su plastiche, resine, metalli e su quanto laboratori di ricerca e altri settori industriali hanno scoperto e valorizzato, dalle nuove leghe ai composti più flessibili, resistenti e leggeri. E si studiano relazioni positive tra “la bottega” e “la fabbrica”, tra la ricerca più sofisticata e la produttività più promettente in termini di valore. E’ in questo contesto che la formazione ha un ruolo chiave: di preparazione di nuove leve di progettisti e di operatori dell’industria, di designer e di chimici che sappiano cosa fare con le nano-tecnologie, ma anche di riqualificazione di maestranze d’esperienza e d’eccellenza alla luce delle nuove scoperte hi tech.

Milano, con il suo distretto del mobile in Brianza, ma anche con i collegamenti con le altre due grandi aree produttive, il Veneto e le Marche, è il centro di questa strategia. C’è l’industria. E un mondo dei servizi esperto, legato all’arredamento, a cominciare appunto dal sistema fieristico. C’è un Politecnico di respiro internazionale, con una buona specializzazione in architettura e design. E c’è un robusto insieme di università con forte caratterizzazione sui temi dell’economia, ma anche delle scienze umane, indispensabili a una sofisticata creatività. C’è la finanza (utile, soprattutto se capirà come venire meglio incontro alle esigenze di crescita delle piccole e medie imprese e alla affermazione delle start up). C’è un dinamico settore di comunicazione e media. E una vivace presenza di luoghi d’eccellenza dell’arte contemporanea, stimolo innovativo essenziale. Quel che serve per rafforzare il made in Italy e dargli ancora maggiori prospettive internazionali.

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