Cammini diversi, destini comuni
L’analisi della transizione all’economia circolare svela modalità differenti di sviluppo
La crescita e lo sviluppo non percorrono strade univoche. Certo, ci possono essere tratti comuni, ma il traguardo finale (che spesso non è uno solo), viene raggiunto partendo da condizioni diverse e percorrendo sentieri differenti. Questa condizione vale anche oggi. Basta pensare alle differenti modalità di diffusione di Industria 4.0 per capire subito meglio la situazione. Che vale anche per la transizione delle imprese esistenti verso l’economia circolare.
A mettere a fuoco la complessità dei percorsi possibili è stata Sabine Urban con il suo The Transition of Existing Businesses Towards the Circular Economy: Circular Corporate Entrepreneurship contributo di ricerca nell’ambito di Circular Entrepreneurship appena pubblicato.
L’idea di base della ricerca è semplice: la transizione delle imprese verso l’economia circolare non funziona secondo un unico tipo di processo. Tutto dipende dalla varietà delle condizioni specifiche delle singole realtà aziendali. Da qui l’indicazione di Sabine Urban: per comprendere davvero cosa sta accadendo occorre “scoprire l’economia reale” cercando di individuare i modelli che sottendono a soluzioni efficienti ed efficaci di sviluppo.
Il pregio della ricerca, sta quindi nella limitatezza della teoria e nell’ampiezza della pratica. La prima sezione è dedicata alle grandi multinazionali, SUEZ e Saint-Gobain, assunte come precursori dell’economia circolare sulla base di percorsi evolutivi diversi. SUEZ ha promosso una radicale “rivoluzione delle risorse”; Saint-Gobain, fondata nel 1665, sta scegliendo l’innovazione di processo come strada per l’economia circolare. La seconda sezione della ricerca si concentra invece su due aziende di successo a conduzione familiare: il gruppo Hager e Soprema. Anche in questi due casi, lo stesso traguardo viene raggiunto partendo da condizioni e tradizioni simili ma con forti connotazioni specifiche basate sulle storie familiari e d’impresa. La terza sezione esamina problemi organizzativi per aziende molto grandi (come Engie) e piccole e agili (come EIM).
Leggere il lavoro di Sabine Urban è utile non solo per i singoli casi d’impresa che approfondisce, ma anche per comprendere meglio il ruolo di differenti colture del produrre a confronto con le nuove sfide dell’economia.
Sabine Urban
in AA.VV., Circular Entrepreneurship, Springer, 2019
L’analisi della transizione all’economia circolare svela modalità differenti di sviluppo
La crescita e lo sviluppo non percorrono strade univoche. Certo, ci possono essere tratti comuni, ma il traguardo finale (che spesso non è uno solo), viene raggiunto partendo da condizioni diverse e percorrendo sentieri differenti. Questa condizione vale anche oggi. Basta pensare alle differenti modalità di diffusione di Industria 4.0 per capire subito meglio la situazione. Che vale anche per la transizione delle imprese esistenti verso l’economia circolare.
A mettere a fuoco la complessità dei percorsi possibili è stata Sabine Urban con il suo The Transition of Existing Businesses Towards the Circular Economy: Circular Corporate Entrepreneurship contributo di ricerca nell’ambito di Circular Entrepreneurship appena pubblicato.
L’idea di base della ricerca è semplice: la transizione delle imprese verso l’economia circolare non funziona secondo un unico tipo di processo. Tutto dipende dalla varietà delle condizioni specifiche delle singole realtà aziendali. Da qui l’indicazione di Sabine Urban: per comprendere davvero cosa sta accadendo occorre “scoprire l’economia reale” cercando di individuare i modelli che sottendono a soluzioni efficienti ed efficaci di sviluppo.
Il pregio della ricerca, sta quindi nella limitatezza della teoria e nell’ampiezza della pratica. La prima sezione è dedicata alle grandi multinazionali, SUEZ e Saint-Gobain, assunte come precursori dell’economia circolare sulla base di percorsi evolutivi diversi. SUEZ ha promosso una radicale “rivoluzione delle risorse”; Saint-Gobain, fondata nel 1665, sta scegliendo l’innovazione di processo come strada per l’economia circolare. La seconda sezione della ricerca si concentra invece su due aziende di successo a conduzione familiare: il gruppo Hager e Soprema. Anche in questi due casi, lo stesso traguardo viene raggiunto partendo da condizioni e tradizioni simili ma con forti connotazioni specifiche basate sulle storie familiari e d’impresa. La terza sezione esamina problemi organizzativi per aziende molto grandi (come Engie) e piccole e agili (come EIM).
Leggere il lavoro di Sabine Urban è utile non solo per i singoli casi d’impresa che approfondisce, ma anche per comprendere meglio il ruolo di differenti colture del produrre a confronto con le nuove sfide dell’economia.
Sabine Urban
in AA.VV., Circular Entrepreneurship, Springer, 2019