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Come si trasmette la sapienza produttiva

La cultura della buona impresa si coglie anche dall’attenzione alla trasmissione della sapienza produttiva. E’ il tema del passaggio generazionale. Che non si esplicita solamente nel rapporto fra padri imprenditori e figli che dovrebbero essere tali, ma anche nei legami e nei meccanismi che si instaurano nelle diverse generazioni di lavoratori all’interno dell’impresa. Dal buon passaggio generazionale, d’altra parte, deriva anche la trasmissione stessa della cultura d’impresa.

E’ importante quindi capire a che punto stanno le imprese italiane dal punto di vista delle politiche di age management. Ed è utile allora leggere i risultati della ricerca “Rilevazione delle buone pratiche realizzate da imprese private per fronteggiare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro” curata dalla Struttura Lavoro e professioni dell’ISFOL  resa possibile dal Fondo sociale europeo 2007-2013 e conclusa nel 2015. La sintesi del lavoro è contenuta in “L’age management nelle grandi imprese italiane: i risultati di un’indagine qualitativa”, pubblicato a cura di Maria Luisa Aversa, Luisa D’Agostino e Maria Parente.

L’obiettivo della ricerca era appunto quello di evidenziare le soluzioni adottate dagli attori del tessuto produttivo per il mantenimento oppure il reinserimento e la valorizzazione professionale dei lavoratori maturi nel mercato del lavoro. Si è trattato di una indagine di tipo qualitativo, che ha coinvolto le realtà produttive dei settori dell’industria e dei servizi maggiormente significativi rispetto al tema dell’invecchiamento della forza lavoro. Un fenomeno, viene precisato nello studio, dovuto non solo al trascorrere degli anni ma anche a ragioni legate alla continua evoluzione tecnologica, alla presenza di lavori particolarmente usuranti oppure ancora da una particolare organizzazione dei processi produttivi.

La ricerca si articola in una prima parte nella quale viene messo a fuoco il “fattore età” nella grande impresa italiana. Successivamente viene descritto il metodo con il quale la stessa ricerca è stata svolta e quindi i risultati. Importanti sono anche alcuni casi studio come quelli di Telecom, Reale Mutua Assicurazioni, Gruppo Hera, Informatica Trentina, Novartis Farma, UBI Banca, IBM Italia, Intesa Sanpaolo.

Dal lavoro è emerso che, al di là delle esperienze più strutturate e consolidate, identificate come “buone prassi”, esiste una presenza significativa di “prassi promettenti” (promising practice). La ricerca di ISFOL, quindi, individua almeno tre gruppi di soluzioni adottate che fanno capo alla formazione, alla valorizzazione dell’esperienza aziendale e al sostegno fornito al dialogo generazionale. Ciò che più conta però, è la capacità acquisita dalla stessa cultura d’impresa di vedere il tema in maniera diversa da quella tradizionale (un problema di ricambio di personale), percorrendo due strade: una prima che consiste in un “approccio positivo, che rilegge l’invecchiamento come opportunità di valorizzazione piuttosto che come problema da risolvere” e una seconda che parte da un “approccio intergenerazionale, che considera la gestione dell’età lungo tutto l’arco della vita lavorativa delle persone e concepisce interventi rivolti alla totalità della popolazione aziendale, eventualmente modulati e differenziati per classe di età, ove necessario”.

Il lavoro condotto da ISFOL è quindi una lettura da fare con attenzione e che racconta la crescente e diffusa attenzione da parte delle grandi imprese italiane verso una gestione più responsabile della forza lavoro matura e del ciclo professionale nel suo insieme.

L’age management nelle grandi imprese italiane: i risultati di un’indagine qualitativa

a cura di Maria Luisa Aversa, Luisa D’Agostino e Maria Parente

ISFOL, 2015

La cultura della buona impresa si coglie anche dall’attenzione alla trasmissione della sapienza produttiva. E’ il tema del passaggio generazionale. Che non si esplicita solamente nel rapporto fra padri imprenditori e figli che dovrebbero essere tali, ma anche nei legami e nei meccanismi che si instaurano nelle diverse generazioni di lavoratori all’interno dell’impresa. Dal buon passaggio generazionale, d’altra parte, deriva anche la trasmissione stessa della cultura d’impresa.

E’ importante quindi capire a che punto stanno le imprese italiane dal punto di vista delle politiche di age management. Ed è utile allora leggere i risultati della ricerca “Rilevazione delle buone pratiche realizzate da imprese private per fronteggiare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro” curata dalla Struttura Lavoro e professioni dell’ISFOL  resa possibile dal Fondo sociale europeo 2007-2013 e conclusa nel 2015. La sintesi del lavoro è contenuta in “L’age management nelle grandi imprese italiane: i risultati di un’indagine qualitativa”, pubblicato a cura di Maria Luisa Aversa, Luisa D’Agostino e Maria Parente.

L’obiettivo della ricerca era appunto quello di evidenziare le soluzioni adottate dagli attori del tessuto produttivo per il mantenimento oppure il reinserimento e la valorizzazione professionale dei lavoratori maturi nel mercato del lavoro. Si è trattato di una indagine di tipo qualitativo, che ha coinvolto le realtà produttive dei settori dell’industria e dei servizi maggiormente significativi rispetto al tema dell’invecchiamento della forza lavoro. Un fenomeno, viene precisato nello studio, dovuto non solo al trascorrere degli anni ma anche a ragioni legate alla continua evoluzione tecnologica, alla presenza di lavori particolarmente usuranti oppure ancora da una particolare organizzazione dei processi produttivi.

La ricerca si articola in una prima parte nella quale viene messo a fuoco il “fattore età” nella grande impresa italiana. Successivamente viene descritto il metodo con il quale la stessa ricerca è stata svolta e quindi i risultati. Importanti sono anche alcuni casi studio come quelli di Telecom, Reale Mutua Assicurazioni, Gruppo Hera, Informatica Trentina, Novartis Farma, UBI Banca, IBM Italia, Intesa Sanpaolo.

Dal lavoro è emerso che, al di là delle esperienze più strutturate e consolidate, identificate come “buone prassi”, esiste una presenza significativa di “prassi promettenti” (promising practice). La ricerca di ISFOL, quindi, individua almeno tre gruppi di soluzioni adottate che fanno capo alla formazione, alla valorizzazione dell’esperienza aziendale e al sostegno fornito al dialogo generazionale. Ciò che più conta però, è la capacità acquisita dalla stessa cultura d’impresa di vedere il tema in maniera diversa da quella tradizionale (un problema di ricambio di personale), percorrendo due strade: una prima che consiste in un “approccio positivo, che rilegge l’invecchiamento come opportunità di valorizzazione piuttosto che come problema da risolvere” e una seconda che parte da un “approccio intergenerazionale, che considera la gestione dell’età lungo tutto l’arco della vita lavorativa delle persone e concepisce interventi rivolti alla totalità della popolazione aziendale, eventualmente modulati e differenziati per classe di età, ove necessario”.

Il lavoro condotto da ISFOL è quindi una lettura da fare con attenzione e che racconta la crescente e diffusa attenzione da parte delle grandi imprese italiane verso una gestione più responsabile della forza lavoro matura e del ciclo professionale nel suo insieme.

L’age management nelle grandi imprese italiane: i risultati di un’indagine qualitativa

a cura di Maria Luisa Aversa, Luisa D’Agostino e Maria Parente

ISFOL, 2015

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