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Legalità a Milano tra indagini antimafia e maggiore efficienza giudiziaria (anche con arbitrati e mediazioni)

Legalità, tre sguardi da Milano. Sui punti di crisi (la presenza mafiosa nei gangli dell’economia) e sulle buone risposte istituzionali, politiche e culturali per un migliore funzionamento della giustizia.

Il primo è un allarme. Viene da Antonio De Iesu, questore: “La ‘ndrangheta oggi non spara e non uccide. Investe. Gestisce usura, penetra nell’economia reale. In molti casi gli imprenditori fanno il patto con il diavolo. Ed è difficile seguirne i flussi finanziari”. Se ne parla alla Giornata della legalità e della giustizia, sabato 21. E l’allarme va raccolto, da chi ha a cuore la qualità dello sviluppo di Milano, sapendo bene quanto stretti siano i nessi tra legalità e competitività, lotta contro la mafia e crescita economica equilibrata (Assolombarda è da anni in prima fila, in solido raccordo con le istituzioni). Insiste De Iesu: “Si è sempre detto che qui a Milano la mafia non esiste. Ma esisteva. E’ presente nel Nord e si è consolidata. E’ sangue, è prevaricazione, è ferocia di uomini che non hanno alcun rispetto per gli altri”. Ed è economia nera, illecita, stravolgente. Ancora De Iesu: “L’obiettivo delle mafie è fare business. Se gli togli l’ossigeno hai tolto la loro ragione di vita criminale”.

Ecco il punto, l’obiettivo su cui convergere tra istituzioni, soggetti dell’economia legale, cultura: togliere l’ossigeno. Indagini recenti della Procura della Repubblica hanno messo in evidenza i sospetti di legami tra imprenditori legati al boss mafioso Matteo Messina Denaro (capo sanguinario di Cosa Nostra, da anni latitante), un consorzio di cooperative milanesi e una società della Fiera di Milano, la Nolostand. Notizia inquietante, la presenza di uomini di Messina Denaro in uno dei cardini dell’economia della metropoli, un simbolo di milanesità. Relazione criminale da chiarire e interrompere, rischi di inquinamento su cui essere severissimi. Cosa Nostra a Milano non è tramontata. I rapporti con la ‘ndrangheta, evidenti in altre aree d’Italia, vengono in luce anche qui. E vanno recisi. Impegno investigativo e giudiziario, essenziale. Ma anche economico e civile. Serve diffondere la consapevolezza dei rischi per l’economia (Assolombarda li ha ripetuti, negli incontri degli ultimi due anni con oltre 600 imprenditori). E dare forza a chi, nelle istituzioni, si impegna con chiarezza. Sostiene il sindaco di Milano Beppe Sala: “La legalità va gestita in ogni luogo e in ogni momento. Il rischio ci sarà sempre. Ma se Milano riuscirà a essere un modello di legalità, l’Italia sarà un po’ costretta a seguirla e ad imparare. Vorrei che i miei cittadini si sentissero leader nella capacità di vivere una socialità corretta”.

Molto si muove, per fortuna, a Milano, contro la mafia. Strutture investigative e giudiziarie a parte, sono attivi circoli, gruppi, attori economici e sociali. Una vivace società civile.

Una buona notizia arriva anche dall’Università. Ecco il secondo sguardo, positivo: la nascita, alla Statale, di un dottorato di ricerca sulla criminalità organizzata, con sei borse di studio finanziate dall’Ateneo, dalla Regione Lombardia e dalla Commissione Parlamentare Antimafia. “Gli studi sulla mafia non sono più figli di un dio minore e questo progetto lo dimostra”, commenta Nando Dalla Chiesa, professore universitario, anima dell’iniziativa.

Indagini antimafia. Cultura. E migliore funzionamento generale della giustizia a Milano. E’ il terzo sguardo da cogliere.

In attesa della cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, sabato 28, alcuni dati appena resi noti possono fare riflettere. L’Italia, documenta una ricerca di ItaliaDecide (un’associazione guidata dall’ex presidente della Camera dei deputati Luciano Violante) presentata a Milano il 20 gennaio, insieme ad Intesa San Paolo, su cifre del ministero della Giustizia, ha recuperato posizioni su Francia e Germania, rispetto all’efficienza della macchina giudiziaria. Le pendenze in primo grado della giustizia civile italiana sono passate da 3milioni 800mila del 2010 a 2milioni 760mila del 2014, con un buon taglio di un milione di casi, mentre quelle francesi sono salite da 1milione 350 mila a 1milione 570mila. Quelle tedesche sono passate da 798mila a 744mila. Interessante il dato disaggregato. “I magistrati italiani hanno adesso il primato di produttività tra tutti i paesi del Consiglio d’Europa. E se la Banca Mondiale, per le sue classifiche sull’efficienza della giustizia prendesse non le capitali ma i tribunali di Milano, Torino o Genova, l’Italia sarebbe subito alle spalle della Francia e davanti alla Germania, per tempi medi”, sostiene Fabio Bartolomeo, responsabile della statistica al ministero della Giustizia.

C’è un secondo dato importante, per Milano. Riguarda la stabilità delle sentenze, cioè la percentuale della conferma in Appello delle decisioni in primo grado: la media nazionale è del 53%, quella milanese del 55% (fanno meglio solo Torino con il 59% e Bologna con il 58%). E’ un segno di maggiore certezza del diritto. Una condizione che interessa molto il mondo delle imprese. L’Italia della giustizia è “a macchie di leopardo”, sostiene la ricerca di ItaliaDecide, con tribunali lentissimi ma altri (Torino e Milano, a paragone con Parigi, Belino e Madrid) in grado di tenere testa alle prestazioni giudiziarie dei principali paesi europei.

Sono sul tappeto questioni di riforme da avviare (la giustizia penale) e da completare e attuare (la giustizia civile). Ma anche temi di organizzazione dei tribunali, di efficienza della macchina (a Milano, come si denuncia da tempo, mancano magistrati e cancellieri, personale specializzato per aprire le “buste digitali” del processo telematico). E c’è ancora un punto, che mostra il miglioramento della giustizia a Milano: il crescente ricorso agli “strumenti alternativi di giustizia”, le mediazioni e gli arbitrati. Un altro tema che sta particolarmente a cuore al mondo dell’economia, alle imprese.

Riflettendo sui dati della Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio, sono due i risultati importanti già raggiunti. Tempi e costi contenuti per la risoluzione di tutte le controversie civili e commerciali. E un effetto di deflazione del contenzioso che sovraccarica la Giustizia ordinaria.

Cominciamo dalla mediazione. Quando le parti decidono di avviarne una (una parte terza, neutrale, cerca di fare arrivare a un’intesa i contendenti) la percentuale di accordi, nel caso della Camera Arbitrale di Milano, è superiore al 70%. I tempi per giungere alla conclusione di una mediazione arrivano a circa 60 giorni, 90 nei casi più complessi. Giorni, non anni (come per le sentenze giudiziarie). I costi (cioè le spese di mediazione per ciascuna parte) sono molto contenuti e comunque noti fin dall’avvio del procedimento: per una lite di valore dai 20mila ai 100mila euro, si va da un minimo di 350 euro a una massimo di 2mila euro circa. Per le liti più importanti, di 2milioni di euro d’importo, i costi massimi sfiorano i 6mila euro. Il 4% dei casi di mediazione sono di natura internazionale (almeno una delle parti è straniera), con una percentuale di accordo del 66%. Costi bassi e tempi brevi. La Camera Arbitrale di Milano, nel corso degli ultimi anni, ha visto crescere le sue attività.

E l’arbitrato (le parti in lite si affidano al giudizio di arbitri nominati concordemente, dall’”arbitro unico” al “collegio” di tre arbitri)? Nel 2015 la durata media dei procedimenti arbitrali è stata di 14 mesi. Ma spesso le parti, nel corso del procedimento, trovano una soluzione bonaria che pone fine alla vertenza. Negli ultimi anni la percentuale dei casi che si concludono con un lodo (il giudizio finale dell’arbitrato) non ha superato il 47%. Il raggiungimento di un accordo transattivo consente peraltro alle parti un risparmio di tempi e costi. “Spesso l’arbitrato risulta lo strumento ideale per la risoluzione delle controversie internazionali, poiché consente di sfuggire alle incognite di un giudizio condotto in un paese straniero, che potrebbe rivelarsi ostico sotto il profilo linguistico, processuale e sostanziale, ma anche ‘ambientale’”, si commenta in Assolombarda (che della Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio è grande sostenitrice).

E i costi? Da un minimo di 500 euro per ciascuna parte a un massimo di 2mila euro per liti del valore di 20mila euro. E da un minimo di 21mila euro a un massimo di 59mila per liti del valore di 2milioni. Anche in questo caso, costi contenuti e tempi rapidi. Un gran vantaggio rispetto all’ordinaria giustizia civile. Documentato da una recente pubblicazione di Assolombarda: “Tribunale delle Imprese, arbitrato, mediazione: opportunità per le imprese”. Milano, appunto, è esemplare, un punto di riferimento per il resto del Paese. Legalità come valore, naturalmente. Ma anche come condizione essenziale di competitività. E di sviluppo.

Legalità, tre sguardi da Milano. Sui punti di crisi (la presenza mafiosa nei gangli dell’economia) e sulle buone risposte istituzionali, politiche e culturali per un migliore funzionamento della giustizia.

Il primo è un allarme. Viene da Antonio De Iesu, questore: “La ‘ndrangheta oggi non spara e non uccide. Investe. Gestisce usura, penetra nell’economia reale. In molti casi gli imprenditori fanno il patto con il diavolo. Ed è difficile seguirne i flussi finanziari”. Se ne parla alla Giornata della legalità e della giustizia, sabato 21. E l’allarme va raccolto, da chi ha a cuore la qualità dello sviluppo di Milano, sapendo bene quanto stretti siano i nessi tra legalità e competitività, lotta contro la mafia e crescita economica equilibrata (Assolombarda è da anni in prima fila, in solido raccordo con le istituzioni). Insiste De Iesu: “Si è sempre detto che qui a Milano la mafia non esiste. Ma esisteva. E’ presente nel Nord e si è consolidata. E’ sangue, è prevaricazione, è ferocia di uomini che non hanno alcun rispetto per gli altri”. Ed è economia nera, illecita, stravolgente. Ancora De Iesu: “L’obiettivo delle mafie è fare business. Se gli togli l’ossigeno hai tolto la loro ragione di vita criminale”.

Ecco il punto, l’obiettivo su cui convergere tra istituzioni, soggetti dell’economia legale, cultura: togliere l’ossigeno. Indagini recenti della Procura della Repubblica hanno messo in evidenza i sospetti di legami tra imprenditori legati al boss mafioso Matteo Messina Denaro (capo sanguinario di Cosa Nostra, da anni latitante), un consorzio di cooperative milanesi e una società della Fiera di Milano, la Nolostand. Notizia inquietante, la presenza di uomini di Messina Denaro in uno dei cardini dell’economia della metropoli, un simbolo di milanesità. Relazione criminale da chiarire e interrompere, rischi di inquinamento su cui essere severissimi. Cosa Nostra a Milano non è tramontata. I rapporti con la ‘ndrangheta, evidenti in altre aree d’Italia, vengono in luce anche qui. E vanno recisi. Impegno investigativo e giudiziario, essenziale. Ma anche economico e civile. Serve diffondere la consapevolezza dei rischi per l’economia (Assolombarda li ha ripetuti, negli incontri degli ultimi due anni con oltre 600 imprenditori). E dare forza a chi, nelle istituzioni, si impegna con chiarezza. Sostiene il sindaco di Milano Beppe Sala: “La legalità va gestita in ogni luogo e in ogni momento. Il rischio ci sarà sempre. Ma se Milano riuscirà a essere un modello di legalità, l’Italia sarà un po’ costretta a seguirla e ad imparare. Vorrei che i miei cittadini si sentissero leader nella capacità di vivere una socialità corretta”.

Molto si muove, per fortuna, a Milano, contro la mafia. Strutture investigative e giudiziarie a parte, sono attivi circoli, gruppi, attori economici e sociali. Una vivace società civile.

Una buona notizia arriva anche dall’Università. Ecco il secondo sguardo, positivo: la nascita, alla Statale, di un dottorato di ricerca sulla criminalità organizzata, con sei borse di studio finanziate dall’Ateneo, dalla Regione Lombardia e dalla Commissione Parlamentare Antimafia. “Gli studi sulla mafia non sono più figli di un dio minore e questo progetto lo dimostra”, commenta Nando Dalla Chiesa, professore universitario, anima dell’iniziativa.

Indagini antimafia. Cultura. E migliore funzionamento generale della giustizia a Milano. E’ il terzo sguardo da cogliere.

In attesa della cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, sabato 28, alcuni dati appena resi noti possono fare riflettere. L’Italia, documenta una ricerca di ItaliaDecide (un’associazione guidata dall’ex presidente della Camera dei deputati Luciano Violante) presentata a Milano il 20 gennaio, insieme ad Intesa San Paolo, su cifre del ministero della Giustizia, ha recuperato posizioni su Francia e Germania, rispetto all’efficienza della macchina giudiziaria. Le pendenze in primo grado della giustizia civile italiana sono passate da 3milioni 800mila del 2010 a 2milioni 760mila del 2014, con un buon taglio di un milione di casi, mentre quelle francesi sono salite da 1milione 350 mila a 1milione 570mila. Quelle tedesche sono passate da 798mila a 744mila. Interessante il dato disaggregato. “I magistrati italiani hanno adesso il primato di produttività tra tutti i paesi del Consiglio d’Europa. E se la Banca Mondiale, per le sue classifiche sull’efficienza della giustizia prendesse non le capitali ma i tribunali di Milano, Torino o Genova, l’Italia sarebbe subito alle spalle della Francia e davanti alla Germania, per tempi medi”, sostiene Fabio Bartolomeo, responsabile della statistica al ministero della Giustizia.

C’è un secondo dato importante, per Milano. Riguarda la stabilità delle sentenze, cioè la percentuale della conferma in Appello delle decisioni in primo grado: la media nazionale è del 53%, quella milanese del 55% (fanno meglio solo Torino con il 59% e Bologna con il 58%). E’ un segno di maggiore certezza del diritto. Una condizione che interessa molto il mondo delle imprese. L’Italia della giustizia è “a macchie di leopardo”, sostiene la ricerca di ItaliaDecide, con tribunali lentissimi ma altri (Torino e Milano, a paragone con Parigi, Belino e Madrid) in grado di tenere testa alle prestazioni giudiziarie dei principali paesi europei.

Sono sul tappeto questioni di riforme da avviare (la giustizia penale) e da completare e attuare (la giustizia civile). Ma anche temi di organizzazione dei tribunali, di efficienza della macchina (a Milano, come si denuncia da tempo, mancano magistrati e cancellieri, personale specializzato per aprire le “buste digitali” del processo telematico). E c’è ancora un punto, che mostra il miglioramento della giustizia a Milano: il crescente ricorso agli “strumenti alternativi di giustizia”, le mediazioni e gli arbitrati. Un altro tema che sta particolarmente a cuore al mondo dell’economia, alle imprese.

Riflettendo sui dati della Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio, sono due i risultati importanti già raggiunti. Tempi e costi contenuti per la risoluzione di tutte le controversie civili e commerciali. E un effetto di deflazione del contenzioso che sovraccarica la Giustizia ordinaria.

Cominciamo dalla mediazione. Quando le parti decidono di avviarne una (una parte terza, neutrale, cerca di fare arrivare a un’intesa i contendenti) la percentuale di accordi, nel caso della Camera Arbitrale di Milano, è superiore al 70%. I tempi per giungere alla conclusione di una mediazione arrivano a circa 60 giorni, 90 nei casi più complessi. Giorni, non anni (come per le sentenze giudiziarie). I costi (cioè le spese di mediazione per ciascuna parte) sono molto contenuti e comunque noti fin dall’avvio del procedimento: per una lite di valore dai 20mila ai 100mila euro, si va da un minimo di 350 euro a una massimo di 2mila euro circa. Per le liti più importanti, di 2milioni di euro d’importo, i costi massimi sfiorano i 6mila euro. Il 4% dei casi di mediazione sono di natura internazionale (almeno una delle parti è straniera), con una percentuale di accordo del 66%. Costi bassi e tempi brevi. La Camera Arbitrale di Milano, nel corso degli ultimi anni, ha visto crescere le sue attività.

E l’arbitrato (le parti in lite si affidano al giudizio di arbitri nominati concordemente, dall’”arbitro unico” al “collegio” di tre arbitri)? Nel 2015 la durata media dei procedimenti arbitrali è stata di 14 mesi. Ma spesso le parti, nel corso del procedimento, trovano una soluzione bonaria che pone fine alla vertenza. Negli ultimi anni la percentuale dei casi che si concludono con un lodo (il giudizio finale dell’arbitrato) non ha superato il 47%. Il raggiungimento di un accordo transattivo consente peraltro alle parti un risparmio di tempi e costi. “Spesso l’arbitrato risulta lo strumento ideale per la risoluzione delle controversie internazionali, poiché consente di sfuggire alle incognite di un giudizio condotto in un paese straniero, che potrebbe rivelarsi ostico sotto il profilo linguistico, processuale e sostanziale, ma anche ‘ambientale’”, si commenta in Assolombarda (che della Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio è grande sostenitrice).

E i costi? Da un minimo di 500 euro per ciascuna parte a un massimo di 2mila euro per liti del valore di 20mila euro. E da un minimo di 21mila euro a un massimo di 59mila per liti del valore di 2milioni. Anche in questo caso, costi contenuti e tempi rapidi. Un gran vantaggio rispetto all’ordinaria giustizia civile. Documentato da una recente pubblicazione di Assolombarda: “Tribunale delle Imprese, arbitrato, mediazione: opportunità per le imprese”. Milano, appunto, è esemplare, un punto di riferimento per il resto del Paese. Legalità come valore, naturalmente. Ma anche come condizione essenziale di competitività. E di sviluppo.

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