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Letteratura di fabbrica

Un libro appena pubblicato racconta il connubio felice fra lettere e impresa

L’impresa come luogo di cultura. La fabbrica come centro di produzione ma anche di pensiero. E il contorno ad essa come ambito per un’efficace produzione d’altro: letteratura, arte, filosofia, politica, scienza. A ben vedere, molte sono ormai le imprese che concretizzano tutto questo.  Ma ve ne sono alcune che continuano ad essere d’esempio. E’ il caso della Olivetti di Ivrea. Fabbrica per eccellenza eppure centro di una cultura forte, che si è tramandata negli anni, ben dopo la fabbrica stessa.

Tutto questo rivive in “La letteratura al tempo di Adriano Olivetti”, libro scritto da Giuseppe Lupo e appena stampato.

Lupo insegna Letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano, è scrittore ma, in questo caso, è soprattutto da esperto di letteratura industriale che ha composto un volume che non è facile affrontare di getto, ma che va letto con cura (magari riletto in alcuni passaggi), per comprendere quanto la fabbrica – una certa fabbrica -, possa significare per le buone lettere.

Lupo prima di tutto racconta della vicenda della rivista “Comunità”. Di come questo esperimento tutto sommato durato molti anni, sia nato, cresciuto e si sia sviluppato con fasi e tempi diversi fra di loro. E’ da lì che buona parte dell’attività più spiccatamente letteraria di Adriano Olivetti ha preso moto e forma. Con tutti i contrasti del caso. Tutto, finemente raccontato da Lupo che riesce ad approfondire quando serve farlo e a fissare in poche riga un’immagine, un’idea importante. Come quando scrive: “Il programma che sostiene il periodico è chiaro sin dal primo numero e si presenta con tutta la sua forza propositiva, utopica e profetica, nell’articolo che Ignazio Silone consegna ai lettori sotto un titolo suggestivo, colmo di speranza cristiana: Il mondo che nasce”. Già, perché come per altre (poche) imprese, anche attorno alla Olivetti ruotano alcuni dei migliori nomi della letteratura e della cultura italiana e straniera.

Lupo quindi racconta il dipanarsi della vicenda che lega Adriano Olivetti e la sua fabbrica alla letteratura. Dopo  “Comunità”, infatti, Lupo racconta del modo di intendere la letteratura da parte del circolo che Olivetti riesce a costruire e poi di come le influenze di queste sia siano fatte sentire e si siano intrecciate con il resto della letteratura italiana del dopoguerra. Arrivando anche a raccontare come la stessa figura di Adriano Olivetti sia stata colta in vario modo da alcuni dei più noti testi letterari del dopoguerra.

Lo abbiamo già detto, il libro di Giuseppe Lupo non sempre è di facilissima lettura, ma chi voglia davvero arrivare al succo della cultura d’impresa della Olivetti, cioè di una grande azienda, non può fare  a meno di leggerlo. Anche solo per arrivare a pagine dense di significato come quella in cui viene riportato un ritratto di Olivetti per le vie di Roma contenuto in Lessico famigliare di Natalia Ginzburg: “Era a piedi; andava solo, col suo passo randagio; gli occhi perduti nei suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio”.

La letteratura ai tempi di Adriano Olivetti

Giuseppe Lupo

Edizioni di Comunità, 2016

Un libro appena pubblicato racconta il connubio felice fra lettere e impresa

L’impresa come luogo di cultura. La fabbrica come centro di produzione ma anche di pensiero. E il contorno ad essa come ambito per un’efficace produzione d’altro: letteratura, arte, filosofia, politica, scienza. A ben vedere, molte sono ormai le imprese che concretizzano tutto questo.  Ma ve ne sono alcune che continuano ad essere d’esempio. E’ il caso della Olivetti di Ivrea. Fabbrica per eccellenza eppure centro di una cultura forte, che si è tramandata negli anni, ben dopo la fabbrica stessa.

Tutto questo rivive in “La letteratura al tempo di Adriano Olivetti”, libro scritto da Giuseppe Lupo e appena stampato.

Lupo insegna Letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano, è scrittore ma, in questo caso, è soprattutto da esperto di letteratura industriale che ha composto un volume che non è facile affrontare di getto, ma che va letto con cura (magari riletto in alcuni passaggi), per comprendere quanto la fabbrica – una certa fabbrica -, possa significare per le buone lettere.

Lupo prima di tutto racconta della vicenda della rivista “Comunità”. Di come questo esperimento tutto sommato durato molti anni, sia nato, cresciuto e si sia sviluppato con fasi e tempi diversi fra di loro. E’ da lì che buona parte dell’attività più spiccatamente letteraria di Adriano Olivetti ha preso moto e forma. Con tutti i contrasti del caso. Tutto, finemente raccontato da Lupo che riesce ad approfondire quando serve farlo e a fissare in poche riga un’immagine, un’idea importante. Come quando scrive: “Il programma che sostiene il periodico è chiaro sin dal primo numero e si presenta con tutta la sua forza propositiva, utopica e profetica, nell’articolo che Ignazio Silone consegna ai lettori sotto un titolo suggestivo, colmo di speranza cristiana: Il mondo che nasce”. Già, perché come per altre (poche) imprese, anche attorno alla Olivetti ruotano alcuni dei migliori nomi della letteratura e della cultura italiana e straniera.

Lupo quindi racconta il dipanarsi della vicenda che lega Adriano Olivetti e la sua fabbrica alla letteratura. Dopo  “Comunità”, infatti, Lupo racconta del modo di intendere la letteratura da parte del circolo che Olivetti riesce a costruire e poi di come le influenze di queste sia siano fatte sentire e si siano intrecciate con il resto della letteratura italiana del dopoguerra. Arrivando anche a raccontare come la stessa figura di Adriano Olivetti sia stata colta in vario modo da alcuni dei più noti testi letterari del dopoguerra.

Lo abbiamo già detto, il libro di Giuseppe Lupo non sempre è di facilissima lettura, ma chi voglia davvero arrivare al succo della cultura d’impresa della Olivetti, cioè di una grande azienda, non può fare  a meno di leggerlo. Anche solo per arrivare a pagine dense di significato come quella in cui viene riportato un ritratto di Olivetti per le vie di Roma contenuto in Lessico famigliare di Natalia Ginzburg: “Era a piedi; andava solo, col suo passo randagio; gli occhi perduti nei suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio”.

La letteratura ai tempi di Adriano Olivetti

Giuseppe Lupo

Edizioni di Comunità, 2016

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