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Abitare la tecnica senza rinunciare all’umano

Un nuovo libro rilegge la vicenda di Adriano Olivetti in modo diverso dal solito

Cultura a tutto tondo. Anche in fabbrica. L’esempio più classico è certamente quello della Olivetti di Adriano Olivetti. Fabbrica e impresa mitica, quasi trasfigurata a seconda di chi la descrive. Esperienza da conoscere a fondo, non per giudicarla ma per comprenderla bene, senza falsità. A questo serve leggere “Memoria imperfetta. La comunità Olivetti e il mondo nuovo” scritto con passione da Antonella Tarpino, storica e saggista ma soprattutto, in questo caso, “bambina Olivetti” e cioè figlia di un dipendente dell’azienda e quindi posta in condizione di vivere direttamente quel clima olivettiano che, ad Ivrea nel periodo di rigoglio aziendale, ha lasciato un’impronta, la più varia, in operai e intellettuali, impiegati e uomini di cultura, ma anche, appunto, in chi allora era semplicemente bambino. E’ dalle pagine – circa duecento -, scritte da Elena Tarpino che si coglie un aspetto inedito e complesso, e non certo facile, di quella cultura d’impresa olivettiana che tanto ha seminato successivamente in tutto  il mondo dell’industria.

L’autrice scrive con uno stile che occorre seguire con grande attenzione e narra unendo ricordi (d’infanzia e non), con informazioni raccolte di prima mano dai protagonisti d’allora e altre reperite nella immensa bibliografia olivettiana. Ne nasce un libro nel quale il passato remoto si unisce senza soluzione di continuità con il passato prossimo e con il presente. Molti i protagonisti, da ovviamente Adriano Olivetti a Paolo Volponi, da Ludovico Zorzi a Ottiero Ottieri, e poi Geno Pampaloni, Giorgio Soavi e molti altri oltre a stuoli di architetti e urbanisti; ma anche luoghi come la via Jervis oppure l’Officina H e le case bianche Olivetti piuttosto che i mobili di design posti nelle stesse così come negli uffici (e senza dimenticare oggetti-strumenti di lavoro come Divisumma, Programma 101, Lettera 32).

Tutto inizia con il “ritratto di un gruppo di bambini”, continua con un esame “antropologico” della cultura della comunità olivettiana, per continuare con l’approfondimento di quel periodo attraverso alcuni romanzi e racconti proseguire poi con un ragionamento sullo stile-Olivetti e su due esperienze lontano da Ivrea (Matera e Pozzuoli). Tutto ruota poi attorno al concetto di Nuovo (scritto apposta con la N maiuscola), che “è sopravvissuto perché continua a porci delle domande, se non proprio a dare delle risposte”, scrive nelle ultime pagine Antonella Tarpino che poi riassume l’essenza del tutto in una frase: “Abitare la tecnica ma con modalità che non rinunciano all’umano”.

Lettura non sempre facile quella di Antonella Tarpino, ma certamente da intraprendere fino in fondo.

Memoria imperfetta. La comunità Olivetti e il mondo nuovo

Antonella Tarpino

Einaudi, 2020

Un nuovo libro rilegge la vicenda di Adriano Olivetti in modo diverso dal solito

Cultura a tutto tondo. Anche in fabbrica. L’esempio più classico è certamente quello della Olivetti di Adriano Olivetti. Fabbrica e impresa mitica, quasi trasfigurata a seconda di chi la descrive. Esperienza da conoscere a fondo, non per giudicarla ma per comprenderla bene, senza falsità. A questo serve leggere “Memoria imperfetta. La comunità Olivetti e il mondo nuovo” scritto con passione da Antonella Tarpino, storica e saggista ma soprattutto, in questo caso, “bambina Olivetti” e cioè figlia di un dipendente dell’azienda e quindi posta in condizione di vivere direttamente quel clima olivettiano che, ad Ivrea nel periodo di rigoglio aziendale, ha lasciato un’impronta, la più varia, in operai e intellettuali, impiegati e uomini di cultura, ma anche, appunto, in chi allora era semplicemente bambino. E’ dalle pagine – circa duecento -, scritte da Elena Tarpino che si coglie un aspetto inedito e complesso, e non certo facile, di quella cultura d’impresa olivettiana che tanto ha seminato successivamente in tutto  il mondo dell’industria.

L’autrice scrive con uno stile che occorre seguire con grande attenzione e narra unendo ricordi (d’infanzia e non), con informazioni raccolte di prima mano dai protagonisti d’allora e altre reperite nella immensa bibliografia olivettiana. Ne nasce un libro nel quale il passato remoto si unisce senza soluzione di continuità con il passato prossimo e con il presente. Molti i protagonisti, da ovviamente Adriano Olivetti a Paolo Volponi, da Ludovico Zorzi a Ottiero Ottieri, e poi Geno Pampaloni, Giorgio Soavi e molti altri oltre a stuoli di architetti e urbanisti; ma anche luoghi come la via Jervis oppure l’Officina H e le case bianche Olivetti piuttosto che i mobili di design posti nelle stesse così come negli uffici (e senza dimenticare oggetti-strumenti di lavoro come Divisumma, Programma 101, Lettera 32).

Tutto inizia con il “ritratto di un gruppo di bambini”, continua con un esame “antropologico” della cultura della comunità olivettiana, per continuare con l’approfondimento di quel periodo attraverso alcuni romanzi e racconti proseguire poi con un ragionamento sullo stile-Olivetti e su due esperienze lontano da Ivrea (Matera e Pozzuoli). Tutto ruota poi attorno al concetto di Nuovo (scritto apposta con la N maiuscola), che “è sopravvissuto perché continua a porci delle domande, se non proprio a dare delle risposte”, scrive nelle ultime pagine Antonella Tarpino che poi riassume l’essenza del tutto in una frase: “Abitare la tecnica ma con modalità che non rinunciano all’umano”.

Lettura non sempre facile quella di Antonella Tarpino, ma certamente da intraprendere fino in fondo.

Memoria imperfetta. La comunità Olivetti e il mondo nuovo

Antonella Tarpino

Einaudi, 2020

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