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Gusto produttivo

Una ricerca condotta sui legami tra design  e industria italiana, approfondisce i complessi collegamenti che danno forma e sostanza alla buona cultura d’impresa nazionale

Buona cultura del produrre. Sintesi di un tutto fatto di capacità tecnica, gusto, valori umani. Luogo d’eccellenza per tutto questo: l’Italia. E’ attorno a questi temi che ragionano Maria Antonietta Sbordone (dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale), e Davide Turrini (dell’Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura) con un loro contributo apparso recentemente su MD Journal.

“Designed & Made in Italy. Invarianti, transizioni, nuove mappe valoriali” è il tentativo di sintesi di una serie dei collegamenti tra il design e il made in Italy che cerca di fissare i punti “costanti” rispetto a quelli  variabili che mutano con il tempo e con l’evoluzione del contesto economico e sociale.

Scrivono Sbordone e Turrini nella loro introduzione: “In Italia, dove sono perlopiù mancati investimenti ingenti e continuativi di grandi imprese industriali, nonché committenze unitarie, vaste e strutturate, l’osservazione del nesso tra design e manifattura ha dovuto includere storicamente il fattore «gusto», inteso come fenomeno culturale complesso e ricco di sfumature che ha incorporato valenze semantiche, formali, di qualità esecutiva e commerciali del tutto peculiari e riconoscibili. Oggi questo fenomeno è connotato da ulteriori gradi di complessità e di varianza: in scenari nazionali e globali sempre più fluidi i processi di delocalizzazione dilagano; il tessuto sociale del ceto medio, storico protagonista nella sfera produttiva e gestionale della trasformazione del consumo in immaginario, si sgretola; le consapevolezze degli acquirenti nei confronti dei reali contenuti valoriali dei beni si indeboliscono e la percezione della qualità è soggetta a variabili viepiù aleatori”.

E’ da questa serie di constatazioni che la ricerca prende le mosse per compiere un cammino in poche mosse: prima vengono approfonditi i diversi collegamenti all’interno di ciò che per comodità viene indicato come made in Italy, poi si passa ad approfondire le “Convergenze tra creatività e manifattura” per arrivare quindi a valutare gli effetti del cambiamento con una analisi delle “declinazioni del design nella nuova catena valoriale”.

Il saggio di Maria Antonietta Sbordone e Davide Turrini non è sempre di facilissima lettura, ma contribuisce ad approfondire la conoscenza di un sistema davvero complesso di relazioni che, tuttavia, è alla base di buona parte dell’eccellenza industriale e produttiva italiana.

Designed & Made in Italy. Invarianti, transizioni, nuove mappe valoriali

Maria Antonietta Sbordone, Davide Turrini

MD Journal, 9, 2020

Una ricerca condotta sui legami tra design  e industria italiana, approfondisce i complessi collegamenti che danno forma e sostanza alla buona cultura d’impresa nazionale

Buona cultura del produrre. Sintesi di un tutto fatto di capacità tecnica, gusto, valori umani. Luogo d’eccellenza per tutto questo: l’Italia. E’ attorno a questi temi che ragionano Maria Antonietta Sbordone (dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale), e Davide Turrini (dell’Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura) con un loro contributo apparso recentemente su MD Journal.

“Designed & Made in Italy. Invarianti, transizioni, nuove mappe valoriali” è il tentativo di sintesi di una serie dei collegamenti tra il design e il made in Italy che cerca di fissare i punti “costanti” rispetto a quelli  variabili che mutano con il tempo e con l’evoluzione del contesto economico e sociale.

Scrivono Sbordone e Turrini nella loro introduzione: “In Italia, dove sono perlopiù mancati investimenti ingenti e continuativi di grandi imprese industriali, nonché committenze unitarie, vaste e strutturate, l’osservazione del nesso tra design e manifattura ha dovuto includere storicamente il fattore «gusto», inteso come fenomeno culturale complesso e ricco di sfumature che ha incorporato valenze semantiche, formali, di qualità esecutiva e commerciali del tutto peculiari e riconoscibili. Oggi questo fenomeno è connotato da ulteriori gradi di complessità e di varianza: in scenari nazionali e globali sempre più fluidi i processi di delocalizzazione dilagano; il tessuto sociale del ceto medio, storico protagonista nella sfera produttiva e gestionale della trasformazione del consumo in immaginario, si sgretola; le consapevolezze degli acquirenti nei confronti dei reali contenuti valoriali dei beni si indeboliscono e la percezione della qualità è soggetta a variabili viepiù aleatori”.

E’ da questa serie di constatazioni che la ricerca prende le mosse per compiere un cammino in poche mosse: prima vengono approfonditi i diversi collegamenti all’interno di ciò che per comodità viene indicato come made in Italy, poi si passa ad approfondire le “Convergenze tra creatività e manifattura” per arrivare quindi a valutare gli effetti del cambiamento con una analisi delle “declinazioni del design nella nuova catena valoriale”.

Il saggio di Maria Antonietta Sbordone e Davide Turrini non è sempre di facilissima lettura, ma contribuisce ad approfondire la conoscenza di un sistema davvero complesso di relazioni che, tuttavia, è alla base di buona parte dell’eccellenza industriale e produttiva italiana.

Designed & Made in Italy. Invarianti, transizioni, nuove mappe valoriali

Maria Antonietta Sbordone, Davide Turrini

MD Journal, 9, 2020

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