È tempo d’eleganza, intelligenza e gentilezza per la moda e le imprese, ma anche per la buona politica
“Amo l’eleganza che nasce dall’intelligenza”, sostiene Giorgio Armani, in una lunga intervista al nuovo mensile “U” de “la Repubblica”, in occasione dei suoi novant’anni. Per essere ancora più chiaro, racconta di amare inoltre “le cose sottili, la discrezione” e “la sobrietà, che è sempre una qualità vincente”.
La relazione tra eleganza e intelligenza va considerata con attenzione, proprio in tempi così grossolani, come quelli in cui stiamo vivendo. E il mondo della moda, se vuol essere davvero coerente con i propri impegni sulla sostenibilità (che è ambientale, ma anche sociale, contro gli sprechi, gli eccessi del lusso, la trascuratezza per la sicurezza e la qualità del lavoro nelle manifatture) può essere un efficace canale di stimolo ai valori morali, alle migliori relazioni tra estetica ed etica (d’altronde, sono parenti strette, queste due dimensioni della filosofia), alla necessità di scelte di qualità nei rapporti tra le persone, ma anche tra i poteri, le classi politiche, i paesi, per cercare vie d’uscita “intelligenti” ai conflitti che sempre più radicali squassano il mondo e ai comportamenti violenti e volgari che umiliano la convivenza civile, la politica, le istituzioni.
C’è un’altra parola che tiene banco, in questi giorni dedicati alla moda, tra le sfilate della Fashion Week a Milano e gli eventi di Palazzo Pitti a Firenze. Ed è “gentilezza”.
“Faccio un lusso gentile”, sostiene Brunello Cucinelli, che da tempo si entusiasma per la filosofia (con incontri e lezioni nel borgo medioevale di Solomeo in Umbria, dove si coltiva “il sogno di un capitalismo umanistico”). E racconta di fare abiti per “un uomo raffinato e sensibile”.
Per “una moda gentile” si appassiona anche Pierre-Louis Mascia, per la collezione “Le Cavalier Bleu” ispirata a un movimento artistico dell’espressionismo tedesco dei primi del Novecento.
Eleganza, intelligenza, gentilezza, umanesimo in primo piano, dunque. La moda fa da canale di rinascita, di sviluppo equilibrato, persino di economia civile? Un percorso originale “dal cuore alle mani”, comunque, dalla passione creativa al buon lavoro, cioè, per riprendere l’efficace titolo della mostra di Dolce e Gabbana a Palazzo Reale di Milano.
Non c’è da pretendere troppo, naturalmente, da un settore in cui non sempre moda ed eleganza coincidono e che ha comunque le sue logiche severe, le asprezze e le angolosità taglienti di una competizione globale serrata (su cui, proprio adesso, scrive pagine sapide e sarcastiche Giancarlo De Cataldo nell’ultimo best seller per Einaudi, “Il bacio del calabrone”, un nuovo caso per l’aristocratico magistrato Manrico Spinori). Ma in ogni caso il mondo della moda fa da anticipatore e poi da amplificatore di segnali che indicano un’esigenza sociale, una nuova dimensione culturale, uno Zeitgeist cui fare attentamente riferimento.
L’elogio dell’intelligenza e della gentilezza è un filo sottile ma robusto che anima anche altri mondi. Si parla di leadership gentile nelle imprese, man mano che le culture gerarchiche lasciano il posto a dimensioni di gestione più orizzontali, marcando bene la differenza sostanziale che corre tra autoritarismo e autorevolezza. Si scrive di primato del soft power pure in politica (con buona pace di chi subisce il fascino dell’ “uomo solo al comando”). Si rilegge come anticipazione di tempi nuovi e più civili uno slogan pubblicitario di gran successo fin dalla sua nascita, nel 1994, “Power is nothing without control”, con uno strepitoso Carl Lewis, campione olimpionico in tacchi rossi, fotografato da Annie Leibovitz per Pirelli (se ne scrive nelle pagine de “L’officina dello sport”, curato dalla Fondazione Pirelli e appena edito da Marsilio: c’è una relazione essenziale tra potenza/potere e controllo non solo nelle competizioni sportive, ma anche nell’economia e nella politica).
In tanto ragionare, ci si ispira saggiamente ai capitoli delle “Lezioni americane” di Italo Calvino, dalle considerazioni sulla “leggerezza” (“Prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”) a quelle sull’ “esattezza” e la “molteplicità”.
Della necessità di costruire “un mondo più sicuro, civile” e, appunto, “gentile” si parla nel “Manifesto di Assisi”, un documento “per una economia a misura d’uomo” elaborato nel 2021 dai francescani del Sacro Convento e da Symbola e firmato da personalità dell’economia, della cultura, dell’università, delle imprese e di una lunga serie di associazioni della società civile.
E “gentilezza” è una parola chiave dell’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco: “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici”.
Gentilezza come chiave dell’impegno a “farsi carico” degli altri. Gentilezza come stato d’animo che porta verso la distensione. E prepara l’animo alla saggezza.
Proprio quella saggezza che il Papa ha ricordato nei giorni scorsi ai potenti della terra riuniti al G7 in Puglia, sollecitando alla “sana politica” la capacità di decidere con “la phronesis della filosofia greca”. Ha parlato, nel merito, di responsabilità per un uso “umano” dell’Intelligenza Artificiale”. Ma ha soprattutto aperto la strada verso considerazioni più generali, sullo sviluppo sostenibile ed equilibrato, sulla sensibilità per la sofferenza, sul bisogno di assicurare alle nuove generazioni un migliore futuro.
Facile, naturalmente, tutto ciò, a dirsi. E a farsi? Tutt’altro. Ma necessario.
D’altronde, “la facilità è una forma di perfezione che contiene la sostanza di un lungo lavoro”. Parola di Paolo Conte, artista esemplare. Un “maestro nell’anima”. Una persona intelligente. Elegante. Gentile.
(foto Getty Images)
“Amo l’eleganza che nasce dall’intelligenza”, sostiene Giorgio Armani, in una lunga intervista al nuovo mensile “U” de “la Repubblica”, in occasione dei suoi novant’anni. Per essere ancora più chiaro, racconta di amare inoltre “le cose sottili, la discrezione” e “la sobrietà, che è sempre una qualità vincente”.
La relazione tra eleganza e intelligenza va considerata con attenzione, proprio in tempi così grossolani, come quelli in cui stiamo vivendo. E il mondo della moda, se vuol essere davvero coerente con i propri impegni sulla sostenibilità (che è ambientale, ma anche sociale, contro gli sprechi, gli eccessi del lusso, la trascuratezza per la sicurezza e la qualità del lavoro nelle manifatture) può essere un efficace canale di stimolo ai valori morali, alle migliori relazioni tra estetica ed etica (d’altronde, sono parenti strette, queste due dimensioni della filosofia), alla necessità di scelte di qualità nei rapporti tra le persone, ma anche tra i poteri, le classi politiche, i paesi, per cercare vie d’uscita “intelligenti” ai conflitti che sempre più radicali squassano il mondo e ai comportamenti violenti e volgari che umiliano la convivenza civile, la politica, le istituzioni.
C’è un’altra parola che tiene banco, in questi giorni dedicati alla moda, tra le sfilate della Fashion Week a Milano e gli eventi di Palazzo Pitti a Firenze. Ed è “gentilezza”.
“Faccio un lusso gentile”, sostiene Brunello Cucinelli, che da tempo si entusiasma per la filosofia (con incontri e lezioni nel borgo medioevale di Solomeo in Umbria, dove si coltiva “il sogno di un capitalismo umanistico”). E racconta di fare abiti per “un uomo raffinato e sensibile”.
Per “una moda gentile” si appassiona anche Pierre-Louis Mascia, per la collezione “Le Cavalier Bleu” ispirata a un movimento artistico dell’espressionismo tedesco dei primi del Novecento.
Eleganza, intelligenza, gentilezza, umanesimo in primo piano, dunque. La moda fa da canale di rinascita, di sviluppo equilibrato, persino di economia civile? Un percorso originale “dal cuore alle mani”, comunque, dalla passione creativa al buon lavoro, cioè, per riprendere l’efficace titolo della mostra di Dolce e Gabbana a Palazzo Reale di Milano.
Non c’è da pretendere troppo, naturalmente, da un settore in cui non sempre moda ed eleganza coincidono e che ha comunque le sue logiche severe, le asprezze e le angolosità taglienti di una competizione globale serrata (su cui, proprio adesso, scrive pagine sapide e sarcastiche Giancarlo De Cataldo nell’ultimo best seller per Einaudi, “Il bacio del calabrone”, un nuovo caso per l’aristocratico magistrato Manrico Spinori). Ma in ogni caso il mondo della moda fa da anticipatore e poi da amplificatore di segnali che indicano un’esigenza sociale, una nuova dimensione culturale, uno Zeitgeist cui fare attentamente riferimento.
L’elogio dell’intelligenza e della gentilezza è un filo sottile ma robusto che anima anche altri mondi. Si parla di leadership gentile nelle imprese, man mano che le culture gerarchiche lasciano il posto a dimensioni di gestione più orizzontali, marcando bene la differenza sostanziale che corre tra autoritarismo e autorevolezza. Si scrive di primato del soft power pure in politica (con buona pace di chi subisce il fascino dell’ “uomo solo al comando”). Si rilegge come anticipazione di tempi nuovi e più civili uno slogan pubblicitario di gran successo fin dalla sua nascita, nel 1994, “Power is nothing without control”, con uno strepitoso Carl Lewis, campione olimpionico in tacchi rossi, fotografato da Annie Leibovitz per Pirelli (se ne scrive nelle pagine de “L’officina dello sport”, curato dalla Fondazione Pirelli e appena edito da Marsilio: c’è una relazione essenziale tra potenza/potere e controllo non solo nelle competizioni sportive, ma anche nell’economia e nella politica).
In tanto ragionare, ci si ispira saggiamente ai capitoli delle “Lezioni americane” di Italo Calvino, dalle considerazioni sulla “leggerezza” (“Prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”) a quelle sull’ “esattezza” e la “molteplicità”.
Della necessità di costruire “un mondo più sicuro, civile” e, appunto, “gentile” si parla nel “Manifesto di Assisi”, un documento “per una economia a misura d’uomo” elaborato nel 2021 dai francescani del Sacro Convento e da Symbola e firmato da personalità dell’economia, della cultura, dell’università, delle imprese e di una lunga serie di associazioni della società civile.
E “gentilezza” è una parola chiave dell’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco: “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici”.
Gentilezza come chiave dell’impegno a “farsi carico” degli altri. Gentilezza come stato d’animo che porta verso la distensione. E prepara l’animo alla saggezza.
Proprio quella saggezza che il Papa ha ricordato nei giorni scorsi ai potenti della terra riuniti al G7 in Puglia, sollecitando alla “sana politica” la capacità di decidere con “la phronesis della filosofia greca”. Ha parlato, nel merito, di responsabilità per un uso “umano” dell’Intelligenza Artificiale”. Ma ha soprattutto aperto la strada verso considerazioni più generali, sullo sviluppo sostenibile ed equilibrato, sulla sensibilità per la sofferenza, sul bisogno di assicurare alle nuove generazioni un migliore futuro.
Facile, naturalmente, tutto ciò, a dirsi. E a farsi? Tutt’altro. Ma necessario.
D’altronde, “la facilità è una forma di perfezione che contiene la sostanza di un lungo lavoro”. Parola di Paolo Conte, artista esemplare. Un “maestro nell’anima”. Una persona intelligente. Elegante. Gentile.
(foto Getty Images)