I rischi dell’impegno sociale
Appena pubblicato un libro che ragione sul tema del socialwashing
Attenzione ai risvolti ambientali della propria attività e cura verso i riflessi sociali della presenza dell’impresa in un determinato contesto territoriale. Pratiche concrete, non solo buone intenzioni, che il mercato chiede e che vuole essere dimostrate con sempre maggiore precisione e affidabilità. Esigenze precise che le imprese devono soddisfare. Con tutti costi e i rischi del caso. Perché, sempre di più, le imprese che utilizzano sostenibilità e temi sociali in modo strumentale sono esposte ad almeno due pericoli. Prima di tutto quello di essere escluse dal mercato a causa di regolamenti che si fanno sempre più severi e stringenti; poi quello di essere accusate pubblicamente di socialwashing, ovvero di comportamenti socialmente positivi ma solo di facciata, in una colorata gamma di declinazioni: pinkwashing, rainbow washing, blackwashing, healthwashing, sportwashing, fino a quella silenziosa del greenhushing.
E’ attorno a questo tema che Rossella Sobrero ha scritto il suo “Pericolo socialwashing. Comunicare l’impegno sociale tra rischi e opportunità”. Un libro che in circa 200 pagine riesce a far chiarezza su uno degli aspetti più complessi e controversi dell’attuale gestione d’impresa.
Le domande alle quali Sobrero risponde sono diverse. Prima di tutto occorre chiedersi che cosa spinga un’organizzazione a esporsi al rischio del socialwashing. La risposta, in termini generali, arriva dal mercato e dagli stakeholder dell’impresa. Se da un lato, per essere accettata come attore sociale, l’impresa potrebbe limitarsi a organizzare attività filantropiche, lanciare programmi di volontariato aziendale, realizzare iniziative promozionali orientate alla responsabilità sociale, dall’altro, tutte queste attività, per quanto importanti, non bastano più. Alle imprese si chiede di dimostrare una reale volontà di contribuire alla soluzione dei problemi della società. Per farlo è necessario interpretare le tendenze in atto, comprendere le esigenze delle persone, agire in modo onesto, coerente, trasparente. Solo così gli stakeholder, in particolare i consumatori, premieranno chi si sarà autenticamente impegnato per il bene comune oltre che per raggiungere i propri obiettivi aziendali.
Tutto questo ha un costo non solo in termini economici ma anche di organizzazione. Il libro quindi illustra con chiarezza, anche grazie a molti esempi, quali sono le principali declinazioni del socialwashing; ricorda che ci sono azioni e strumenti che possono mettere, almeno in parte, l’organizzazione al riparo da questo tipo di accusa; e propone una lettura nuova del rapporto tra l’organizzazione e i suoi stakeholder. Sobrero sottolinea, tra l’altro, che se in genere si guarda a cosa può fare l’impresa per coinvolgere i portatori di interessi, raramente riflettiamo sul ruolo che gli stakeholder possono avere per sollecitare l’impresa ad adottare comportamenti corretti e a raccontarli in modo trasparente.
Di grande valore gli interventi degli esperti che nella seconda parte del volume contribuiscono a stimolare il dibattito e la riflessione su un tema che nelle loro parole rivela le sue tante sfaccettature. Interviste a: Andrea Alemanno, Concetta Cardamone, Giampaolo Cerri, Vittorio Cino, Monica De Paoli, Barbara Falcomer, Filippo Giordano, Enrico Giovannini, Enrico Giraudi, Pina Lalli, Paola Magni, Federico Mento, Roberto Natale, Matteo Pietripaoli, Roberto Randazzo, Angelo Rindone, Francesca Vecchioni, Clodia Vurro, Stefano Zamagni, Alberto Zambolin.
Il libro di Rossella Sobrero deve certamente essere letto da chi ha anche fare con i temi dell’impegno sociale e ambientale delle imprese. E vale la pena rileggerlo.
Pericolo socialwashing. Comunicare l’impegno sociale tra rischi e opportunità
Rossella Sobrero
Egea, 2024


Appena pubblicato un libro che ragione sul tema del socialwashing
Attenzione ai risvolti ambientali della propria attività e cura verso i riflessi sociali della presenza dell’impresa in un determinato contesto territoriale. Pratiche concrete, non solo buone intenzioni, che il mercato chiede e che vuole essere dimostrate con sempre maggiore precisione e affidabilità. Esigenze precise che le imprese devono soddisfare. Con tutti costi e i rischi del caso. Perché, sempre di più, le imprese che utilizzano sostenibilità e temi sociali in modo strumentale sono esposte ad almeno due pericoli. Prima di tutto quello di essere escluse dal mercato a causa di regolamenti che si fanno sempre più severi e stringenti; poi quello di essere accusate pubblicamente di socialwashing, ovvero di comportamenti socialmente positivi ma solo di facciata, in una colorata gamma di declinazioni: pinkwashing, rainbow washing, blackwashing, healthwashing, sportwashing, fino a quella silenziosa del greenhushing.
E’ attorno a questo tema che Rossella Sobrero ha scritto il suo “Pericolo socialwashing. Comunicare l’impegno sociale tra rischi e opportunità”. Un libro che in circa 200 pagine riesce a far chiarezza su uno degli aspetti più complessi e controversi dell’attuale gestione d’impresa.
Le domande alle quali Sobrero risponde sono diverse. Prima di tutto occorre chiedersi che cosa spinga un’organizzazione a esporsi al rischio del socialwashing. La risposta, in termini generali, arriva dal mercato e dagli stakeholder dell’impresa. Se da un lato, per essere accettata come attore sociale, l’impresa potrebbe limitarsi a organizzare attività filantropiche, lanciare programmi di volontariato aziendale, realizzare iniziative promozionali orientate alla responsabilità sociale, dall’altro, tutte queste attività, per quanto importanti, non bastano più. Alle imprese si chiede di dimostrare una reale volontà di contribuire alla soluzione dei problemi della società. Per farlo è necessario interpretare le tendenze in atto, comprendere le esigenze delle persone, agire in modo onesto, coerente, trasparente. Solo così gli stakeholder, in particolare i consumatori, premieranno chi si sarà autenticamente impegnato per il bene comune oltre che per raggiungere i propri obiettivi aziendali.
Tutto questo ha un costo non solo in termini economici ma anche di organizzazione. Il libro quindi illustra con chiarezza, anche grazie a molti esempi, quali sono le principali declinazioni del socialwashing; ricorda che ci sono azioni e strumenti che possono mettere, almeno in parte, l’organizzazione al riparo da questo tipo di accusa; e propone una lettura nuova del rapporto tra l’organizzazione e i suoi stakeholder. Sobrero sottolinea, tra l’altro, che se in genere si guarda a cosa può fare l’impresa per coinvolgere i portatori di interessi, raramente riflettiamo sul ruolo che gli stakeholder possono avere per sollecitare l’impresa ad adottare comportamenti corretti e a raccontarli in modo trasparente.
Di grande valore gli interventi degli esperti che nella seconda parte del volume contribuiscono a stimolare il dibattito e la riflessione su un tema che nelle loro parole rivela le sue tante sfaccettature. Interviste a: Andrea Alemanno, Concetta Cardamone, Giampaolo Cerri, Vittorio Cino, Monica De Paoli, Barbara Falcomer, Filippo Giordano, Enrico Giovannini, Enrico Giraudi, Pina Lalli, Paola Magni, Federico Mento, Roberto Natale, Matteo Pietripaoli, Roberto Randazzo, Angelo Rindone, Francesca Vecchioni, Clodia Vurro, Stefano Zamagni, Alberto Zambolin.
Il libro di Rossella Sobrero deve certamente essere letto da chi ha anche fare con i temi dell’impegno sociale e ambientale delle imprese. E vale la pena rileggerlo.
Pericolo socialwashing. Comunicare l’impegno sociale tra rischi e opportunità
Rossella Sobrero
Egea, 2024