Milano rischia di diventare più “imbruttita” per i timori su sicurezza e costo della vita
Il milanese è un po’ più “imbruttito” e parecchio più preoccupato. Per il crescente aumento del costo della vita (a cominciare dalla casa) e per la percezione di un peggioramento della sicurezza (furti, rapine, scippi, aggressioni). Nell’ultimo film appena uscito, “Ricomincio da Taaac”, Germano Lanzoni, il “milanese imbruttito”, appunto, fa i conti con le nuove tensioni di una metropoli che somma stress e frenesie abituali con stili di vita sempre più insopportabili e con inquietanti questioni sociali. Se al tempo di “Mollo tutto e apro un chiringuito” il noto comico si perdeva nell’ossessione del “vado a fatturare”, qui si ritrova licenziato per una fantomatica e un po’ truffalda svolta green dell’impresa, conosce le angosce del precariato, fa il raider e cerca inutilmente un appartamento decente in cui andare a vivere (l’ultima proposta è una casetta-giocattolo di plastica: “Ma ti sembro Snoopy?”). Si sorride, apprezzando l’ironia facile. Ma anche ci si guarda nello specchio del paradosso. E ci si inquieta per i rischi di derive negative delle condizioni della vita quotidiana e delle prospettive in una città comunque storicamente molto amata, un tempo paradigma originale di sintesi tra competitività e accoglienza, produttività e inclusione sociale ma oggi, invece, guardata con occhi incupiti da un numero crescente di cittadini che si chiedono, spaesati: “Ma che ci faccio io, qui?”.
Se dagli schermi di cinema e video si passa ai numeri, se dalla parodia ci si confronta con giudizi reali e sentimenti che si vanno radicando nell’opinione pubblica, ecco che il ritratto di Milano sollecita scelte e misure politiche e amministrative che investono le pur diverse responsabilità di chi governa la metropoli ma anche l’Italia.
Quali dati? Quelli di una ricerca condotta dalla Makno per l’università Iulm sulla qualità della vita in città. Da cui, in sintesi, risulta che gli intervistati (2.400 persone maggiorenni, sondate tra il luglio e il settembre di quest’anno) sono, tutto sommato, ancora soddisfatti delle attività culturali e del sistema dei trasporti, ma preoccupati per il carovita, la sicurezza, l’ambiente e la sanità (Corriere della Sera, 17 settembre).
Vediamo meglio i dati. Partendo dal fatto che la soddisfazione di chi vive a Milano è, comunque, in calo, da un punteggio di 7,8 del 2020 e di 6,2 di un anno fa all’attuale 5,9. Si diventa un po’ più ansiosi, si tollerano meno le condizioni del cosiddetto “imbruttimento”.
Commenta Mario Abis, presidente Makno: “La pandemia ha mutato la predisposizione d’animo generale; siamo più diffidenti e ansiosi non solo rispetto alla città in cui viviamo. Ma Milano, che durante l’Expo aveva guadagnato tutto, oggi è tra i luoghi che perdono di più. E la quota di chi se ne vorrebbe andare torna a superare il 20%, come dieci anni fa”.
I problemi che destano più preoccupazione sono innanzitutto i prezzi e il caro vita (90% degli intervistati, in uno schema a risposta multipla), poi la sicurezza (86%) e, via via scendendo, la socialità e il benessere mentale (48%), i servizi per la salute (45%), il traffico e il verde e l’ambiente (35%) e, in coda, l’offerta culturale e le opportunità di lavoro, entrambe al 17%. A Milano, insomma, si lavora bene e si gode di buone opportunità per la conoscenza e il tempo libero, ma si vive un po’ peggio di prima e si nutrono timori legati alla sicurezza e al mantenimento del tenore di vita.
Proprio sulla sicurezza c’è un’altra classifica che fa molto discutere: quella de “IlSole24Ore” sull’indice di criminalità (16 settembre). Calcolato sul numero di reati denunciati (dati ’23), l’indice vede Milano in testa alle province italiane, con 7mila denunce su centomila abitanti e con una crescita di quelle che riguardano furti e rapine, mentre Roma è in testa per numero di reati complessivi (254mila contro i 230 mila di Milano e provincia). Le polemiche politiche non sono mancate: Milano è insicura, sostiene il centro-destra, accusando il sindaco Beppe Sala. E il sindaco e i suoi assessori replicano che l’ordine pubblico è responsabilità del ministero degli Interni e dunque del governo nazionale, ribadiscono che la metropoli non è affatto Gotham City e ricordano che la giunta comunale sta lavorando proprio sui temi della casa, dell’accoglienza e delle risposte ai disagi sociali.
Discussioni a parte, ci sono alcune considerazioni da fare. La prima è che l’indice è calcolato sul numero delle denunce dei reati e documenta dunque che i milanesi fatto ricorso più frequente che in altre città alla necessità di tutela delle forze dell’ordine. La seconda è che da tempo Prefettura e Questura documentano come il numero complessivo dei reati a Milano sia in diminuzione (gli omicidi, innanzitutto) ma questo dato non riesce ad abbattere le preoccupazioni. La terza è che la cosiddetta “insicurezza percepita” ha comunque radici nella quotidianità dei milanesi e pone a chi governa, a livello sia centrale che locale, problemi di rassicurazione concreta e visibile dei cittadini.
Milano, d’altronde, è una città che invecchia (dei suoi 1.373mila abitanti, 305 mila hanno più di 65 anni) e soffre di crescenti solitudini (il 57% dei nuclei familiari è composto da una sola persona e un altro 20% è composto da due persone). E il disagio sociale, le nuove e vecchie povertà, i divari sociali, culturali e tecnologici in aumento e la sensazione d’isolamento non possono che appesantire il senso di precarietà e insicurezza. La relazione difficile e dolorosa con trasformazioni sociali particolarmente incisive.
Servono, dunque, una politica generale dell’ordine pubblico e una scelta di azioni che mostrino al cittadino come il territorio sia più sicuro e vivibile. La sicurezza fa parte del benessere. E in tempi così difficili, carichi di tensioni anche a livello degli squilibri geopolitici e dei conflitti internazionali, aumenta il bisogno di sentirsi al sicuro tra i confini della propria casa, del proprio quartiere e della propria città. Sfida economica, sociale, culturale. Una sfida essenziale, per la solidarietà e l’inclusione sociale, un elemento cardine di qualità della vita. In una Milano che vuole continuare a essere Milano. Produttiva e accogliente. Competitiva e solidale. Una città in cui vale la pena continuare a vivere, crescere, investire su un miglior futuro. Tutt’altro che imbruttita.
(foto Getty Images)
Il milanese è un po’ più “imbruttito” e parecchio più preoccupato. Per il crescente aumento del costo della vita (a cominciare dalla casa) e per la percezione di un peggioramento della sicurezza (furti, rapine, scippi, aggressioni). Nell’ultimo film appena uscito, “Ricomincio da Taaac”, Germano Lanzoni, il “milanese imbruttito”, appunto, fa i conti con le nuove tensioni di una metropoli che somma stress e frenesie abituali con stili di vita sempre più insopportabili e con inquietanti questioni sociali. Se al tempo di “Mollo tutto e apro un chiringuito” il noto comico si perdeva nell’ossessione del “vado a fatturare”, qui si ritrova licenziato per una fantomatica e un po’ truffalda svolta green dell’impresa, conosce le angosce del precariato, fa il raider e cerca inutilmente un appartamento decente in cui andare a vivere (l’ultima proposta è una casetta-giocattolo di plastica: “Ma ti sembro Snoopy?”). Si sorride, apprezzando l’ironia facile. Ma anche ci si guarda nello specchio del paradosso. E ci si inquieta per i rischi di derive negative delle condizioni della vita quotidiana e delle prospettive in una città comunque storicamente molto amata, un tempo paradigma originale di sintesi tra competitività e accoglienza, produttività e inclusione sociale ma oggi, invece, guardata con occhi incupiti da un numero crescente di cittadini che si chiedono, spaesati: “Ma che ci faccio io, qui?”.
Se dagli schermi di cinema e video si passa ai numeri, se dalla parodia ci si confronta con giudizi reali e sentimenti che si vanno radicando nell’opinione pubblica, ecco che il ritratto di Milano sollecita scelte e misure politiche e amministrative che investono le pur diverse responsabilità di chi governa la metropoli ma anche l’Italia.
Quali dati? Quelli di una ricerca condotta dalla Makno per l’università Iulm sulla qualità della vita in città. Da cui, in sintesi, risulta che gli intervistati (2.400 persone maggiorenni, sondate tra il luglio e il settembre di quest’anno) sono, tutto sommato, ancora soddisfatti delle attività culturali e del sistema dei trasporti, ma preoccupati per il carovita, la sicurezza, l’ambiente e la sanità (Corriere della Sera, 17 settembre).
Vediamo meglio i dati. Partendo dal fatto che la soddisfazione di chi vive a Milano è, comunque, in calo, da un punteggio di 7,8 del 2020 e di 6,2 di un anno fa all’attuale 5,9. Si diventa un po’ più ansiosi, si tollerano meno le condizioni del cosiddetto “imbruttimento”.
Commenta Mario Abis, presidente Makno: “La pandemia ha mutato la predisposizione d’animo generale; siamo più diffidenti e ansiosi non solo rispetto alla città in cui viviamo. Ma Milano, che durante l’Expo aveva guadagnato tutto, oggi è tra i luoghi che perdono di più. E la quota di chi se ne vorrebbe andare torna a superare il 20%, come dieci anni fa”.
I problemi che destano più preoccupazione sono innanzitutto i prezzi e il caro vita (90% degli intervistati, in uno schema a risposta multipla), poi la sicurezza (86%) e, via via scendendo, la socialità e il benessere mentale (48%), i servizi per la salute (45%), il traffico e il verde e l’ambiente (35%) e, in coda, l’offerta culturale e le opportunità di lavoro, entrambe al 17%. A Milano, insomma, si lavora bene e si gode di buone opportunità per la conoscenza e il tempo libero, ma si vive un po’ peggio di prima e si nutrono timori legati alla sicurezza e al mantenimento del tenore di vita.
Proprio sulla sicurezza c’è un’altra classifica che fa molto discutere: quella de “IlSole24Ore” sull’indice di criminalità (16 settembre). Calcolato sul numero di reati denunciati (dati ’23), l’indice vede Milano in testa alle province italiane, con 7mila denunce su centomila abitanti e con una crescita di quelle che riguardano furti e rapine, mentre Roma è in testa per numero di reati complessivi (254mila contro i 230 mila di Milano e provincia). Le polemiche politiche non sono mancate: Milano è insicura, sostiene il centro-destra, accusando il sindaco Beppe Sala. E il sindaco e i suoi assessori replicano che l’ordine pubblico è responsabilità del ministero degli Interni e dunque del governo nazionale, ribadiscono che la metropoli non è affatto Gotham City e ricordano che la giunta comunale sta lavorando proprio sui temi della casa, dell’accoglienza e delle risposte ai disagi sociali.
Discussioni a parte, ci sono alcune considerazioni da fare. La prima è che l’indice è calcolato sul numero delle denunce dei reati e documenta dunque che i milanesi fatto ricorso più frequente che in altre città alla necessità di tutela delle forze dell’ordine. La seconda è che da tempo Prefettura e Questura documentano come il numero complessivo dei reati a Milano sia in diminuzione (gli omicidi, innanzitutto) ma questo dato non riesce ad abbattere le preoccupazioni. La terza è che la cosiddetta “insicurezza percepita” ha comunque radici nella quotidianità dei milanesi e pone a chi governa, a livello sia centrale che locale, problemi di rassicurazione concreta e visibile dei cittadini.
Milano, d’altronde, è una città che invecchia (dei suoi 1.373mila abitanti, 305 mila hanno più di 65 anni) e soffre di crescenti solitudini (il 57% dei nuclei familiari è composto da una sola persona e un altro 20% è composto da due persone). E il disagio sociale, le nuove e vecchie povertà, i divari sociali, culturali e tecnologici in aumento e la sensazione d’isolamento non possono che appesantire il senso di precarietà e insicurezza. La relazione difficile e dolorosa con trasformazioni sociali particolarmente incisive.
Servono, dunque, una politica generale dell’ordine pubblico e una scelta di azioni che mostrino al cittadino come il territorio sia più sicuro e vivibile. La sicurezza fa parte del benessere. E in tempi così difficili, carichi di tensioni anche a livello degli squilibri geopolitici e dei conflitti internazionali, aumenta il bisogno di sentirsi al sicuro tra i confini della propria casa, del proprio quartiere e della propria città. Sfida economica, sociale, culturale. Una sfida essenziale, per la solidarietà e l’inclusione sociale, un elemento cardine di qualità della vita. In una Milano che vuole continuare a essere Milano. Produttiva e accogliente. Competitiva e solidale. Una città in cui vale la pena continuare a vivere, crescere, investire su un miglior futuro. Tutt’altro che imbruttita.
(foto Getty Images)