Formare la buona cultura d’impresa
Raccolte in un libro le riflessioni e le indicazioni che emergono dal confronto fra sistema della scuola e sistema dell’impresa
Giovani ma preparati. Imprenditori e manager, e poi quadri e collaboratori. Tutti. Al tempo dell’economia veloce e della digitalizzazione della produzione, ma anche del ritorno all’impegno sociale e sul territorio delle imprese e delle istituzioni, non basta l’entusiasmo (quando c’è), ma occorrono anche preparazione e consapevolezza di quello che si fa. A tutti i livelli. Anche nel sistema delle imprese. Questione anche di programmi formativi. Per questo leggere “Una testa pensante è meglio di una testa piena. Una ricerca sul ruolo della scuola nella formazione dei top manager” di Giuseppe Monteduro, può essere cosa utile per molti.
L’idea di base dalla quale inizia il libro è ampia: per rilanciare lo sviluppo del Paese l’Italia ha bisogno che i propri giovani migliori siano capaci di inventare nuove imprese o di inserirsi in imprese già esistenti e di portarle al successo o migliorarne le prestazioni.
Le parti in causa sono due: da un lato il sistema della scuola e della formazione, dall’altro quello delle imprese. In mezzo l’obiettivo: formare una buona cultura d’impresa. Monteduro ha quindi chiesto direttamente ai top manager italiani quale sia, sulla base della loro esperienza, la formazione migliore e quali capacità (skills) debba far “fiorire”.
Il libro ha una struttura chiara. Si parte dall’individuazione di cosa sia un’azienda (non dal punto di vista organizzativo ma sociologico e quindi umano), per poi passare subito alla definizione della figura del manager e quindi all’esame dell’approccio scolastico (con il dibattito fra formazione umanistica e necessità aziendali). Si arriva così al confronto fra opinioni dei manager e quelle dei formatori.
Il libro di Monteduro è da leggere con attenzione partendo da una delle sue considerazioni iniziali: “La possibilità di essere manager, ossia di assumere posizioni apicali all’interno di un’azienda, quali quella di amministratore delegato di grande fama e con l’opportunità di accedere a consistenti retribuzioni, non è l’esito meccanico di una scelta formativa piuttosto che di un’altra”. Insomma, si cresce in azienda come nella vita, in quanto persone e non macchine. Esattamente come indica in maniera efficace il titolo stesso del libro: meglio un testa pensante che una testa piena.
Una testa pensante è meglio di una testa piena. Una ricerca sul ruolo della scuola nella formazione dei top manager
Giuseppe Monteduro
EGEA, 2018


Raccolte in un libro le riflessioni e le indicazioni che emergono dal confronto fra sistema della scuola e sistema dell’impresa
Giovani ma preparati. Imprenditori e manager, e poi quadri e collaboratori. Tutti. Al tempo dell’economia veloce e della digitalizzazione della produzione, ma anche del ritorno all’impegno sociale e sul territorio delle imprese e delle istituzioni, non basta l’entusiasmo (quando c’è), ma occorrono anche preparazione e consapevolezza di quello che si fa. A tutti i livelli. Anche nel sistema delle imprese. Questione anche di programmi formativi. Per questo leggere “Una testa pensante è meglio di una testa piena. Una ricerca sul ruolo della scuola nella formazione dei top manager” di Giuseppe Monteduro, può essere cosa utile per molti.
L’idea di base dalla quale inizia il libro è ampia: per rilanciare lo sviluppo del Paese l’Italia ha bisogno che i propri giovani migliori siano capaci di inventare nuove imprese o di inserirsi in imprese già esistenti e di portarle al successo o migliorarne le prestazioni.
Le parti in causa sono due: da un lato il sistema della scuola e della formazione, dall’altro quello delle imprese. In mezzo l’obiettivo: formare una buona cultura d’impresa. Monteduro ha quindi chiesto direttamente ai top manager italiani quale sia, sulla base della loro esperienza, la formazione migliore e quali capacità (skills) debba far “fiorire”.
Il libro ha una struttura chiara. Si parte dall’individuazione di cosa sia un’azienda (non dal punto di vista organizzativo ma sociologico e quindi umano), per poi passare subito alla definizione della figura del manager e quindi all’esame dell’approccio scolastico (con il dibattito fra formazione umanistica e necessità aziendali). Si arriva così al confronto fra opinioni dei manager e quelle dei formatori.
Il libro di Monteduro è da leggere con attenzione partendo da una delle sue considerazioni iniziali: “La possibilità di essere manager, ossia di assumere posizioni apicali all’interno di un’azienda, quali quella di amministratore delegato di grande fama e con l’opportunità di accedere a consistenti retribuzioni, non è l’esito meccanico di una scelta formativa piuttosto che di un’altra”. Insomma, si cresce in azienda come nella vita, in quanto persone e non macchine. Esattamente come indica in maniera efficace il titolo stesso del libro: meglio un testa pensante che una testa piena.
Una testa pensante è meglio di una testa piena. Una ricerca sul ruolo della scuola nella formazione dei top manager
Giuseppe Monteduro
EGEA, 2018