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Questa è la nostra città

Dall’Archivio Storico Pirelli alle librerie. L’ultima tappa del nostro approfondimento “Pirelli, la città, la visione” è dedicata alla sceneggiatura scritta da Alberto Moravia nel 1947 in occasione del 75° anniversario di Pirelli, edita per la prima volta nel 2025 da Bompiani. È qui che la corrispondenza fra l’azienda e la metropoli raggiunge la massima intensità narrativa.

Celebrare con un film il rapporto tra Milano e Pirelli, raccontando il ruolo centrale dell’azienda produttrice di pneumatici e materiali in gomma dal 1872 nel processo di affermazione della città quale polo industriale efficiente e produttivo, nell’immediato Dopoguerra.

“Questa è la nostra città” è il titolo della sceneggiatura scritta da Alberto Moravia per Pirelli con la collaborazione di Alfredo Guarini, Massimo Mida e Gianni Puccini, e consegnata nell’agosto del 1947, sotto forma di dattiloscritto composto da centonove cartelle, conservate oggi nel nostro Archivio Storico. Era stata l’azienda a commissionargliela direttamente, qualche mese dopo aver confermato Roberto Rossellini alla regia. Il film doveva parlare di industria, operai, lavoro, macchine e città, nella Milano del Secondo Dopoguerra, senza retorica né abbellimenti. Lo si immaginava da proiettare al Velodromo Vigorelli, davanti a 12.000 persone.

L’idea di realizzare una pellicola ambientata alla Bicocca era nata in seno all’azienda, come atto celebrativo del 75° compleanno di Pirelli, che proprio in quegli anni stava forgiando la propria identità intorno al dialogo fra cultura tecnico-scientifica e valori umanistici. Guidava il progetto Giuseppe Luraghi, personalità di spicco della leadership Pirelli di quegli anni, scrittore e poi editore, uomo d’azienda e di lettere, consapevole del fatto che si sarebbe trattato di un progetto ambizioso che poteva trasformarsi in un’esperienza irripetibile fra cinema, letteratura e industria.

Per questo lavoro Moravia inventò la storia dei Riva, famiglia operaia – di provenienza contadina – alle dipendenze della Pirelli da tre generazioni: nonno, figlio e i nipoti Carlo, Angela e Ida, i tre uomini addetti ai laminatoi del rame, le due ragazze rispettivamente al reparto trecciatrici e al reparto pneumatici biciclette. Attraverso i loro specifici caratteri, le loro diverse aspirazioni e tormenti esistenziali e i loro personali legami con i colleghi, si ricostruisce uno spaccato autentico dell’epoca che ha segnato l’identità di Milano – il periodo della ricostruzione postbellica – sempre restando lontano dalla retorica del progresso.

La trama risulta avvincente nel suo progredire vorticosamente verso il dramma, attraverso le parole e i gesti dei protagonisti e dei personaggi secondari, ma c’è una narrazione parallela che cattura il lettore fino alla XLIII scena, ed è il manifestarsi dei luoghi – dentro e fuori dalla fabbrica, in città. Entriamo nei reparti, portinerie, sotterranei, cortili, usciamo per le strade buie e umide della città, i quartieri operai, gli edifici danneggiati dai bombardamenti. Nelle strade, nella nebbia, nelle case attraverso le finestre. Impressioni e sensazioni si mescolano nella stessa tavolozza fino a far confondere i confini fra Pirelli fabbrica e la città. “Ecco la fabbrica Pirelli” scrive Moravia, presentandoci la città degli operai, città nella città: un legame qui al quadrato fra l’azienda e Milano.

Scritta da Moravia in soli due mesi, “Questa è la nostra città” non convinse il management della Pirelli per via di quei “loschi intrighi” che si consumavano fra gli operai, e per il fatto che alla fabbrica non venisse assegnato un ruolo di centralità. Anche i costi di realizzazione disincentivarono l’azienda dal procedere con il ciak, così il soggetto cinematografico restò, oltre che non girato, inedito. Fino a oggi.

Dall’Archivio Storico Pirelli alle librerie. L’ultima tappa del nostro approfondimento “Pirelli, la città, la visione” è dedicata alla sceneggiatura scritta da Alberto Moravia nel 1947 in occasione del 75° anniversario di Pirelli, edita per la prima volta nel 2025 da Bompiani. È qui che la corrispondenza fra l’azienda e la metropoli raggiunge la massima intensità narrativa.

Celebrare con un film il rapporto tra Milano e Pirelli, raccontando il ruolo centrale dell’azienda produttrice di pneumatici e materiali in gomma dal 1872 nel processo di affermazione della città quale polo industriale efficiente e produttivo, nell’immediato Dopoguerra.

“Questa è la nostra città” è il titolo della sceneggiatura scritta da Alberto Moravia per Pirelli con la collaborazione di Alfredo Guarini, Massimo Mida e Gianni Puccini, e consegnata nell’agosto del 1947, sotto forma di dattiloscritto composto da centonove cartelle, conservate oggi nel nostro Archivio Storico. Era stata l’azienda a commissionargliela direttamente, qualche mese dopo aver confermato Roberto Rossellini alla regia. Il film doveva parlare di industria, operai, lavoro, macchine e città, nella Milano del Secondo Dopoguerra, senza retorica né abbellimenti. Lo si immaginava da proiettare al Velodromo Vigorelli, davanti a 12.000 persone.

L’idea di realizzare una pellicola ambientata alla Bicocca era nata in seno all’azienda, come atto celebrativo del 75° compleanno di Pirelli, che proprio in quegli anni stava forgiando la propria identità intorno al dialogo fra cultura tecnico-scientifica e valori umanistici. Guidava il progetto Giuseppe Luraghi, personalità di spicco della leadership Pirelli di quegli anni, scrittore e poi editore, uomo d’azienda e di lettere, consapevole del fatto che si sarebbe trattato di un progetto ambizioso che poteva trasformarsi in un’esperienza irripetibile fra cinema, letteratura e industria.

Per questo lavoro Moravia inventò la storia dei Riva, famiglia operaia – di provenienza contadina – alle dipendenze della Pirelli da tre generazioni: nonno, figlio e i nipoti Carlo, Angela e Ida, i tre uomini addetti ai laminatoi del rame, le due ragazze rispettivamente al reparto trecciatrici e al reparto pneumatici biciclette. Attraverso i loro specifici caratteri, le loro diverse aspirazioni e tormenti esistenziali e i loro personali legami con i colleghi, si ricostruisce uno spaccato autentico dell’epoca che ha segnato l’identità di Milano – il periodo della ricostruzione postbellica – sempre restando lontano dalla retorica del progresso.

La trama risulta avvincente nel suo progredire vorticosamente verso il dramma, attraverso le parole e i gesti dei protagonisti e dei personaggi secondari, ma c’è una narrazione parallela che cattura il lettore fino alla XLIII scena, ed è il manifestarsi dei luoghi – dentro e fuori dalla fabbrica, in città. Entriamo nei reparti, portinerie, sotterranei, cortili, usciamo per le strade buie e umide della città, i quartieri operai, gli edifici danneggiati dai bombardamenti. Nelle strade, nella nebbia, nelle case attraverso le finestre. Impressioni e sensazioni si mescolano nella stessa tavolozza fino a far confondere i confini fra Pirelli fabbrica e la città. “Ecco la fabbrica Pirelli” scrive Moravia, presentandoci la città degli operai, città nella città: un legame qui al quadrato fra l’azienda e Milano.

Scritta da Moravia in soli due mesi, “Questa è la nostra città” non convinse il management della Pirelli per via di quei “loschi intrighi” che si consumavano fra gli operai, e per il fatto che alla fabbrica non venisse assegnato un ruolo di centralità. Anche i costi di realizzazione disincentivarono l’azienda dal procedere con il ciak, così il soggetto cinematografico restò, oltre che non girato, inedito. Fino a oggi.

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