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I prodotti Pirelli per la montagna: dagli anni Trenta una scalata verso il successo

Una grande immagine pubblicitaria tappezza tutta Milano: un uomo, ripreso dal basso, cammina su una lastra di vetro. Suole e tacchi delle sue scarpe in primo piano: sono prodotti Pirelli. L’immagine porta la firma di Ermanno Scopinich, una campagna pubblicitaria che ha fatto la storia della comunicazione visiva. Una storia di ricerca e avanguardia che inizia già negli anni Trenta quando Pirelli cerca l’innovazione anche nel mondo delle calzature, dedicandosi all’elaborazione di una nuova tecnologia pensata per l’outdoor: la “suola alpina”, che sostituirà successivamente quella chiodata. La sua ideazione parte da una scalata verso la vetta, quella di Punta Rasica in Val Bregaglia del 1935. Diciannove alpinisti tentano la salita. Tra di loro, anche Vitale Bramani, all’epoca accademico del CAI, medaglia d’oro al valore per il contributo nell’apertura di varchi attraverso le Alpi e guida personale di re Alberto I di Belgio nelle sue scalate alle Dolomiti. Colto da un’improvvisa burrasca di neve durante l’arrampicata, il gruppo si trova sprovvisto di protezioni adeguate a sostenere il freddo: coperti dalle sole pedule in corda di canapa ai piedi, l’assideramento ha la meglio su sei di loro. In una prima fase dell’alpinismo, infatti, era necessario utilizzare due tipologie di scarpe. Una che garantisse la sicurezza sul percorso fino alla parete rocciosa (gli scarponi chiodati) e una più leggera per l’arrampicata stessa (le pedule), che però dimostra tutta la sua inadeguatezza in più occasioni critiche o estreme mettendo a rischio gli esploratori. Bramani si rende subito conto dell’inefficacia di un simile equipaggiamento e, deciso a evitare altre simili tragedie, si pone un obiettivo: trovare un modo per migliorare la sicurezza degli alpinisti creando un unico scarpone adatto a entrambe le situazioni e, soprattutto, che non scivoli. Mai. In vetta all’Everest come nel fango o sul ghiaccio bagnato.

La svolta imprenditoriale avviene grazie a un fortunato incontro: Bramani entra in contatto con Franco Brambilla, futuro amministratore delegato di Pirelli e cognato di Leopoldo Pirelli. Da lì un’intuizione: perché non conferire alle suole “il grip” tipico dei pneumatici? Insieme studiano una nuova mescola di gomma vulcanizzata e un disegno tecnico su modello dei battistrada Pirelli. A tasselli simmetrici, a forma di croce e ben marcati, i prototipi drenano perfettamente all’esterno neve e detriti garantendo maggiore aderenza e compattezza in ogni fase dell’escursione, dall’avvicinamento alla parete fino alla scalata.

È il 1937 e nei laboratori di Pirelli prende così forma un nuovo tipo di suola tecnica brevettata Vibram, “il carrarmato”. Sebbene il successo sia immediato, la consacrazione vera e propria arriva solo nel 1954 con la famosa spedizione sul K2 di Achille Compagnoni, Lino Lacedelli, Walter Bonatti e Amir Mahdi. Il team, equipaggiato con scarponi Dolomite suolati Vibram, conquista la cima. È un successo a tutto tondo: un traguardo agonistico, un debutto per la suola alpina ma anche l’inizio di una nuova fase – più innovativa e sicura – nella storia dell’alpinismo. Resistenti all’abrasione, alla trazione, all’aderenza si rivelano immediatamente perfette per usi militari: «A quei tempi, mi ricordo, ho fatto una fornitura al battaglione Aosta. Ora tutti gli appartenenti alla NATO hanno le mie suole», racconta il fondatore di Vibram, che le fornisce in dotazione anche al Regio Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale, agli Alpini Sciatori Monte Cervino e, ancora oggi, ai Marines statunitensi. Da allora, passo dopo passo, la versatilità delle suole Vibram, ispirate alle innovazioni dei prodotti Pirelli, conquistano i mercati di tutto il mondo, e non solo per uso sportivo: dalla personalizzazione per specifiche attività di outdoor al motociclismo, dalla vita cittadina all’alta moda l’ottagono giallo-oro veste anche marchi come Ferragamo, Pollini, The Northface e molti altri. Esattamente come i pneumatici Pirelli lasciano il proprio caratteristico segno a seconda del modello, così a ogni suola è associato il proprio battistrada (Accademica, Alpina e Aprica, per la montagna; Belpasso, Viavai o Lungarno per il passeggio; Ripple per “un passo elastico”; Levanto per chi predilige l’estetica).

Una storia che continua. Un successo di innovazione e creatività sempre in movimento, come le aziende che l’hanno costruito.

Una grande immagine pubblicitaria tappezza tutta Milano: un uomo, ripreso dal basso, cammina su una lastra di vetro. Suole e tacchi delle sue scarpe in primo piano: sono prodotti Pirelli. L’immagine porta la firma di Ermanno Scopinich, una campagna pubblicitaria che ha fatto la storia della comunicazione visiva. Una storia di ricerca e avanguardia che inizia già negli anni Trenta quando Pirelli cerca l’innovazione anche nel mondo delle calzature, dedicandosi all’elaborazione di una nuova tecnologia pensata per l’outdoor: la “suola alpina”, che sostituirà successivamente quella chiodata. La sua ideazione parte da una scalata verso la vetta, quella di Punta Rasica in Val Bregaglia del 1935. Diciannove alpinisti tentano la salita. Tra di loro, anche Vitale Bramani, all’epoca accademico del CAI, medaglia d’oro al valore per il contributo nell’apertura di varchi attraverso le Alpi e guida personale di re Alberto I di Belgio nelle sue scalate alle Dolomiti. Colto da un’improvvisa burrasca di neve durante l’arrampicata, il gruppo si trova sprovvisto di protezioni adeguate a sostenere il freddo: coperti dalle sole pedule in corda di canapa ai piedi, l’assideramento ha la meglio su sei di loro. In una prima fase dell’alpinismo, infatti, era necessario utilizzare due tipologie di scarpe. Una che garantisse la sicurezza sul percorso fino alla parete rocciosa (gli scarponi chiodati) e una più leggera per l’arrampicata stessa (le pedule), che però dimostra tutta la sua inadeguatezza in più occasioni critiche o estreme mettendo a rischio gli esploratori. Bramani si rende subito conto dell’inefficacia di un simile equipaggiamento e, deciso a evitare altre simili tragedie, si pone un obiettivo: trovare un modo per migliorare la sicurezza degli alpinisti creando un unico scarpone adatto a entrambe le situazioni e, soprattutto, che non scivoli. Mai. In vetta all’Everest come nel fango o sul ghiaccio bagnato.

La svolta imprenditoriale avviene grazie a un fortunato incontro: Bramani entra in contatto con Franco Brambilla, futuro amministratore delegato di Pirelli e cognato di Leopoldo Pirelli. Da lì un’intuizione: perché non conferire alle suole “il grip” tipico dei pneumatici? Insieme studiano una nuova mescola di gomma vulcanizzata e un disegno tecnico su modello dei battistrada Pirelli. A tasselli simmetrici, a forma di croce e ben marcati, i prototipi drenano perfettamente all’esterno neve e detriti garantendo maggiore aderenza e compattezza in ogni fase dell’escursione, dall’avvicinamento alla parete fino alla scalata.

È il 1937 e nei laboratori di Pirelli prende così forma un nuovo tipo di suola tecnica brevettata Vibram, “il carrarmato”. Sebbene il successo sia immediato, la consacrazione vera e propria arriva solo nel 1954 con la famosa spedizione sul K2 di Achille Compagnoni, Lino Lacedelli, Walter Bonatti e Amir Mahdi. Il team, equipaggiato con scarponi Dolomite suolati Vibram, conquista la cima. È un successo a tutto tondo: un traguardo agonistico, un debutto per la suola alpina ma anche l’inizio di una nuova fase – più innovativa e sicura – nella storia dell’alpinismo. Resistenti all’abrasione, alla trazione, all’aderenza si rivelano immediatamente perfette per usi militari: «A quei tempi, mi ricordo, ho fatto una fornitura al battaglione Aosta. Ora tutti gli appartenenti alla NATO hanno le mie suole», racconta il fondatore di Vibram, che le fornisce in dotazione anche al Regio Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale, agli Alpini Sciatori Monte Cervino e, ancora oggi, ai Marines statunitensi. Da allora, passo dopo passo, la versatilità delle suole Vibram, ispirate alle innovazioni dei prodotti Pirelli, conquistano i mercati di tutto il mondo, e non solo per uso sportivo: dalla personalizzazione per specifiche attività di outdoor al motociclismo, dalla vita cittadina all’alta moda l’ottagono giallo-oro veste anche marchi come Ferragamo, Pollini, The Northface e molti altri. Esattamente come i pneumatici Pirelli lasciano il proprio caratteristico segno a seconda del modello, così a ogni suola è associato il proprio battistrada (Accademica, Alpina e Aprica, per la montagna; Belpasso, Viavai o Lungarno per il passeggio; Ripple per “un passo elastico”; Levanto per chi predilige l’estetica).

Una storia che continua. Un successo di innovazione e creatività sempre in movimento, come le aziende che l’hanno costruito.

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