Ricostruire fiducia e investire su cultura e futuro, le parole di Mattarella per i cinquant’anni del Fai
Ricostruire fiducia. E ridare speranza, soprattutto alle ragazze e ai ragazzi, molti, troppi dei quali abbandonano l’Italia in cerca di migliori condizioni di lavoro e di vita. In tempi di crisi, quali quelli che stiamo vivendo, è necessario avere la chiara consapevolezza delle tensioni, delle fratture e dei rischi di degrado delle condizioni politiche, economiche e sociali. Ma anche provare a intravvedere, e cercare di costruire, progetti di ripresa, di riscatto. Al di là del buon senso che racconta come il punto più oscuro delle notte sia proprio alla vigilia dell’alba, a mettere un limite alla disperazione contribuiscono le pagine più lucide della nostra letteratura. Come quella che conclude “Le città invisibili” di Italo Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’é uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
La lezione di Calvino è parte integrante di un modo responsabile di concepire il lavoro intellettuale e dunque anche l’impegno politico. E vale la pena tenerla a mente di fronte ai tanti segnali di crisi che affollano il nostro tempo inquieto. Cercandone tracce nel tessuto stesso del discorso pubblico con cui viviamo, raccontiamo, progettiamo una più soddisfacente condizione nel nostro essere cives, cittadini responsabili di una comunità.
Un buon esempio sta nelle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pronunciate nei giorni scorsi durante la cerimonia, al Quirinale, per i cinquant’anni del Fai, il Fondo che, meritoriamente, tutela e valorizza i beni ambientali italiani e dunque anche il paesaggio, i monumenti, le testimonianze storiche di una straordinaria civiltà. In linea, appunto, con la recente versione dell’articolo 9 della Costituzione che, nella modifica del febbraio 2022, ha introdotto, accanto allo “sviluppo della cultura”, alla “ricerca scientifica e tecnica” e alla tutela del “paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione” pure “la tutela dell’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Sostiene il presidente Mattarella che la cultura ha la responsabilità della “costruzione di identità condivise e comuni, nel rispetto delle identità di ciascuno” e definisce una civiltà “che genera capitale sociale, incontro, pace, sviluppo”. Quest’Italia è, appunto, “un suggestivo mosaico” frutto di “tante storie e vicende” e “pazientemente composto a beneficio delle nuove generazioni”. Tocca a loro, infatti, “trovare alimento nella storia da cui hanno origine” e da essa “alzare l’orizzonte nel nostro sguardo”. In altri termini, “il destino dell’uomo e il destino dell’ambiente non sono mai stati così strettamente connessi”.
Ambiente, cultura, storia e sviluppo sostenibile sono cardini essenziali di una più equilibrata crescita economica e sociale (ne abbiamo parlato anche nei blog delle ultime due settimane). E se in tempi di radicali sconvolgimenti degli equilibri geopolitici e di profondo turbamento dei mercati a causa delle gravi guerre commerciali in corso, vanno ridefinite ragioni e metodi delle competizioni e delle ricostruzioni delle catene del valore, proprio l’Italia, nel contesto dell’Europa, non può non fare leva sulle caratteristiche culturali, economiche e civili che ne connotano storia e futuro.
Ecco perché il presidente Mattarella ricorda che “non si tratta di imbalsamare luoghi, ma di mettere a disposizione della comunità risorse che si rischia di disperdere se non più valorizzate”.
Sono luoghi, infatti, densi di bellezza e di cultura. E i 72 beni affidati al Fai (56, quelli aperti al pubblico e protetti e valorizzati grazie all’impegno di 300mila iscritti e 16mila volontari) sono un campione di quella straordinaria ricchezza italiana che vale non solo come stimolo per un turismo colto, lento, consapevole e responsabile, ma soprattutto come patrimonio culturale e come capitale sociale da usare bene come leva di sviluppo sostenibile.
A ragione, il presidente Mattarella, nell’incontro con i delegati del Fai (guidati dal presidente Marco Magnifico e dall’ex presidente Andrea Carandini) ha ricordato le parole di Benedetto Croce, promotore nel 1922 della prima legge sul paesaggio e convinto che “lo spirito di una comunità fosse legato ai territori e al paesaggio, degradando i quali si rischiava di indebolire e sradicare le proprie ragioni storiche e culturali”. Un rischio, purtroppo, ancora attuale, anche in violazione delle serie norme di tutela.
Valori culturali e morali. E valori di rilievo economico. La cultura italiana, in cui affonda le sue radici vitali il miglior Made in Italy, è infatti un ricco tessuto intrecciato di senso della bellezza e conoscenze scientifiche e tecnologiche, sapienza letteraria, artistica e filosofica e spirito matematico, creatività originale e capacità manifatturiera di fare “cose belle che piacciono al mondo”.
Le imprese migliori del Made in Italy ne sono consapevoli. Hanno fatto dei valori ESG parte essenziale del loro modo di produrre, lavorare, stare sul mercato, crescere ed essere competitive. E sanno che la propria storia è un fattore distintivo, in una competizione in cui pesano negativamente concorrenze improprie ed emulazioni. E che, appunto, il legame con i territori è un fattore identitario di qualità e sostenibilità, per trasmettere conoscenze e costruirne di nuove. Le esperienze raccontate negli oltre 160 musei e archivi storici d’impresa iscritti a Museimpresa (l’associazione nata oltre vent’anni fa da Assolombarda e Confindustria) ne sono chiare testimonianze. E la collaborazione che da tempo va avanti tra il Fai, il mondo delle imprese sostenitrici (Pirelli è una di queste) e la stessa Museimpresa dicono di un impegno comune che ha forti valenze economiche e culturali.
Come andare avanti? Se questo è il nostro patrimonio di sviluppo sostenibile, sono necessari forti investimenti pubblici sulla cultura, sulla ricerca scientifica, sulla scuola e sulla formazione di lungo periodo, cercando di raggiungere velocemente standard europei. Utili, anche, forti incentivi fiscali per le imprese private che investono in quelle direzioni (un’estensione dell’Art Bonus sarebbe quanto mai opportuna, dando finalmente ascolto a chi, come Museimpresa, lo chiede da tempo).
Il nostro futuro, infatti, ha un cuore antico (parafrasando l’efficace titolo di un libro di Carlo Levi). Ed è indispensabile affrontare le sfide di una contemporaneità che si presenta carica di complessità e aspetti controversi, ma anche di straordinarie opportunità. Di complessità, d’altronde, proprio l’esperienza culturale e sociale italiana è sempre stata straordinariamente densa. E quel “mosaico di storie diverse” ricordato dal presidente Mattarella proprio oggi è un elemento su cui fare leva. Per ricostruire fiducia e dare ai giovani stimoli per investire, lavorare, fare ricerca, rafforzare la propria creatività e intraprendenza.
Tracce di storia, percorsi di futuro.
(foto Getty Images)


Ricostruire fiducia. E ridare speranza, soprattutto alle ragazze e ai ragazzi, molti, troppi dei quali abbandonano l’Italia in cerca di migliori condizioni di lavoro e di vita. In tempi di crisi, quali quelli che stiamo vivendo, è necessario avere la chiara consapevolezza delle tensioni, delle fratture e dei rischi di degrado delle condizioni politiche, economiche e sociali. Ma anche provare a intravvedere, e cercare di costruire, progetti di ripresa, di riscatto. Al di là del buon senso che racconta come il punto più oscuro delle notte sia proprio alla vigilia dell’alba, a mettere un limite alla disperazione contribuiscono le pagine più lucide della nostra letteratura. Come quella che conclude “Le città invisibili” di Italo Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’é uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
La lezione di Calvino è parte integrante di un modo responsabile di concepire il lavoro intellettuale e dunque anche l’impegno politico. E vale la pena tenerla a mente di fronte ai tanti segnali di crisi che affollano il nostro tempo inquieto. Cercandone tracce nel tessuto stesso del discorso pubblico con cui viviamo, raccontiamo, progettiamo una più soddisfacente condizione nel nostro essere cives, cittadini responsabili di una comunità.
Un buon esempio sta nelle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pronunciate nei giorni scorsi durante la cerimonia, al Quirinale, per i cinquant’anni del Fai, il Fondo che, meritoriamente, tutela e valorizza i beni ambientali italiani e dunque anche il paesaggio, i monumenti, le testimonianze storiche di una straordinaria civiltà. In linea, appunto, con la recente versione dell’articolo 9 della Costituzione che, nella modifica del febbraio 2022, ha introdotto, accanto allo “sviluppo della cultura”, alla “ricerca scientifica e tecnica” e alla tutela del “paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione” pure “la tutela dell’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Sostiene il presidente Mattarella che la cultura ha la responsabilità della “costruzione di identità condivise e comuni, nel rispetto delle identità di ciascuno” e definisce una civiltà “che genera capitale sociale, incontro, pace, sviluppo”. Quest’Italia è, appunto, “un suggestivo mosaico” frutto di “tante storie e vicende” e “pazientemente composto a beneficio delle nuove generazioni”. Tocca a loro, infatti, “trovare alimento nella storia da cui hanno origine” e da essa “alzare l’orizzonte nel nostro sguardo”. In altri termini, “il destino dell’uomo e il destino dell’ambiente non sono mai stati così strettamente connessi”.
Ambiente, cultura, storia e sviluppo sostenibile sono cardini essenziali di una più equilibrata crescita economica e sociale (ne abbiamo parlato anche nei blog delle ultime due settimane). E se in tempi di radicali sconvolgimenti degli equilibri geopolitici e di profondo turbamento dei mercati a causa delle gravi guerre commerciali in corso, vanno ridefinite ragioni e metodi delle competizioni e delle ricostruzioni delle catene del valore, proprio l’Italia, nel contesto dell’Europa, non può non fare leva sulle caratteristiche culturali, economiche e civili che ne connotano storia e futuro.
Ecco perché il presidente Mattarella ricorda che “non si tratta di imbalsamare luoghi, ma di mettere a disposizione della comunità risorse che si rischia di disperdere se non più valorizzate”.
Sono luoghi, infatti, densi di bellezza e di cultura. E i 72 beni affidati al Fai (56, quelli aperti al pubblico e protetti e valorizzati grazie all’impegno di 300mila iscritti e 16mila volontari) sono un campione di quella straordinaria ricchezza italiana che vale non solo come stimolo per un turismo colto, lento, consapevole e responsabile, ma soprattutto come patrimonio culturale e come capitale sociale da usare bene come leva di sviluppo sostenibile.
A ragione, il presidente Mattarella, nell’incontro con i delegati del Fai (guidati dal presidente Marco Magnifico e dall’ex presidente Andrea Carandini) ha ricordato le parole di Benedetto Croce, promotore nel 1922 della prima legge sul paesaggio e convinto che “lo spirito di una comunità fosse legato ai territori e al paesaggio, degradando i quali si rischiava di indebolire e sradicare le proprie ragioni storiche e culturali”. Un rischio, purtroppo, ancora attuale, anche in violazione delle serie norme di tutela.
Valori culturali e morali. E valori di rilievo economico. La cultura italiana, in cui affonda le sue radici vitali il miglior Made in Italy, è infatti un ricco tessuto intrecciato di senso della bellezza e conoscenze scientifiche e tecnologiche, sapienza letteraria, artistica e filosofica e spirito matematico, creatività originale e capacità manifatturiera di fare “cose belle che piacciono al mondo”.
Le imprese migliori del Made in Italy ne sono consapevoli. Hanno fatto dei valori ESG parte essenziale del loro modo di produrre, lavorare, stare sul mercato, crescere ed essere competitive. E sanno che la propria storia è un fattore distintivo, in una competizione in cui pesano negativamente concorrenze improprie ed emulazioni. E che, appunto, il legame con i territori è un fattore identitario di qualità e sostenibilità, per trasmettere conoscenze e costruirne di nuove. Le esperienze raccontate negli oltre 160 musei e archivi storici d’impresa iscritti a Museimpresa (l’associazione nata oltre vent’anni fa da Assolombarda e Confindustria) ne sono chiare testimonianze. E la collaborazione che da tempo va avanti tra il Fai, il mondo delle imprese sostenitrici (Pirelli è una di queste) e la stessa Museimpresa dicono di un impegno comune che ha forti valenze economiche e culturali.
Come andare avanti? Se questo è il nostro patrimonio di sviluppo sostenibile, sono necessari forti investimenti pubblici sulla cultura, sulla ricerca scientifica, sulla scuola e sulla formazione di lungo periodo, cercando di raggiungere velocemente standard europei. Utili, anche, forti incentivi fiscali per le imprese private che investono in quelle direzioni (un’estensione dell’Art Bonus sarebbe quanto mai opportuna, dando finalmente ascolto a chi, come Museimpresa, lo chiede da tempo).
Il nostro futuro, infatti, ha un cuore antico (parafrasando l’efficace titolo di un libro di Carlo Levi). Ed è indispensabile affrontare le sfide di una contemporaneità che si presenta carica di complessità e aspetti controversi, ma anche di straordinarie opportunità. Di complessità, d’altronde, proprio l’esperienza culturale e sociale italiana è sempre stata straordinariamente densa. E quel “mosaico di storie diverse” ricordato dal presidente Mattarella proprio oggi è un elemento su cui fare leva. Per ricostruire fiducia e dare ai giovani stimoli per investire, lavorare, fare ricerca, rafforzare la propria creatività e intraprendenza.
Tracce di storia, percorsi di futuro.
(foto Getty Images)