Buon imprenditore in buona società
Chi è l’imprenditore? A questa domanda hanno cercato di rispondere in tanti e da più parti. E’ un interrogativo difficile, la cui riposta può far precipitare in un abisso. Eppure c’è chi ha cercato di rispondere a questo interrogativo senza teorizzare nulla, ma raccontando una storia. E’ il caso di Luigi Einaudi che più di un secolo fa scrisse “Un principe mercante”: storia di Enrico dell’Acqua, di Busto Arsizio, che percorse il mondo “facendosi da se’” e creando il paradigma dell’imprenditore italiano. Quel racconto ha fatto storia nella letteratura economica – forse anche perché scritto in maniera comprensibile – ed è stato ripreso oggi da Paolo Silvestri in un articolo apparso su Biblioteca della libertà, Rivista quadrimestrale online del Centro Einaudi di Torino. Il risultato è un altro racconto, una cavalcata lungo un secolo di economia e di insegnamento civile in cui si stagliano, oltre che ovviamente Einaudi, anche nomi come Piero Gobetti, Adam Smith, Norberto Bobbio e Josep Shumpeter e, più recentemente Sergio Ricossa e Giuseppe Berta.
Quelle di Silvestri sono 16 pagine dalle quali emergono i tratti fondamentali dell’essere imprenditore ieri come oggi e cioè di colui il cui comportamento non può essere teorizzato più di tanto ma va raccontato e osservato per essere compreso, anche se non si riuscirà mai a capirlo fino in fondo. Ciò nonostante Silvestri, riprendendo ovviamente Einaudi, azzarda a dire che “l’imprenditore è colui che: 1) «sceglie le merci che dovranno essere prodotte», 2) «delibera ciò che si deve e che non si deve mettere sul mercato», 3) fissa le «linee strategiche» e i «fini» dell’azienda e «calcola i mezzi» più adeguati al loro raggiungimento, 4) soddisfa i «bisogni dei consumatori», anche quelli più «strani»”.
Si tratta, forse, di una fotografia semplicistica dell’essere imprenditore oggi, ma è anche un ritratto “dal vero” che vale la pena di essere esaminato. Soprattutto per almeno due concetti che emergono dall’articolo. La buona imprenditorialità va, prima di tutto, di pari passo con il buongoverno e la creazione di una società aperta agli stimoli e al merito. La buona imprenditorialità e la buona cultura d’impresa, poi, nascono da una tensione positiva tra prudenza e rischio, tra tradizione e innovazione.
Il paradigma dell’imprenditore in una società liberale: tra prudenza e rischio-innovazione
Paolo Silvestri
Biblioteca della libertà
Rivista quadrimestrale online del Centro Einaudi, 2012
Chi è l’imprenditore? A questa domanda hanno cercato di rispondere in tanti e da più parti. E’ un interrogativo difficile, la cui riposta può far precipitare in un abisso. Eppure c’è chi ha cercato di rispondere a questo interrogativo senza teorizzare nulla, ma raccontando una storia. E’ il caso di Luigi Einaudi che più di un secolo fa scrisse “Un principe mercante”: storia di Enrico dell’Acqua, di Busto Arsizio, che percorse il mondo “facendosi da se’” e creando il paradigma dell’imprenditore italiano. Quel racconto ha fatto storia nella letteratura economica – forse anche perché scritto in maniera comprensibile – ed è stato ripreso oggi da Paolo Silvestri in un articolo apparso su Biblioteca della libertà, Rivista quadrimestrale online del Centro Einaudi di Torino. Il risultato è un altro racconto, una cavalcata lungo un secolo di economia e di insegnamento civile in cui si stagliano, oltre che ovviamente Einaudi, anche nomi come Piero Gobetti, Adam Smith, Norberto Bobbio e Josep Shumpeter e, più recentemente Sergio Ricossa e Giuseppe Berta.
Quelle di Silvestri sono 16 pagine dalle quali emergono i tratti fondamentali dell’essere imprenditore ieri come oggi e cioè di colui il cui comportamento non può essere teorizzato più di tanto ma va raccontato e osservato per essere compreso, anche se non si riuscirà mai a capirlo fino in fondo. Ciò nonostante Silvestri, riprendendo ovviamente Einaudi, azzarda a dire che “l’imprenditore è colui che: 1) «sceglie le merci che dovranno essere prodotte», 2) «delibera ciò che si deve e che non si deve mettere sul mercato», 3) fissa le «linee strategiche» e i «fini» dell’azienda e «calcola i mezzi» più adeguati al loro raggiungimento, 4) soddisfa i «bisogni dei consumatori», anche quelli più «strani»”.
Si tratta, forse, di una fotografia semplicistica dell’essere imprenditore oggi, ma è anche un ritratto “dal vero” che vale la pena di essere esaminato. Soprattutto per almeno due concetti che emergono dall’articolo. La buona imprenditorialità va, prima di tutto, di pari passo con il buongoverno e la creazione di una società aperta agli stimoli e al merito. La buona imprenditorialità e la buona cultura d’impresa, poi, nascono da una tensione positiva tra prudenza e rischio, tra tradizione e innovazione.
Il paradigma dell’imprenditore in una società liberale: tra prudenza e rischio-innovazione
Paolo Silvestri
Biblioteca della libertà
Rivista quadrimestrale online del Centro Einaudi, 2012