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Tecnologia umanistica

Un breve ma intenso libro riesce a cogliere con chiarezza i legami fra le nuove tecnologie digitali e la cultura dell’uomo

La cultura dell’impresa si fa nel tempo e recependo quanto arriva dall’interno e dall’esterno di essa. Umanità e tecnologia in un intreccio in mutamento continuo. Sapere umanistico e sapere tecnologico collegati per dare origine a qualcosa di unico per ogni organizzazione della produzione. Ed è proprio dall’equilibrio dell’intreccio fra tecnologia (digitale adesso, meccanica un tempo), e umanesimo che prende forma ogni buona cultura del produrre. Strettamente “annodata” a quella generale del tempo. Comprendere i nessi fra culture è quindi fondamentale. E aiuta in questo senso leggere “L’impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia” di Lorenzo Tomasin.

Il libro indaga sui legami delle tecnologie digitali con la cultura umanistica. Scontri, più che legami, in effetti. Che prendono forma nel momento in cui le nuove tecnologie da strumenti diventano fini che arrivano a prevaricare  il corretto ragionamento dell’uomo. A sorreggere le pagine di Tomasin (che insegna Filologia romanza e Storia della lingua italiana a Losanna), è la constatazione che la tecnologia sta influendo profondamente sulla cultura umanistica: dalla formazione di base alla ricerca avanzata, essa non offre solo preziosi strumenti al servizio delle scienze, e delle scienze umane in particolare, ma in molti casi tende a riscriverne obiettivi e linguaggi, ponendone in discussione il ruolo nella società e nel sistema dei saperi. Anziché come proficuo mezzo a disposizione di tutte le discipline, la tecnologia si pone – come si è detto -, quale fine o centro del discorso culturale.

Per dimostrare tutto questo, l’autore in sette capitoli affronta altrettanti aspetti dell’incontro-scontro delle tecnologie digitali con la comune esperienza umana. Passati in rassegna rapidamente (ma non in maniera superficiale), sono temi come il ruolo di Internet e della rete, il rapporto fra la digitalizzazione delle informazioni e i libri, il ruolo e il potere degli acronimi, l’estensione dell’uso dell’inglese, le difficoltà delle “lettere” e le relazioni fra passato e presente. L’autore non indica il ricorso alla tecnofobia come soluzione, ma una strada diversa nella quale la tecnica sia ricondotta a strumento.

Tomasin scrive bene e acutamente, prende la mente di chi legge, necessita però di attenzione: le sue pagine scorrono veloci ma non sono da prendere correndo.

Apparentemente breve (poco più di cento pagine), eppure da gustare lungamente quanto scritto da Tomasin aiuta certamente anche la cultura d’impresa a crescere meglio.

L’impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia

Lorenzo Tomasin

Carocci editore, 2017

Un breve ma intenso libro riesce a cogliere con chiarezza i legami fra le nuove tecnologie digitali e la cultura dell’uomo

La cultura dell’impresa si fa nel tempo e recependo quanto arriva dall’interno e dall’esterno di essa. Umanità e tecnologia in un intreccio in mutamento continuo. Sapere umanistico e sapere tecnologico collegati per dare origine a qualcosa di unico per ogni organizzazione della produzione. Ed è proprio dall’equilibrio dell’intreccio fra tecnologia (digitale adesso, meccanica un tempo), e umanesimo che prende forma ogni buona cultura del produrre. Strettamente “annodata” a quella generale del tempo. Comprendere i nessi fra culture è quindi fondamentale. E aiuta in questo senso leggere “L’impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia” di Lorenzo Tomasin.

Il libro indaga sui legami delle tecnologie digitali con la cultura umanistica. Scontri, più che legami, in effetti. Che prendono forma nel momento in cui le nuove tecnologie da strumenti diventano fini che arrivano a prevaricare  il corretto ragionamento dell’uomo. A sorreggere le pagine di Tomasin (che insegna Filologia romanza e Storia della lingua italiana a Losanna), è la constatazione che la tecnologia sta influendo profondamente sulla cultura umanistica: dalla formazione di base alla ricerca avanzata, essa non offre solo preziosi strumenti al servizio delle scienze, e delle scienze umane in particolare, ma in molti casi tende a riscriverne obiettivi e linguaggi, ponendone in discussione il ruolo nella società e nel sistema dei saperi. Anziché come proficuo mezzo a disposizione di tutte le discipline, la tecnologia si pone – come si è detto -, quale fine o centro del discorso culturale.

Per dimostrare tutto questo, l’autore in sette capitoli affronta altrettanti aspetti dell’incontro-scontro delle tecnologie digitali con la comune esperienza umana. Passati in rassegna rapidamente (ma non in maniera superficiale), sono temi come il ruolo di Internet e della rete, il rapporto fra la digitalizzazione delle informazioni e i libri, il ruolo e il potere degli acronimi, l’estensione dell’uso dell’inglese, le difficoltà delle “lettere” e le relazioni fra passato e presente. L’autore non indica il ricorso alla tecnofobia come soluzione, ma una strada diversa nella quale la tecnica sia ricondotta a strumento.

Tomasin scrive bene e acutamente, prende la mente di chi legge, necessita però di attenzione: le sue pagine scorrono veloci ma non sono da prendere correndo.

Apparentemente breve (poco più di cento pagine), eppure da gustare lungamente quanto scritto da Tomasin aiuta certamente anche la cultura d’impresa a crescere meglio.

L’impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia

Lorenzo Tomasin

Carocci editore, 2017

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