Come una città
Milano e Pirelli, centri di produzione culturale, protagoniste della nuova tappa dell’approfondimento “Pirelli, la città, la visione”. Dal nostro Archivio Storico i documenti e le testimonianze di un’azienda che ha messo al centro dell’impresa l’impegno per la promozione dell’arte e della cultura
Dal Dopoguerra agli anni Sessanta del Novecento, le grandi imprese italiane sono realtà culturali oltre che produttive, collaborano con scrittori, intellettuali, artisti nello sviluppo di modelli aziendali che mettono insieme la cultura tecnico-scientifica con il sapere umanistico, al contempo contribuendo al progresso culturale della comunità. Fra queste, Pirelli vive una stagione di straordinaria fertilitàtà, di vero e proprio “umanesimo industriale”, stimolata anche dall’ambiente milanese, che in quello stesso periodo attraversava un momento di intensa vitalità e ricchezza, al punto da diventare polo di attrazione internazionale per artisti e intellettuali.
C’è un anno in particolare che fa da centro-stella in questa relazione ed è il 1947, quando nasce il Piccolo Teatro della Città di Milano, teatro municipale “per tutti”, fondato per iniziativa di Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, sostenuto dal Comune di Milano, e debutta il Centro Culturale Pirelli, circolo aziendale diretto da Silvestro Severgnini, amico di Paolo Grassi, con lo scopo di offrire ai lavoratori eventi e iniziative nel campo della musica, del teatro, delle arti figurative, del cinema, della letteratura.
“Una formula nuova, ed abbastanza indovinata, per incrementare nei lavoratori l’interesse alla cultura”: l’azienda “fornisce i mezzi affinché ai suoi dipendenti, che ne sentano il desiderio, divenga accessibile la partecipazione alle più vive e vitali manifestazioni del sapere” secondo la definizione del suo stesso ideatore nell’articolo pubblicato sulla Rivista Pirelli n° 1 del 1951.
Fra il Piccolo Teatro di Milano e il Centro Culturale Pirelli nasce un immediato sodalizio, che risulta simbolico del percorso che città e azienda stanno compiendo. Del resto, può un’azienda che ha raggiunto nel 1950 quasi il milione di metri quadrati di estensione non considerarsi a sua volta come una città?
“Anche l’operaio non vive di solo pane” titola nel 1947 un trafiletto del Notiziario aziendale – pubblicazione curata dai lavoratori del Gruppo nel dopoguerra – che così continua: “se si vuole rasserenare gli animi dei lavoratori […] occorre avvicinarli all’arte, a un’arte piana e vivificatrice […] Un’iniziativa a questo scopo è sorta recentemente sotto gli auspici del Sindaco di Milano, ed è già in atto. A detto teatro si accede anche con abbonamenti di modesto importo (e lo stesso nostro Centro Culturale vi ha aderito)”.
Con il passare degli anni l’offerta del Centro Culturale è sempre più ampia, Pirelli si affianca ad altre istituzioni culturali milanesi, come la Scala, i Pomeriggi Musicali o il Teatro del Popolo, nel 1952 arriva a fornire 12.495 presenze alla stagione lirica e concertistica milanese, diventando “per le sue proporzioni un fatto della cultura cittadina” (Rivista Pirelli, “La fabbrica è aperta ai movimenti della cultura”) e, dal 1960, godrà di un proprio prestigioso spazio, l’auditorium all’interno del Grattacielo Pirelli, dopo aver abbandonato i locali del “Ritrovo” presso il vecchio stabilimento della “Brusada”. Si rinnova così lo slancio dell’attività culturale del Centro, che organizza concerti, convegni, letture, proiezioni, presentazioni, con ospiti autorevoli e illustri, scrittori, giornalisti, poeti – fra i tanti Italo Calvino, Umberto Eco, Guido Lopez, Salvatore Quasimodo, Mario Soldati – e personalità accademiche e politiche.
Nel frattempo, su “Pirelli. Rivista d’informazione e di tecnica” si svolge per oltre due decenni uno dei più avanzati dibattiti culturali del Paese. Pubblicata tra il 1948 e il 1972 a cadenza prevalentemente bimestrale e regolarmente distribuita in edicola, la Rivista Pirelli nasce con lo scopo di unire la cultura tecnico-scientifica e la cultura umanistica, affrontando temi relativi alla produzione industriale, alla scienza, alla tecnologia, sono affrontati accanto a interventi che spaziano dall’arte all’architettura, dalla sociologia all’economia, dall’urbanistica alla letteratura. Tra le firme troviamo quelle di Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Camilla Cederna, Gillo Dorfles, Arrigo Levi, Eugenio Montale, Fernanda Pivano, Franco Quadri, Alberto Ronchey, Elio Vittorini e decine di altri, mentre a impreziosire le pagine della Rivista splendidi reportage di maestri della fotografia come Arno Hammacher, Pepi Merisio, Ugo Mulas, Federico Patellani, Fulvio Roiter, Enzo Sellerio e illustrazioni firmate da artisti come Renato Guttuso, Riccardo Manzi e Alessandro Mendini.
L’esperienza della Rivista Pirelli è documentata dal volume «Umanesimo industriale. Antologia di pensieri, parole, immagini e innovazioni», curato dalla Fondazione Pirelli ed edito nel 2019 da Mondadori, e tutti i 131 numeri, insieme a un fondo fotografico di 6.000 immagini, di cui 3.500 pubblicate e 2.500 inedite, sono conservati presso l’Archivio Storico di Pirelli, compreso il primo, con il suo editoriale firmato da Alberto Pirelli, chiarificatore della vocazione autentica e originale di questo esperimento editoriale: “Utilizza questa industria un numero enorme di prodotti diversi […] impiega la più grande varietà di macchine e utensili […] Quante possibilità dunque di contribuire all’evoluzione della vita moderna […] Ma se potremo in questa rivista qualche volta sollevarci un po’ più in su, lo faremo col senso che ogni contributo alla civiltà meccanizzata va inquadrato nei più alti valori sociali e culturali della vita”.


Milano e Pirelli, centri di produzione culturale, protagoniste della nuova tappa dell’approfondimento “Pirelli, la città, la visione”. Dal nostro Archivio Storico i documenti e le testimonianze di un’azienda che ha messo al centro dell’impresa l’impegno per la promozione dell’arte e della cultura
Dal Dopoguerra agli anni Sessanta del Novecento, le grandi imprese italiane sono realtà culturali oltre che produttive, collaborano con scrittori, intellettuali, artisti nello sviluppo di modelli aziendali che mettono insieme la cultura tecnico-scientifica con il sapere umanistico, al contempo contribuendo al progresso culturale della comunità. Fra queste, Pirelli vive una stagione di straordinaria fertilitàtà, di vero e proprio “umanesimo industriale”, stimolata anche dall’ambiente milanese, che in quello stesso periodo attraversava un momento di intensa vitalità e ricchezza, al punto da diventare polo di attrazione internazionale per artisti e intellettuali.
C’è un anno in particolare che fa da centro-stella in questa relazione ed è il 1947, quando nasce il Piccolo Teatro della Città di Milano, teatro municipale “per tutti”, fondato per iniziativa di Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, sostenuto dal Comune di Milano, e debutta il Centro Culturale Pirelli, circolo aziendale diretto da Silvestro Severgnini, amico di Paolo Grassi, con lo scopo di offrire ai lavoratori eventi e iniziative nel campo della musica, del teatro, delle arti figurative, del cinema, della letteratura.
“Una formula nuova, ed abbastanza indovinata, per incrementare nei lavoratori l’interesse alla cultura”: l’azienda “fornisce i mezzi affinché ai suoi dipendenti, che ne sentano il desiderio, divenga accessibile la partecipazione alle più vive e vitali manifestazioni del sapere” secondo la definizione del suo stesso ideatore nell’articolo pubblicato sulla Rivista Pirelli n° 1 del 1951.
Fra il Piccolo Teatro di Milano e il Centro Culturale Pirelli nasce un immediato sodalizio, che risulta simbolico del percorso che città e azienda stanno compiendo. Del resto, può un’azienda che ha raggiunto nel 1950 quasi il milione di metri quadrati di estensione non considerarsi a sua volta come una città?
“Anche l’operaio non vive di solo pane” titola nel 1947 un trafiletto del Notiziario aziendale – pubblicazione curata dai lavoratori del Gruppo nel dopoguerra – che così continua: “se si vuole rasserenare gli animi dei lavoratori […] occorre avvicinarli all’arte, a un’arte piana e vivificatrice […] Un’iniziativa a questo scopo è sorta recentemente sotto gli auspici del Sindaco di Milano, ed è già in atto. A detto teatro si accede anche con abbonamenti di modesto importo (e lo stesso nostro Centro Culturale vi ha aderito)”.
Con il passare degli anni l’offerta del Centro Culturale è sempre più ampia, Pirelli si affianca ad altre istituzioni culturali milanesi, come la Scala, i Pomeriggi Musicali o il Teatro del Popolo, nel 1952 arriva a fornire 12.495 presenze alla stagione lirica e concertistica milanese, diventando “per le sue proporzioni un fatto della cultura cittadina” (Rivista Pirelli, “La fabbrica è aperta ai movimenti della cultura”) e, dal 1960, godrà di un proprio prestigioso spazio, l’auditorium all’interno del Grattacielo Pirelli, dopo aver abbandonato i locali del “Ritrovo” presso il vecchio stabilimento della “Brusada”. Si rinnova così lo slancio dell’attività culturale del Centro, che organizza concerti, convegni, letture, proiezioni, presentazioni, con ospiti autorevoli e illustri, scrittori, giornalisti, poeti – fra i tanti Italo Calvino, Umberto Eco, Guido Lopez, Salvatore Quasimodo, Mario Soldati – e personalità accademiche e politiche.
Nel frattempo, su “Pirelli. Rivista d’informazione e di tecnica” si svolge per oltre due decenni uno dei più avanzati dibattiti culturali del Paese. Pubblicata tra il 1948 e il 1972 a cadenza prevalentemente bimestrale e regolarmente distribuita in edicola, la Rivista Pirelli nasce con lo scopo di unire la cultura tecnico-scientifica e la cultura umanistica, affrontando temi relativi alla produzione industriale, alla scienza, alla tecnologia, sono affrontati accanto a interventi che spaziano dall’arte all’architettura, dalla sociologia all’economia, dall’urbanistica alla letteratura. Tra le firme troviamo quelle di Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Camilla Cederna, Gillo Dorfles, Arrigo Levi, Eugenio Montale, Fernanda Pivano, Franco Quadri, Alberto Ronchey, Elio Vittorini e decine di altri, mentre a impreziosire le pagine della Rivista splendidi reportage di maestri della fotografia come Arno Hammacher, Pepi Merisio, Ugo Mulas, Federico Patellani, Fulvio Roiter, Enzo Sellerio e illustrazioni firmate da artisti come Renato Guttuso, Riccardo Manzi e Alessandro Mendini.
L’esperienza della Rivista Pirelli è documentata dal volume «Umanesimo industriale. Antologia di pensieri, parole, immagini e innovazioni», curato dalla Fondazione Pirelli ed edito nel 2019 da Mondadori, e tutti i 131 numeri, insieme a un fondo fotografico di 6.000 immagini, di cui 3.500 pubblicate e 2.500 inedite, sono conservati presso l’Archivio Storico di Pirelli, compreso il primo, con il suo editoriale firmato da Alberto Pirelli, chiarificatore della vocazione autentica e originale di questo esperimento editoriale: “Utilizza questa industria un numero enorme di prodotti diversi […] impiega la più grande varietà di macchine e utensili […] Quante possibilità dunque di contribuire all’evoluzione della vita moderna […] Ma se potremo in questa rivista qualche volta sollevarci un po’ più in su, lo faremo col senso che ogni contributo alla civiltà meccanizzata va inquadrato nei più alti valori sociali e culturali della vita”.