Giuseppe Luraghi, un intellettuale per l’impresa
Il 12 giugno 1905 nasce a Milano Giuseppe Luraghi, dirigente d’azienda, editore, poeta e scrittore. Dopo la laurea in economia all’Università Bocconi nel 1927 con una tesi sull’aviazione civile, e dopo la pubblicazione dei primi articoli sullo stesso argomento, Luraghi entra nel 1930 in Pirelli. Destinazione, la sede spagnola della Società. Costretto a lasciare Barcellona a causa dello scoppio della Guerra Civile, Luraghi torna in Italia nel 1938 per andare a dirigere la Linoleum, società sempre appartenente al Gruppo Pirelli. Ed è in questi anni che inizia, parallelamente, quella che sarà un’attività letteraria particolarmente fervida sia dal punto di vista creativo sia da quello imprenditoriale.
Da una sua intuizione, maturata anche grazie all’amicizia con il poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli, nasce infatti nel 1948 la Rivista Pirelli, uno dei più interessanti fenomeni editoriali del Dopoguerra. È la sua capacità di “leggere” l’impresa a portare Luraghi a immaginare una rivista “di informazione e di tecnica” scritta dall’Azienda e diretta a un pubblico generalista: uno strumento per parlare anche al consumatore ben al di là del messaggio pubblicitario immediato. Soprattutto un modo per fare cultura d’impresa. Insieme a Sinisgalli, Luraghi “recluta” per la Rivista un nucleo di scrittori, pittori, fotografi che rappresentano all’epoca il meglio della cultura italiana ed internazionale: a loro il compito di raccontare l’Azienda e spiegare la visione del mondo di una multinazionale nell’era della Ricostruzione. Il risultato è nei 131 numeri che la Rivista Pirelli porterà in edicola tra il 1948 e il 1972.
Nel 1949, a un anno dalla pubblicazione del primo numero della Rivista, Luraghi firma un editoriale che ha il significato di una riflessione più ampia sul valore del fare impresa: «Non è un miracolo che un’industria […] si ponga anche il compito più caldo ed elevato di portare sul piano della cultura problemi che si è usi considerare di ordine inferiore […] e cerchi nella materia quotidiana, apparentemente arida, quanto vi è di meglio, tendendo a lievitarlo e fecondarlo con la grande forza dello spirito. Non è un miracolo: ma soltanto un fatto naturale di giusto intuito e di orientamento, è un segno di sensibilità e di previdenza. È una manifestazione dell’istinto di conservazione – per l’elevazione – della nostra specie». Giuseppe Luraghi lascia la Pirelli nel 1950 per la nuova sfida imprenditoriale di Finmeccanica, diventando Presidente di Alfa Romeo dal 1960 al 1974. Anche in Finmeccanica Luraghi propone la scommessa vincente di una rivista aziendale: è “Civiltà delle Macchine” e al suo fianco c’è ancora Leonardo Sinisgalli.
Dal 1977 al 1982 è alla guida di Mondadori e per tutta la vita il manager Giuseppe Luraghi non toglierà mai spazio allo scrittore e poeta, saggista, nonchè pittore: la sua produzione letteraria – è autore di oltre 20 pubblicazioni tra romanzi, saggi e libri di poesia, nonché di numerosi articoli di economia – resterà attivissima fino alla sua scomparsa, avvenuta a Milano nel 1991. Il suo lascito è la consapevolezza di una cultura d’impresa che oggi chiamiamo “Umanesimo industriale”.


Il 12 giugno 1905 nasce a Milano Giuseppe Luraghi, dirigente d’azienda, editore, poeta e scrittore. Dopo la laurea in economia all’Università Bocconi nel 1927 con una tesi sull’aviazione civile, e dopo la pubblicazione dei primi articoli sullo stesso argomento, Luraghi entra nel 1930 in Pirelli. Destinazione, la sede spagnola della Società. Costretto a lasciare Barcellona a causa dello scoppio della Guerra Civile, Luraghi torna in Italia nel 1938 per andare a dirigere la Linoleum, società sempre appartenente al Gruppo Pirelli. Ed è in questi anni che inizia, parallelamente, quella che sarà un’attività letteraria particolarmente fervida sia dal punto di vista creativo sia da quello imprenditoriale.
Da una sua intuizione, maturata anche grazie all’amicizia con il poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli, nasce infatti nel 1948 la Rivista Pirelli, uno dei più interessanti fenomeni editoriali del Dopoguerra. È la sua capacità di “leggere” l’impresa a portare Luraghi a immaginare una rivista “di informazione e di tecnica” scritta dall’Azienda e diretta a un pubblico generalista: uno strumento per parlare anche al consumatore ben al di là del messaggio pubblicitario immediato. Soprattutto un modo per fare cultura d’impresa. Insieme a Sinisgalli, Luraghi “recluta” per la Rivista un nucleo di scrittori, pittori, fotografi che rappresentano all’epoca il meglio della cultura italiana ed internazionale: a loro il compito di raccontare l’Azienda e spiegare la visione del mondo di una multinazionale nell’era della Ricostruzione. Il risultato è nei 131 numeri che la Rivista Pirelli porterà in edicola tra il 1948 e il 1972.
Nel 1949, a un anno dalla pubblicazione del primo numero della Rivista, Luraghi firma un editoriale che ha il significato di una riflessione più ampia sul valore del fare impresa: «Non è un miracolo che un’industria […] si ponga anche il compito più caldo ed elevato di portare sul piano della cultura problemi che si è usi considerare di ordine inferiore […] e cerchi nella materia quotidiana, apparentemente arida, quanto vi è di meglio, tendendo a lievitarlo e fecondarlo con la grande forza dello spirito. Non è un miracolo: ma soltanto un fatto naturale di giusto intuito e di orientamento, è un segno di sensibilità e di previdenza. È una manifestazione dell’istinto di conservazione – per l’elevazione – della nostra specie». Giuseppe Luraghi lascia la Pirelli nel 1950 per la nuova sfida imprenditoriale di Finmeccanica, diventando Presidente di Alfa Romeo dal 1960 al 1974. Anche in Finmeccanica Luraghi propone la scommessa vincente di una rivista aziendale: è “Civiltà delle Macchine” e al suo fianco c’è ancora Leonardo Sinisgalli.
Dal 1977 al 1982 è alla guida di Mondadori e per tutta la vita il manager Giuseppe Luraghi non toglierà mai spazio allo scrittore e poeta, saggista, nonchè pittore: la sua produzione letteraria – è autore di oltre 20 pubblicazioni tra romanzi, saggi e libri di poesia, nonché di numerosi articoli di economia – resterà attivissima fino alla sua scomparsa, avvenuta a Milano nel 1991. Il suo lascito è la consapevolezza di una cultura d’impresa che oggi chiamiamo “Umanesimo industriale”.