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Donne che lavorano: le operaie delle fabbriche Pirelli

Questo racconto di primavera, marzo 2018, parla di loro: di tutte le operaie che in un secolo e mezzo di industria hanno varcato ogni mattina i cancelli delle fabbriche Pirelli.

La prima fu Rosa. Rosa Navoni, nata il 22 gennaio 1858 a Lacchiarella. Aveva quindici anni nell’agosto del 1873: la prima donna assunta alla Pirelli. Medaglia n°606, operaia in gomma, reparto II, palloni “da giuoco”. Il nome di Rosa Navoni  lo troviamo nei libri matricola della prima fabbrica di via Ponte Seveso, che raccontano di come Rosa poi divenne Capo Sala e andò ad abitare in via Galilei 11, praticamente di fronte alla fabbrica. La sua foto compare nel volume edito nel 1922 per i cinquant’anni del Gruppo. Il Concordato tra azienda e lavoratori del 1902 aveva fissato i livelli retributivi: Rosa nel 1904 guadagnava ad esempio 40 centesimi al giorno.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale la popolazione operaia femminile raddoppiò. A Bicocca il Reparto 15 era composto quasi esclusivamente da giovani operaie, assunte a decine al giorno per far fronte all’aumento continuo della produzione e alla contemporanea contrazione della presenza maschile in fabbrica. La “Rubrica Operai” di Bicocca relativa agli anni 1915-1918 –custodita presso l’Archivio Storico-  ne dà un grande quadro d’insieme: sono oltre 150 i fascicoli personali delle operaie che lavorarono a Bicocca in quegli anni di guerra. Di molte di loro c’è la fotografia, scattata tuttavia in anni successivi. E molte di loro, dopo Caporetto, avevano cognomi friulani e abitavano nella “casa rifugio” di Via Biglia a Niguarda.

Poi venne il secondo Dopoguerra: c’era un’Italia da ricostruire. Fiumi di ragazze si avviavano verso la fabbrica, verso il lavoro fuori casa retribuito. Verso l’emancipazione da padri e mariti. Nelle foto d’archivio sono belle e libere le ragazze in fabbrica del Quarantasette: hanno i capelli “all’onda” e sorridono. Maneggiano cerchietti per pneumatici e strumenti di controllo da laboratorio, danno forma a palle da tennis e guanti in lattice.

Dopo il boom del “lavoro per tutti” degli anni Cinquanta, scoppiò la contraddizione tra capitale e forza lavoro, anche femminile. Un tema affrontato direttamente nel cuore della fabbrica dall’house organ “Fatti e Notizie” e dalla rivista “Pirelli”, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del Novecento.

Oggi, a centosessant’anni dalla nascita di Rosa Navoni, molte cose sono cambiate nel mondo del lavoro e dell’industria. Le fabbriche del Duemila, come il Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese, sono il paradigma dell’Industria 4.0, con processi produttivi tecnologicamente avanzati, attenzione alla sostenibilità in termini di sicurezza e “bellezza” del luogo di lavoro e innovazione dei prodotti. Per adattarsi alle “sfide digitali” e ai nuovi ritmi della produzione.

Questo racconto di primavera, marzo 2018, parla di loro: di tutte le operaie che in un secolo e mezzo di industria hanno varcato ogni mattina i cancelli delle fabbriche Pirelli.

La prima fu Rosa. Rosa Navoni, nata il 22 gennaio 1858 a Lacchiarella. Aveva quindici anni nell’agosto del 1873: la prima donna assunta alla Pirelli. Medaglia n°606, operaia in gomma, reparto II, palloni “da giuoco”. Il nome di Rosa Navoni  lo troviamo nei libri matricola della prima fabbrica di via Ponte Seveso, che raccontano di come Rosa poi divenne Capo Sala e andò ad abitare in via Galilei 11, praticamente di fronte alla fabbrica. La sua foto compare nel volume edito nel 1922 per i cinquant’anni del Gruppo. Il Concordato tra azienda e lavoratori del 1902 aveva fissato i livelli retributivi: Rosa nel 1904 guadagnava ad esempio 40 centesimi al giorno.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale la popolazione operaia femminile raddoppiò. A Bicocca il Reparto 15 era composto quasi esclusivamente da giovani operaie, assunte a decine al giorno per far fronte all’aumento continuo della produzione e alla contemporanea contrazione della presenza maschile in fabbrica. La “Rubrica Operai” di Bicocca relativa agli anni 1915-1918 –custodita presso l’Archivio Storico-  ne dà un grande quadro d’insieme: sono oltre 150 i fascicoli personali delle operaie che lavorarono a Bicocca in quegli anni di guerra. Di molte di loro c’è la fotografia, scattata tuttavia in anni successivi. E molte di loro, dopo Caporetto, avevano cognomi friulani e abitavano nella “casa rifugio” di Via Biglia a Niguarda.

Poi venne il secondo Dopoguerra: c’era un’Italia da ricostruire. Fiumi di ragazze si avviavano verso la fabbrica, verso il lavoro fuori casa retribuito. Verso l’emancipazione da padri e mariti. Nelle foto d’archivio sono belle e libere le ragazze in fabbrica del Quarantasette: hanno i capelli “all’onda” e sorridono. Maneggiano cerchietti per pneumatici e strumenti di controllo da laboratorio, danno forma a palle da tennis e guanti in lattice.

Dopo il boom del “lavoro per tutti” degli anni Cinquanta, scoppiò la contraddizione tra capitale e forza lavoro, anche femminile. Un tema affrontato direttamente nel cuore della fabbrica dall’house organ “Fatti e Notizie” e dalla rivista “Pirelli”, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del Novecento.

Oggi, a centosessant’anni dalla nascita di Rosa Navoni, molte cose sono cambiate nel mondo del lavoro e dell’industria. Le fabbriche del Duemila, come il Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese, sono il paradigma dell’Industria 4.0, con processi produttivi tecnologicamente avanzati, attenzione alla sostenibilità in termini di sicurezza e “bellezza” del luogo di lavoro e innovazione dei prodotti. Per adattarsi alle “sfide digitali” e ai nuovi ritmi della produzione.

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