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Il cammino delle società benefit

Una ricerca sul campo indica quanto è stato fatto e cosa resta ancora da fare

Cultura d’impresa che cerca di cambiare (in meglio) e stenta a farlo. Cammino lungo e tortuoso, quello del miglioramento delle condizioni della produzione e della stessa idea di fare impresa. Cammino che – naturalmente – deve essere intrapreso e compiuto, ma che va compreso anche nelle sue soste oltre che nel suo progredire. È di fatto basata su questa idea la ricerca “La Governance delle Società Benefit in Italia: Processi Decisionali ed Etica Aziendale” curata da Magalì Fia e Anna Pontini dell’Università di Bologna insieme a InfoCamere e alla Camera di commercio di Brindisi-Taranto.

L’indagine mette a fuoco, come lo stesso titolo dice, la situazione delle società benefit intese come esempio tra i più recenti di un particolare modo d’intendere il fare impresa. Un esempio che va ben interpretato proprio dal punto di vista della governance e quindi della natura dei processi decisionali e dell’approccio in termini etici agli stessi.

Per comprendere la situazione, Fia e Pontini hanno lavorato sui dati della rete Infocamere e sui risultati di un questionario distribuito nel luglio del 2023 a oltre 3.300 imprese. L’analisi ha consentito di mettere a fuoco la fase nella quale è la gran parte di queste imprese: una fase di transizione verso modelli inclusivi e orientati alla sostenibilità, un cammino intrapreso ma ancora lungi dall’essere vicino al traguardo.

I risultati della ricerca, infatti, indicano al tempo stesso criticità e potenzialità. In particolare, la composizione dei consigli di amministrazione – spiegano le curatrici – “risulta caratterizzata da livelli ancora contenuti di diversità: solo il 17% delle Società Benefit include amministratori indipendenti, mentre le logiche di rappresentanza di genere sono presenti nel 10% dei casi e quelle legate all’età restano marginali”. Ugualmente, le politiche retributive mostrano un basso allineamento con i criteri legati alla sostenibilità: il 54% non prevede criteri specifici e solo il 10% tiene conto delle indicazioni ESG. Anche le competenze presenti all’interno dei consigli risultano sbilanciate. Una simile situazione di sbilanciamento si ritrova anche, seppur in modo meno rilevante, nei processi decisionali. Sul piano etico, infine, la ricerca ha evidenziato “un’adozione parziale e disomogenea di strumenti formali”. Le questioni etiche sono discusse regolarmente nella gran parte dei consigli di amministrazione, ma senza tradursi in decisioni concrete.

In sintesi, le Società Benefit italiane costituiscono un’esperienza in rapida espansione, con potenzialità significative, ma hanno ancora “ampi margini di miglioramento”: un modo per dire che c’è ancora molta strada da fare. La ricerca di Fia e Pontini è un’utile lettura proprio per capire quanta di questa strada è già stata percorsa.

 

La Governance delle Società Benefit in Italia: Processi Decisionali ed Etica Aziendale

Magalì Fia, Anna Pontini (a cura di)

Rapporto finale, novembre 2025

Una ricerca sul campo indica quanto è stato fatto e cosa resta ancora da fare

Cultura d’impresa che cerca di cambiare (in meglio) e stenta a farlo. Cammino lungo e tortuoso, quello del miglioramento delle condizioni della produzione e della stessa idea di fare impresa. Cammino che – naturalmente – deve essere intrapreso e compiuto, ma che va compreso anche nelle sue soste oltre che nel suo progredire. È di fatto basata su questa idea la ricerca “La Governance delle Società Benefit in Italia: Processi Decisionali ed Etica Aziendale” curata da Magalì Fia e Anna Pontini dell’Università di Bologna insieme a InfoCamere e alla Camera di commercio di Brindisi-Taranto.

L’indagine mette a fuoco, come lo stesso titolo dice, la situazione delle società benefit intese come esempio tra i più recenti di un particolare modo d’intendere il fare impresa. Un esempio che va ben interpretato proprio dal punto di vista della governance e quindi della natura dei processi decisionali e dell’approccio in termini etici agli stessi.

Per comprendere la situazione, Fia e Pontini hanno lavorato sui dati della rete Infocamere e sui risultati di un questionario distribuito nel luglio del 2023 a oltre 3.300 imprese. L’analisi ha consentito di mettere a fuoco la fase nella quale è la gran parte di queste imprese: una fase di transizione verso modelli inclusivi e orientati alla sostenibilità, un cammino intrapreso ma ancora lungi dall’essere vicino al traguardo.

I risultati della ricerca, infatti, indicano al tempo stesso criticità e potenzialità. In particolare, la composizione dei consigli di amministrazione – spiegano le curatrici – “risulta caratterizzata da livelli ancora contenuti di diversità: solo il 17% delle Società Benefit include amministratori indipendenti, mentre le logiche di rappresentanza di genere sono presenti nel 10% dei casi e quelle legate all’età restano marginali”. Ugualmente, le politiche retributive mostrano un basso allineamento con i criteri legati alla sostenibilità: il 54% non prevede criteri specifici e solo il 10% tiene conto delle indicazioni ESG. Anche le competenze presenti all’interno dei consigli risultano sbilanciate. Una simile situazione di sbilanciamento si ritrova anche, seppur in modo meno rilevante, nei processi decisionali. Sul piano etico, infine, la ricerca ha evidenziato “un’adozione parziale e disomogenea di strumenti formali”. Le questioni etiche sono discusse regolarmente nella gran parte dei consigli di amministrazione, ma senza tradursi in decisioni concrete.

In sintesi, le Società Benefit italiane costituiscono un’esperienza in rapida espansione, con potenzialità significative, ma hanno ancora “ampi margini di miglioramento”: un modo per dire che c’è ancora molta strada da fare. La ricerca di Fia e Pontini è un’utile lettura proprio per capire quanta di questa strada è già stata percorsa.

 

La Governance delle Società Benefit in Italia: Processi Decisionali ed Etica Aziendale

Magalì Fia, Anna Pontini (a cura di)

Rapporto finale, novembre 2025

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