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Le ombre di Milano oltre le “week”. E la storia di Assolombarda tra dinamismo e valori sociali

Lo splendore di Milano si fa ancora più intenso in occasione di alcune ricorrenze, tra moda, arredamento, cultura e glamour internazionale. Le Fashion Week, per esempio, fra febbraio e marzo e poi tra settembre e ottobre. E soprattutto la Design Week, a metà aprile, con il Salone del Mobile più importante al mondo e i tanti eventi del Fuori Salone, durante i quali si confrontano tendenze, sperimentazioni e progetti su come provare ad abitare un po’ meglio i luoghi del vivere e del lavorare, nelle nostre città.

Atmosfera mondana di festa, tra l’allegria del ritrovarsi e la sorpresa dei nuovi incontri. Conversazioni ben accomodate e dunque accomodanti. Frenesia d’affari. Soldi e idee. Il tutto con quell’aria così tanto milanese e global chic che sa tenere insieme tradizione, innovazione, orgoglio industriale del miglior Made in Italy e saperi del mondo. Milano, appunto.

Non sono però mancate, quest’anno, le ombre.

Tra gli operatori del settore, infatti, sono state evidenti le preoccupazioni per le conseguenze del terremoto che la clamorosa politica dei dazi varata dalla Casa Bianca ha provocato negli scambi commerciali mondiali (l’arredamento ha dimensioni internazionali e Milano, coerentemente, ha sempre nutrito la buona cultura dei mercati aperti e competitivi). Ma, successi turistici e commerciali degli eventi a parte, si è fatto leva sui diversi aspetti della Design Week per approfondire, all’interno dell’opinione pubblica, le riflessioni critiche sull’attuale condizione di Milano e sugli effetti di lungo periodo che alcuni fenomeni, legati al costo della vita e della casa, hanno sull’anima della città, sulle sue capacità di inclusione e dunque sul suo futuro.

Le cronache recenti, infatti, rivelano contrastanti aspetti economici e sociali, sempre più profondi squilibri.

Eccola, dunque, Milano salita all’undicesimo posto delle città più ricche al mondo, per numero di miliardari e milionari, dopo New York e San Francisco, Tokyo e Singapore, Londra, Parigi e Hong Kong, con 115mila grandi ricchi: un numero cresciuto del 24% negli ultimi dieci anni. Una metropoli sempre più attrattiva, insomma, e resa ancora più affascinante per i milionari in fuga da Londra dopo la modifica delle leggi fiscali britanniche, adesso meno favorevoli. E già comunque arrivata da tempo all’attenzione degli ambienti più esigenti della moda e del commercio globale: Monte Napoleone ha valori immobiliari più alti di quelli della Fifth Avenue a New York.

I prezzi altissimi degli edifici di lusso hanno contagiato gran parte del tessuto immobiliare metropolitano. Con effetti perversi. “Poliziotti in fuga da Milano. Troppo alti i costi delle case”, ha denunciato il questore Bruno Megale (la Repubblica, 11 aprile). L’Atm non trova autisti per i tram e sta ristrutturando un ex deposito per farne alloggi a prezzi calmierati per i dipendenti. I giovani universitari (sono oltre 200mila, in città) vanno a vivere in “studentati” in periferia, a Mind (l’ex area dell’Expo) o nei paesi dell’area metropolitana, a Sesto San Giovanni e a Cologno Monzese. E anche le giovani coppie di ceto medio abbandonano l’area urbana verso i paesi dell’hinterland. Milano, insomma, accoglie chi ha molti soldi da spendere e espelle o allontana chi ha redditi non clamorosi. “Milano città di milionari che lascia le briciole agli altri”, commenta critico Giangiacomo Schiavi, uno dei giornalisti più attenti all’anima profonda della città, “ricca, sì, ma anche felice?” (Corriere della Sera, 12 aprile).

Lo splendore del business. E le tensioni sociali. Lo charme dei club esclusivi. E i disagi dei quartieri un tempo popolari e adesso in via di trasformazione. Milano dei contrasti. Delle fatiche. E delle vecchie e nuove povertà (la Caritas ambrosiana ne è termometro sensibile).

Sono temi tutt’altro che nuovi (ne abbiamo parlato spesso, in questo blog). Il dato positivo è che finalmente se ne discute, con toni critici ma anche autocritici.

“Milano sta assorbendo alcune problematiche internazionali delle metropoli, dal caro affitti alla sicurezza. E il primo problema che avverto è la crescente disparità tra chi può permettersi un certo tenore di vita e chi no. E troppi lavori malpagati rendono insostenibili gli affitti”, ha detto pochi giorni fa il sindaco Beppe Sala in una conversazione con la direttrice del Quotidiano Nazionale/ Il Giorno Agnese Pini (QN, 11 aprile). E sui quotidiani e nei circoli culturali (il Centro Studi Grande Milano, per fare solo un nome) oramai da alcuni anni si analizzano i fenomeni dei rapporti tra competitività e attrattività economica della metropoli e crisi della tradizione all’inclusione e alla solidarietà sociale. Con stimoli verso le pubbliche amministrazioni perché governino meglio le trasformazioni urbane e rispondano alle esigenze popolari di sviluppo e qualità della vita. Qualcosa si muove.

Per reggere la sfida del futuro, Milano deve insomma ripensarsi. Fare tesoro delle virtù del dinamismo economico e dare risposte ai problemi della qualità della vita e della sostenibilità ambientale e sociale. Continuare a essere la metropoli che ospita il 36,4% delle multinazionali presenti in Italia e genera il 13,4% del Pil italiano. Ma anche il luogo in cui valgono i valori del lavoro ben fatto, dell’etica degli affari, dell’accoglienza e in cui, anche in futuro, “milanesi si diventa”, per qualità personali e serietà professionale e sociale.

Temi e valori forti. Che ricorrono pure nel mondo industriale. E di cui si avverte con chiarezza l’eco nelle pagine di “Insieme – Assolombarda, la nostra storia”, il volume curato dalla Fondazione Assolombarda, appena edito da Marsilio e presentato ieri, al Piccolo Teatro di Milano (un luogo simbolico delle buone relazioni tra impresa e cultura: era stato fondato nel 1947 da Giorgio Strehler e Paolo Grassi anche con il contributo di grandi imprenditori milanesi: Pirelli, Falck, Borletti, De Angeli Frua, Marinotti, oltre che Edison e Sonia Viscosa, etc.).

Una storia di intraprendenza e di responsabilità sociale, di innovazione, produttività e capacità di farsi carico di valori e interessi generali, non solo di quelli delle imprese iscritte. Come documentano, oltre agli interventi degli ex presidenti dell’associazione (Bonomi, Rocca, Meomartini, Bracco, Perini, Benedini) e del presidente attuale Alessandro Spada, le analisi e i giudizi di personalità esterne, Piero Bassetti e Mario Monti, il cardinale Gianfranco Ravasi e la rettrice dell’Università Bicocca Giovanna Iannantuoni e ancora Amalia Ercoli Finzi, Carlo Ratti, Carlo Sangalli, Ferruccio de Bortoli e Salvatore Carrubba.

Milano molteplice. Dinamica. Convinta di “dover volare per fare volare l’Italia” (l’esemplare indicazione strategica della presidenza Assolombarda di Gianfelice Rocca).

Il libro, appunto, consente di capire meglio quali siano gli aspetti più evidenti e le radici profonde delle evoluzioni economiche e sociali e che indicazioni trarre da fenomeni che chiamano in causa, oltre che la politica e la pubblica amministrazione, anche la società civile, le forze economiche e la cultura.

“Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra”, scriveva Italo Calvino nel 1972, ne “Le città invisibili”. E aggiungeva: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

Che domande facciamo, dunque, oggi a Milano? D’essere comunque fedele, pur nel cuore di radicali trasformazioni, alla capacità di tenere insieme intraprendenza personale e valori sociali, produttività e inclusione, competitività economica e solidarietà. La ricchezza e la misura, l’eleganza, il rigore. Il successo. E la buona cultura aperta e creativa. Una miscela speciale di capitalismo e riformismo, mercato e interessi generali. Uno speciale “capitale sociale”. Per fare da paradigma di respiro nazionale ed europeo su come si possa declinare in modo efficace la sintesi tra democrazia, mercato e welfare. E di come convivano, in pur faticosa sinergia, mano pubblica e imprese private, produzione e cultura critica, creazione di valore economico e spazio crescente per i valori civili e sociali.

La storia di Assolombarda mostra alcune costanti caratteristiche di fondo. Una concezione aperta delle relazioni economiche e industriali, con la consapevolezza d’essere all’interno dei circuiti della competizione internazionale. Un’attitudine al cambiamento che porta la città a essere estremamente pronta a recepire le spinte innovative, sia imprenditoriali che tecnologiche, culturali, organizzative. E una solida idea del mercato come spazio competitivo ben organizzato e dunque efficacemente regolato.

C’è, insomma, un solido orgoglio industriale. E un dinamismo fatto anche di scambi e relazioni, oltre che di specializzazione produttiva nei settori della meccanica, dell’elettrotecnica, della gomma, dell’acciaio, dell’energia e della chimica, che si affiancano a quelli tradizionali del tessile e dell’agroalimentare. Un particolare paradigma di sviluppo, nella “Milano grande” e metropolitana, con l’industria articolata in parecchi settori e senza una presenza dominante (diversamente da Torino, company town dell’auto, a forte impronta Fiat). E l’industria stessa, cardine della crescita, nel tessuto economico metropolitano, si confronta con altre culture d’impresa, la finanza e il commercio, i servizi e l’editoria giornalistica e libraria. E con le università. Una polifonia, appunto. Un intreccio di interessi e valori, poteri e idee attente alla scoperta di ciò che cambia.

La cultura milanese è dunque “politecnica”, sintesi originale di saperi umanistici e conoscenze scientifiche. Il senso della bellezza si accompagna all’intelligenza delle nuove tecnologie. La consapevolezza del ruolo della storia si confronta con una spiccata tendenza a fare i conti con le avanguardie. E in economia l’“umanesimo industriale” fa da punto di riferimento per la più solida competitività del made in Italy sui mercati globali. Una forza che resta, anche in tempi di crisi e imponenti cambiamenti.

L’installazione Library Of Light in occasione del Salone del Mobile di Milano, aprile 2025 (foto Getty Images)

Lo splendore di Milano si fa ancora più intenso in occasione di alcune ricorrenze, tra moda, arredamento, cultura e glamour internazionale. Le Fashion Week, per esempio, fra febbraio e marzo e poi tra settembre e ottobre. E soprattutto la Design Week, a metà aprile, con il Salone del Mobile più importante al mondo e i tanti eventi del Fuori Salone, durante i quali si confrontano tendenze, sperimentazioni e progetti su come provare ad abitare un po’ meglio i luoghi del vivere e del lavorare, nelle nostre città.

Atmosfera mondana di festa, tra l’allegria del ritrovarsi e la sorpresa dei nuovi incontri. Conversazioni ben accomodate e dunque accomodanti. Frenesia d’affari. Soldi e idee. Il tutto con quell’aria così tanto milanese e global chic che sa tenere insieme tradizione, innovazione, orgoglio industriale del miglior Made in Italy e saperi del mondo. Milano, appunto.

Non sono però mancate, quest’anno, le ombre.

Tra gli operatori del settore, infatti, sono state evidenti le preoccupazioni per le conseguenze del terremoto che la clamorosa politica dei dazi varata dalla Casa Bianca ha provocato negli scambi commerciali mondiali (l’arredamento ha dimensioni internazionali e Milano, coerentemente, ha sempre nutrito la buona cultura dei mercati aperti e competitivi). Ma, successi turistici e commerciali degli eventi a parte, si è fatto leva sui diversi aspetti della Design Week per approfondire, all’interno dell’opinione pubblica, le riflessioni critiche sull’attuale condizione di Milano e sugli effetti di lungo periodo che alcuni fenomeni, legati al costo della vita e della casa, hanno sull’anima della città, sulle sue capacità di inclusione e dunque sul suo futuro.

Le cronache recenti, infatti, rivelano contrastanti aspetti economici e sociali, sempre più profondi squilibri.

Eccola, dunque, Milano salita all’undicesimo posto delle città più ricche al mondo, per numero di miliardari e milionari, dopo New York e San Francisco, Tokyo e Singapore, Londra, Parigi e Hong Kong, con 115mila grandi ricchi: un numero cresciuto del 24% negli ultimi dieci anni. Una metropoli sempre più attrattiva, insomma, e resa ancora più affascinante per i milionari in fuga da Londra dopo la modifica delle leggi fiscali britanniche, adesso meno favorevoli. E già comunque arrivata da tempo all’attenzione degli ambienti più esigenti della moda e del commercio globale: Monte Napoleone ha valori immobiliari più alti di quelli della Fifth Avenue a New York.

I prezzi altissimi degli edifici di lusso hanno contagiato gran parte del tessuto immobiliare metropolitano. Con effetti perversi. “Poliziotti in fuga da Milano. Troppo alti i costi delle case”, ha denunciato il questore Bruno Megale (la Repubblica, 11 aprile). L’Atm non trova autisti per i tram e sta ristrutturando un ex deposito per farne alloggi a prezzi calmierati per i dipendenti. I giovani universitari (sono oltre 200mila, in città) vanno a vivere in “studentati” in periferia, a Mind (l’ex area dell’Expo) o nei paesi dell’area metropolitana, a Sesto San Giovanni e a Cologno Monzese. E anche le giovani coppie di ceto medio abbandonano l’area urbana verso i paesi dell’hinterland. Milano, insomma, accoglie chi ha molti soldi da spendere e espelle o allontana chi ha redditi non clamorosi. “Milano città di milionari che lascia le briciole agli altri”, commenta critico Giangiacomo Schiavi, uno dei giornalisti più attenti all’anima profonda della città, “ricca, sì, ma anche felice?” (Corriere della Sera, 12 aprile).

Lo splendore del business. E le tensioni sociali. Lo charme dei club esclusivi. E i disagi dei quartieri un tempo popolari e adesso in via di trasformazione. Milano dei contrasti. Delle fatiche. E delle vecchie e nuove povertà (la Caritas ambrosiana ne è termometro sensibile).

Sono temi tutt’altro che nuovi (ne abbiamo parlato spesso, in questo blog). Il dato positivo è che finalmente se ne discute, con toni critici ma anche autocritici.

“Milano sta assorbendo alcune problematiche internazionali delle metropoli, dal caro affitti alla sicurezza. E il primo problema che avverto è la crescente disparità tra chi può permettersi un certo tenore di vita e chi no. E troppi lavori malpagati rendono insostenibili gli affitti”, ha detto pochi giorni fa il sindaco Beppe Sala in una conversazione con la direttrice del Quotidiano Nazionale/ Il Giorno Agnese Pini (QN, 11 aprile). E sui quotidiani e nei circoli culturali (il Centro Studi Grande Milano, per fare solo un nome) oramai da alcuni anni si analizzano i fenomeni dei rapporti tra competitività e attrattività economica della metropoli e crisi della tradizione all’inclusione e alla solidarietà sociale. Con stimoli verso le pubbliche amministrazioni perché governino meglio le trasformazioni urbane e rispondano alle esigenze popolari di sviluppo e qualità della vita. Qualcosa si muove.

Per reggere la sfida del futuro, Milano deve insomma ripensarsi. Fare tesoro delle virtù del dinamismo economico e dare risposte ai problemi della qualità della vita e della sostenibilità ambientale e sociale. Continuare a essere la metropoli che ospita il 36,4% delle multinazionali presenti in Italia e genera il 13,4% del Pil italiano. Ma anche il luogo in cui valgono i valori del lavoro ben fatto, dell’etica degli affari, dell’accoglienza e in cui, anche in futuro, “milanesi si diventa”, per qualità personali e serietà professionale e sociale.

Temi e valori forti. Che ricorrono pure nel mondo industriale. E di cui si avverte con chiarezza l’eco nelle pagine di “Insieme – Assolombarda, la nostra storia”, il volume curato dalla Fondazione Assolombarda, appena edito da Marsilio e presentato ieri, al Piccolo Teatro di Milano (un luogo simbolico delle buone relazioni tra impresa e cultura: era stato fondato nel 1947 da Giorgio Strehler e Paolo Grassi anche con il contributo di grandi imprenditori milanesi: Pirelli, Falck, Borletti, De Angeli Frua, Marinotti, oltre che Edison e Sonia Viscosa, etc.).

Una storia di intraprendenza e di responsabilità sociale, di innovazione, produttività e capacità di farsi carico di valori e interessi generali, non solo di quelli delle imprese iscritte. Come documentano, oltre agli interventi degli ex presidenti dell’associazione (Bonomi, Rocca, Meomartini, Bracco, Perini, Benedini) e del presidente attuale Alessandro Spada, le analisi e i giudizi di personalità esterne, Piero Bassetti e Mario Monti, il cardinale Gianfranco Ravasi e la rettrice dell’Università Bicocca Giovanna Iannantuoni e ancora Amalia Ercoli Finzi, Carlo Ratti, Carlo Sangalli, Ferruccio de Bortoli e Salvatore Carrubba.

Milano molteplice. Dinamica. Convinta di “dover volare per fare volare l’Italia” (l’esemplare indicazione strategica della presidenza Assolombarda di Gianfelice Rocca).

Il libro, appunto, consente di capire meglio quali siano gli aspetti più evidenti e le radici profonde delle evoluzioni economiche e sociali e che indicazioni trarre da fenomeni che chiamano in causa, oltre che la politica e la pubblica amministrazione, anche la società civile, le forze economiche e la cultura.

“Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra”, scriveva Italo Calvino nel 1972, ne “Le città invisibili”. E aggiungeva: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

Che domande facciamo, dunque, oggi a Milano? D’essere comunque fedele, pur nel cuore di radicali trasformazioni, alla capacità di tenere insieme intraprendenza personale e valori sociali, produttività e inclusione, competitività economica e solidarietà. La ricchezza e la misura, l’eleganza, il rigore. Il successo. E la buona cultura aperta e creativa. Una miscela speciale di capitalismo e riformismo, mercato e interessi generali. Uno speciale “capitale sociale”. Per fare da paradigma di respiro nazionale ed europeo su come si possa declinare in modo efficace la sintesi tra democrazia, mercato e welfare. E di come convivano, in pur faticosa sinergia, mano pubblica e imprese private, produzione e cultura critica, creazione di valore economico e spazio crescente per i valori civili e sociali.

La storia di Assolombarda mostra alcune costanti caratteristiche di fondo. Una concezione aperta delle relazioni economiche e industriali, con la consapevolezza d’essere all’interno dei circuiti della competizione internazionale. Un’attitudine al cambiamento che porta la città a essere estremamente pronta a recepire le spinte innovative, sia imprenditoriali che tecnologiche, culturali, organizzative. E una solida idea del mercato come spazio competitivo ben organizzato e dunque efficacemente regolato.

C’è, insomma, un solido orgoglio industriale. E un dinamismo fatto anche di scambi e relazioni, oltre che di specializzazione produttiva nei settori della meccanica, dell’elettrotecnica, della gomma, dell’acciaio, dell’energia e della chimica, che si affiancano a quelli tradizionali del tessile e dell’agroalimentare. Un particolare paradigma di sviluppo, nella “Milano grande” e metropolitana, con l’industria articolata in parecchi settori e senza una presenza dominante (diversamente da Torino, company town dell’auto, a forte impronta Fiat). E l’industria stessa, cardine della crescita, nel tessuto economico metropolitano, si confronta con altre culture d’impresa, la finanza e il commercio, i servizi e l’editoria giornalistica e libraria. E con le università. Una polifonia, appunto. Un intreccio di interessi e valori, poteri e idee attente alla scoperta di ciò che cambia.

La cultura milanese è dunque “politecnica”, sintesi originale di saperi umanistici e conoscenze scientifiche. Il senso della bellezza si accompagna all’intelligenza delle nuove tecnologie. La consapevolezza del ruolo della storia si confronta con una spiccata tendenza a fare i conti con le avanguardie. E in economia l’“umanesimo industriale” fa da punto di riferimento per la più solida competitività del made in Italy sui mercati globali. Una forza che resta, anche in tempi di crisi e imponenti cambiamenti.

L’installazione Library Of Light in occasione del Salone del Mobile di Milano, aprile 2025 (foto Getty Images)

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