I miei stupidi intenti
Bernardo Zannoni scrive una favola cruda ed esistenzialista, nella quale i protagonisti sono degli animali che si relazionano e agiscono quasi come essere umani, le loro tane sono delle case con letti e cucina, ma le loro vite sono regolate da istinti e necessità contingenti. Archy è un cucciolo di faina, nato insieme ai suoi fratelli e sorelle in un freddo inverno. Con l’arrivare della primavera rimane zoppo durante il tentativo di rubare delle uova da un nido e la madre, constatata la sua inutilità, decide di venderlo alla volpe Solomon, usuraio del bosco, in cambio di una gallina e mezza. Nonostante il duro lavoro e le botte subite durante la sua cattività, Solomon deciderà di farlo diventare suo apprendista, insegnandoli a leggere e scrivere, abilità imparate osservando il mondo degli uomini. Archy inizierà a scrivere anche le sue personali memorie, utilizzando il suo sangue come inchiostro. Solomon si accorgerà presto che nelle parole scritte dalla faina c’è dell’amore e deciderà di affidargli il compito di riscrivere la sua storia. Il vecchio usuraio è affascinato dal mondo degli umani da quando causalmente ritrovò una Bibbia, da quel giorno, nonostante la discutibile moralità delle sue azioni, la sua vita diventa una continua ricerca di significato, nel tentativo di comprendere le leggi di Dio e degli esseri umani suoi figli, arrivando a pensare di essere lui stesso un uomo tramutato in volpe. A fare da contraltare alla fede della volpe è invece l’odio che Archy inizia a provare per Dio colpevole di causare dolore e sofferenza nella sua vita e di aver riservato la salvezza solo agli esseri umani, dimenticando gli animali. Una scrittura semplice, pulita e diretta, dove le azioni degli animali e le tragedie della vita di Archy pongono interrogativi esistenziali al lettore, che come la giovane faina si trova a riflettere su concetti – forse - estranei al mondo animale: Dio, il tempo, la morte.
I miei stupidi intenti
Bernardo Zannoni,
Sellerio, 2021