

Io parlo come un fiume
Ogni mattina al suo risveglio, le parole si affacciano sulle sue labbra. Parole che gli si aggrovigliano in gola. E quello che il bambino sa per certo è che sarà un nuovo giorno di silenzio a scuola. In fondo alla classe, spera sempre di non essere chiamato a rispondere, ma quando il maestro lo chiama a parlare, ecco che di nuovo tutto s’intreccia e gli occhi dei compagni ridono puntati sulla sua balbuzie. E poi, un posto tranquillo: il corso del fiume scelto dal padre per far passare rabbia e lacrime. Ed è l’acqua sempre in movimento che suo padre gli mostra a fargli scoprire che lui parla proprio come un fiume.
In Io parlo come un fiume, Jordan Scott e Sydney Smith danno voce a una storia commovente, poetica, a tratti drammatica incentrata sulla capacità di superare le difficoltà (in questo caso rappresentato dalla balbuzie).
Sarebbe tuttavia riduttivo dire che tratti solo questi temi. Si parla di diversità, resilienza, rapporti umani, genitorialità e della relazione tra uomo e natura che è, spesso, ancora di salvataggio nelle giornate più difficili ma anche un gioco di specchi che l’essere umano dovrebbe imparare – o reimparare – a riconoscere e osservare. Ed è così che il fiume parla nello stesso modo gorgogliante, tumultuoso, vorticoso e dirompente del piccolo protagonista.
Nelle quarantaquattro pagine dell’albo, le illustrazioni accompagnano il lettore scandendo un ritmo lento e a volte, come le parole del bambino, spezzettato o – al contrario – dilatato in un silenzio che ne esprime l’assenza o il tentativo di vincere la resistenza a esprimersi causata dalla balbuzie.
Io parlo come un fiume
di Sydney Smith
Orecchio Acerbo, 2021