Le bestie giovani
“La storia non è poi/ la devastante ruspa che si dice/ lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli”, scrive Eugenio Montale. Ecco, proprio in quelle cripte, in quei nascondigli si infilano gli investigatori protagonisti di “Le bestie giovani” di Davide Longo, Einaudi. Partono dal ritrovamento, alla periferia di Torino, di una grande fossa comune, con resti d’una dozzina di persone e scartano subito, per intuito e intelligenza, la spiegazione facile che ne viene data da una squadra specializzata in crimini della Seconda Guerra mondiale: cadaveri di fascisti o di partigiani, storie vecchie, chissà... Il commissario Arcadipane, un ometto piccolo, sgraziato, inquieto, malinconico e lucidissimo, non è affatto convinto. Prende, di nascosto, la tibia di uno di quei cadaveri, coinvolge nell’indagine il suo maestro in polizia, Corso Bramard e la rabbiosa, sagace agente Isa Mancini e... Di un romanzo giallo, naturalmente, non si raccontano né trama né conclusione. Qui vale la pena dire soltanto che siamo di fronte, ancora una volta, a un’opera di Longo in cui si mescolano robustezza di intreccio, forti caratteri dei personaggi, conoscenza e appassionata volontà di fare luce nelle pieghe oscure della storia italiana, a cominciare dai confusi anni Settanta del terrorismo e delle lotte tra spie e apparati “deviati” dello Stato. Il risultato è un grande romanzo, di efficace scrittura, che ti dispiace avere finito e che spinge a leggerne subito un altro. Le bestie giovani Davide Longo Einaudi, 2021