Nel dicembre del 1951, un fantoccio raffigurante Babbo Natale viene impiccato e bruciato di fronte alla Cattedrale di Digione. Sono gli anni del Dopoguerra francese, un periodo permeato dalla cultura consumistica statunitense, e sia la chiesa protestante sia quella cattolica protestano frequentemente per la crescente paganizzazione del Natale. L’antropologo Claude...
Lévi-Strauss, padre dello Strutturalismo, decide di scrivere un breve articolo sulla figura di Babbo Natale prendendo spunto proprio da questo fatto. Lo scritto, ironico e sagace, viene pubblicato sulla rivista engagé “Les tempes modernes” e analizza le profonde stratificazioni culturali della festività e di questa figura che l’antropologo classifica non come un mito o una leggenda ma come una vera e propria divinità, con la singolare differenza che, rispetto alle altre, a questa credono solo i bambini. La funzione culturale di Babbo Natale diventa quindi quella di tenere separate e di riunire due fasce sociali, svolgendo un ruolo liminale, che sancisce il rito di passaggio dall’una all’altra fascia. Gli adulti, travestendosi con barba, sacco e vestito rosso, svolgono quindi questa funzione rituale, diventando controllori dell’infanzia (si pensi ad esempio a come i bambini vengano disciplinati attraverso la promessa dei doni a chi si comporterà bene) e garantendone il passaggio all’adultità e quindi all’ingresso in società, attraverso l’iniziazione che consegue al disvelamento della verità. Questo tipo di funzione rituale non è esclusiva di Babbo Natale, ma si riscontra in riti analoghi in molte parti del mondo, come ad esempio gli spiriti dei morti, i Katchina, nelle tradizioni dei nativi Pueblo, del sud ovest degli Stati uniti. In ultima analisi, il rogo inscenato dal clero francese diventa una sorta di autodafé, in cui l’oggetto dell’iconoclastia non viene distrutto ma trasfigurato, restituendo a Babbo Natale la sua funzione rituale e provando la sua perennità.
Babbo Natale giustiziato
Claude Lévi-Strauss
Sellerio, 2024