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L’impresa di Zeldin

L’imprenditore e la sua impresa sono tali quando continuano ad avere il gusto di esplorare territori sconosciuti. Non si tratta solamente di nuovi mercati. Ma di una sfida continua a fare meglio, di più, qualcosa di diverso, qualcosa – anche -, per gli altri. Certo, l’imprenditore non è un filantropo a tutto tondo; è qualcosa d’altro, di più complesso e sfaccettato, ma il buon bilancio e il profitto non esauriscono i suoi interessi.

Leggere “Ventotto domande  per affrontare il futuro” di Theodore Zeldin appena pubblicato in Italia è allora per tutti gli imprenditori (e i loro manager), un’avventura del pensiero che lascia una buona traccia.

Zeldin insegna ad Oxford e viene considerato uno studioso eclettico in equilibro fra la filosofia e le altre scienze sociali, consigliere del Brains Trust della BBC, fino ad oggi ha scritto diverse opere sull’evoluzione dei sentimenti e delle passioni nel corso delle epoche storiche, in nazioni e civilizzazioni diverse. Con “Ventotto domande” si è cimentato in qualcosa di diverso. Non si tratta di un libro di filosofia e nemmeno di storia oppure di economia. Nelle poco più di 450 pagine (che fra l’altro si leggono quasi d’un fiato), c’è però molta filosofia (ma non quella spicciola per tutti gli usi), un attento uso di tutti gli strumenti delle scienze sociali, un accorto dosaggio di ragionamento economico e storico. Come dice il titolo, il contenuto è articolato in 28 domande su numerosi aspetti dell’oggi e, soprattutto per attrezzarsi per il futuro. Tutto ragionando, anche con spregiudicatezza, attorno a concetti importanti come quello di cambiamento, dell’io e degli altri, del benessere, dell’ambiente e della giustizia sociale, dei vecchi e dei giovani.

Zeldin non possiede una ricetta infallibile, ma propone un metodo, un orientamento, che ha nella curiosità, nella sorpresa, nella capacità di aprirsi al dialogo e alle idee la sua ragion d’essere. E’ quanto serve anche a chi – imprenditore e manager – deve saper guardare oltre al domani.

In effetti, del contenuto del libro di Zeldin, molto sa di impresa e di imprenditore. “Dai contatti avuto con le grandi aziende e i governi – scrive l’autore subito all’inizio del volume -, mi è risultato evidente quanto sia difficile per loro cambiare (…). Vale la pena di indagare (…), la possibilità che anche gli’affari’ possano trovare un nuovo significato, e una filosofia più elettrizzante”.  Partendo con il mettere in guardia dalla “pianificazione esagerata” presa come “la più comune causa di morte tra le imprese”.

Guardando più da vicino gli imprenditori e le aziende  (e prendendo come esempi Walmart e poi Ikea), l’autore spiega quindi che la molla che fa scattare l’azione non può essere solo il denaro “ma la conquista e il brivido”.  E coglie poi tutte le contraddizioni e i limiti dell’agire industriale e della finanza dell’oggi, arrivando a ragionare sui legami fra “mondo degli affari” e “mondo della cultura”.

“Il bene più prezioso che viene scambiato – scrive Zeldin in uno dei passaggi più belli e provocatori -, non è l’oro ma il tempo e questo decide cosa si può fare di ogni giorno per ricavarne un utile maggiore. Poiché tuttavia la cultura è stata in gran parte relegata a fornire intrattenimento o consolazione dopo il lavoro, invece di essere riconosciuta come un ingrediente che possa dargli significato, il mondo degli affari ha fatto ben poco per mostrare l’ispirazione che è possibile trarre dalla vasta gamma delle sue esperienze. Finché gli affari sono trattati come una tecnica che può essere insegnata non potranno proporre quella che popolarmente viene definita una ‘filosofia’, vale a dire un punto di vista su quali siano il senso e lo scopo della vita”.

Visionario ed entusiasmante, il libro di Zeldin è tutto da leggere, gustare e sottolineare.

Ventotto domande per affrontare il futuro

Theodore Zeldin

Sellerio, 2015

L’imprenditore e la sua impresa sono tali quando continuano ad avere il gusto di esplorare territori sconosciuti. Non si tratta solamente di nuovi mercati. Ma di una sfida continua a fare meglio, di più, qualcosa di diverso, qualcosa – anche -, per gli altri. Certo, l’imprenditore non è un filantropo a tutto tondo; è qualcosa d’altro, di più complesso e sfaccettato, ma il buon bilancio e il profitto non esauriscono i suoi interessi.

Leggere “Ventotto domande  per affrontare il futuro” di Theodore Zeldin appena pubblicato in Italia è allora per tutti gli imprenditori (e i loro manager), un’avventura del pensiero che lascia una buona traccia.

Zeldin insegna ad Oxford e viene considerato uno studioso eclettico in equilibro fra la filosofia e le altre scienze sociali, consigliere del Brains Trust della BBC, fino ad oggi ha scritto diverse opere sull’evoluzione dei sentimenti e delle passioni nel corso delle epoche storiche, in nazioni e civilizzazioni diverse. Con “Ventotto domande” si è cimentato in qualcosa di diverso. Non si tratta di un libro di filosofia e nemmeno di storia oppure di economia. Nelle poco più di 450 pagine (che fra l’altro si leggono quasi d’un fiato), c’è però molta filosofia (ma non quella spicciola per tutti gli usi), un attento uso di tutti gli strumenti delle scienze sociali, un accorto dosaggio di ragionamento economico e storico. Come dice il titolo, il contenuto è articolato in 28 domande su numerosi aspetti dell’oggi e, soprattutto per attrezzarsi per il futuro. Tutto ragionando, anche con spregiudicatezza, attorno a concetti importanti come quello di cambiamento, dell’io e degli altri, del benessere, dell’ambiente e della giustizia sociale, dei vecchi e dei giovani.

Zeldin non possiede una ricetta infallibile, ma propone un metodo, un orientamento, che ha nella curiosità, nella sorpresa, nella capacità di aprirsi al dialogo e alle idee la sua ragion d’essere. E’ quanto serve anche a chi – imprenditore e manager – deve saper guardare oltre al domani.

In effetti, del contenuto del libro di Zeldin, molto sa di impresa e di imprenditore. “Dai contatti avuto con le grandi aziende e i governi – scrive l’autore subito all’inizio del volume -, mi è risultato evidente quanto sia difficile per loro cambiare (…). Vale la pena di indagare (…), la possibilità che anche gli’affari’ possano trovare un nuovo significato, e una filosofia più elettrizzante”.  Partendo con il mettere in guardia dalla “pianificazione esagerata” presa come “la più comune causa di morte tra le imprese”.

Guardando più da vicino gli imprenditori e le aziende  (e prendendo come esempi Walmart e poi Ikea), l’autore spiega quindi che la molla che fa scattare l’azione non può essere solo il denaro “ma la conquista e il brivido”.  E coglie poi tutte le contraddizioni e i limiti dell’agire industriale e della finanza dell’oggi, arrivando a ragionare sui legami fra “mondo degli affari” e “mondo della cultura”.

“Il bene più prezioso che viene scambiato – scrive Zeldin in uno dei passaggi più belli e provocatori -, non è l’oro ma il tempo e questo decide cosa si può fare di ogni giorno per ricavarne un utile maggiore. Poiché tuttavia la cultura è stata in gran parte relegata a fornire intrattenimento o consolazione dopo il lavoro, invece di essere riconosciuta come un ingrediente che possa dargli significato, il mondo degli affari ha fatto ben poco per mostrare l’ispirazione che è possibile trarre dalla vasta gamma delle sue esperienze. Finché gli affari sono trattati come una tecnica che può essere insegnata non potranno proporre quella che popolarmente viene definita una ‘filosofia’, vale a dire un punto di vista su quali siano il senso e lo scopo della vita”.

Visionario ed entusiasmante, il libro di Zeldin è tutto da leggere, gustare e sottolineare.

Ventotto domande per affrontare il futuro

Theodore Zeldin

Sellerio, 2015

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