Robot contro lavoro?
Una indagine appena pubblicata da Banca d’Italia contribuisce a fare luce su uno dei più importanti temi della produzione industriale
Robot contro uomo. Automazione contro occupazione. Opposti che si scontrano. Quello della contrapposizione tra lavoro umano e lavoro delle macchine è un tema vecchio quanto la prima rivoluzione industriale. Ed è in fin dei conti anche sulla base di questo scontro che si sono costruite ideologie e impostazioni di politica economica e industriale che hanno fatto la storia. Che l’avvento delle macchine (oggi della digitalizzazione e dei robot), sia in qualche modo foriero di cambiamenti anche forti sul lavoro, è cosa certamente vera. Ma occorre saper guardare bene la realtà. A questo serve, “Robots and employment: evidence from Italy” scritto da Davide Dottori e pubblicato nelle “Questioni di Economia e Finanza” di Banca d’Italia.
La ricerca, spiega lo stesso autore, stima gli effetti della crescente adozione di robot sull’occupazione in Italia. Un obiettivo importante, visto che il nostro paese è il secondo utilizzatore in Europa dopo la Germania di robot. Ma anche un traguardo complesso da raggiungere, perché, come spiega lo stesso autore, gli effetti della robotizzazione “sono a priori incerti, poiché i robot possono risultare sia sostitutivi, sia complementari al lavoro umano”.
Per cercare di comprendere la situazione Dottori effettua quindi una analisi condotta sia a livello di mercato locale del lavoro, sia utilizzando microdati di fonte amministrativa e spaziando dai primi anni Novanta e il 2016.
Quanto stabilito dall’autore indica che non appaiono emergere effetti negativi statisticamente significativi dell’accresciuta diffusione di robot né sull’occupazione complessiva a livello locale, né, in media, a livello individuale sull’occupazione e i salari dei lavoratori inizialmente occupati nella manifattura. La robotizzazione, invece, potrebbe aver contribuito alla riallocazione intersettoriale dei nuovi lavoratori, accrescendo la quota del settore terziario.
L’indagine di Dottori, in altre parole, indica, usando gli strumenti della statistica, che l’introduzione dei robot dell’industria manifatturiera italiana ha contribuito ad una sorta di trasformazione del lavoro della fabbrica che, probabilmente, non si è ancora concluso e che obbliga anche ad un cambio nei metodi e nelle stessa cultura del produrre. Un mutamento che investe non solo imprenditori e manager ma anche, e soprattutto, tutti gli attori del processo produttivo.
Robots and employment: evidence from Italy
Davide Dottori
Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 572 – July 2020
Una indagine appena pubblicata da Banca d’Italia contribuisce a fare luce su uno dei più importanti temi della produzione industriale
Robot contro uomo. Automazione contro occupazione. Opposti che si scontrano. Quello della contrapposizione tra lavoro umano e lavoro delle macchine è un tema vecchio quanto la prima rivoluzione industriale. Ed è in fin dei conti anche sulla base di questo scontro che si sono costruite ideologie e impostazioni di politica economica e industriale che hanno fatto la storia. Che l’avvento delle macchine (oggi della digitalizzazione e dei robot), sia in qualche modo foriero di cambiamenti anche forti sul lavoro, è cosa certamente vera. Ma occorre saper guardare bene la realtà. A questo serve, “Robots and employment: evidence from Italy” scritto da Davide Dottori e pubblicato nelle “Questioni di Economia e Finanza” di Banca d’Italia.
La ricerca, spiega lo stesso autore, stima gli effetti della crescente adozione di robot sull’occupazione in Italia. Un obiettivo importante, visto che il nostro paese è il secondo utilizzatore in Europa dopo la Germania di robot. Ma anche un traguardo complesso da raggiungere, perché, come spiega lo stesso autore, gli effetti della robotizzazione “sono a priori incerti, poiché i robot possono risultare sia sostitutivi, sia complementari al lavoro umano”.
Per cercare di comprendere la situazione Dottori effettua quindi una analisi condotta sia a livello di mercato locale del lavoro, sia utilizzando microdati di fonte amministrativa e spaziando dai primi anni Novanta e il 2016.
Quanto stabilito dall’autore indica che non appaiono emergere effetti negativi statisticamente significativi dell’accresciuta diffusione di robot né sull’occupazione complessiva a livello locale, né, in media, a livello individuale sull’occupazione e i salari dei lavoratori inizialmente occupati nella manifattura. La robotizzazione, invece, potrebbe aver contribuito alla riallocazione intersettoriale dei nuovi lavoratori, accrescendo la quota del settore terziario.
L’indagine di Dottori, in altre parole, indica, usando gli strumenti della statistica, che l’introduzione dei robot dell’industria manifatturiera italiana ha contribuito ad una sorta di trasformazione del lavoro della fabbrica che, probabilmente, non si è ancora concluso e che obbliga anche ad un cambio nei metodi e nelle stessa cultura del produrre. Un mutamento che investe non solo imprenditori e manager ma anche, e soprattutto, tutti gli attori del processo produttivo.
Robots and employment: evidence from Italy
Davide Dottori
Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 572 – July 2020