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Il restauro dei bozzetti esecutivi per pubblicità degli anni 1965-1981

Tra il 2016 e il 2017 è stato affrontato il restauro di 260 bozzetti esecutivi per pubblicità, realizzati fra il 1968 e il 1981, di proprietà dell’Archivio Storico Pirelli: i 260 pezzi interessati dal recente intervento, presentano materiali e tecniche tipici del periodo e dell’ambito in cui sono stati progettati ed eseguiti.

Dalla fine degli anni sessanta scompare quasi totalmente la resa pittorica o caricaturale/vignettistica tipica di artisti e disegnatori, e si passa a immagini più grafiche con ampi inserimenti di testi. L’intervento manuale diretto si riduce molto, non sono molti i bozzetti eseguiti a tempera o china, mentre è in netta maggioranza l’utilizzo di immagini fotografiche e caratteri stampati. L’intervento di restauro ha permesso di compiere quindi un viaggio a ritroso negli studi di grafica per confrontarsi con i loro metodi di lavoro prima dell’avvento del computer.

La maggior parte dei bozzetti di questo gruppo è composta da più strati sovrapposti: la parte principale dell’immagine è realizzata su cartoncini “Shoellers”, che costituivano il supporto più tipico utilizzato negli studi di grafica, ma anche nel mondo dell’arte contemporanea a quegli anni. Si tratta di un cartoncino di spessore 1,5 mm circa, formato da un’anima interna in vari strati in pasta di legno, rivestita al recto da una carta patinata color avorio chiaro molto liscia e poco porosa e da una carta color verde/azzurro al verso. Sovente è visibile anche il marchio di fabbrica, costituito da un timbro a secco a rilievo. A causa della manipolazione e la conservazione non corretta, i danni principali riscontrati sui cartoncini, oltre ai forti depositi di polvere (rimossi con puliture superficiali con gomme wishab), sono le ammaccature ai margini e agli angoli e lo sfaldamento degli strati in cui il cartone era costituito che hanno richiesto operazioni di riadesione degli scollamenti e consolidamento dei margini, utilizzando pasta d’amido giapponese fra gli strati del cartone e colla mista composta da metilcellulosa ed emulsione acrilica per rinforzare, proteggere e impermeabilizzare i bordi.

Il lato liscio e non assorbente del cartoncino (patinato) era quello adatto per comporre l’immagine dei bozzetti: come già accennato poche sono le realizzazioni a tempera, un certo numero a china nera, ma per la maggior parte le immagini sono ottenute con assemblaggi di carte di vario tipo, fotografico o non, con stampe fotografiche o tipografiche, ritagliate sotto varie forme ed incollate al cartoncino. A questo punto è apparso il ricordo più evidente della scuola d’arte: il tipo di adesivo usato. Non è stato difficile capire che la maggior parte degli incollaggi fosse stata eseguita con la “famosa” (ai tempi) colla Cow Gum! Che non significa colla di mucca, ma prendeva il suo nome dal sig. Cow, che l’aveva inventata. Era una colla dalla consistenza del miele e dal forte odore di solvente, che veniva venduta in un barattolo di latta bianco e rosso con la parola Cow scritta ben evidente. E si stendeva con una paletta di plastica bianca, che ancora possiedo. Leggendo vari siti di grafica e confrontandomi con architetti e designer ho potuto appurare che, prima dell’avvento del computer, tutti gli studi ne facevano ampio uso, e non soltanto noi studenti della scuola d’arte: i testi, le immagini e i vari elementi della composizione venivano ritagliati (spesso appoggiandosi direttamente sul cartoncino stesso – e nei bozzetti Pirelli si notano numerosi i tagli superficiali) e poi applicati al cartoncino. Il vantaggio della Cow, rispetto alle colle a base d’acqua era che non arricciava la carta, inoltre permetteva per un certo tempo di riposizionare le varie parti, se si decideva di modificare la composizione. Al momento dell’uso la Cow era trasparente, ma ovviamente nessuno era consapevole delle trasformazioni che avrebbe subito negli anni. Nel tempo, ossidandosi, subisce una modifica cromatica che trasferisce anche alle carte incollate, su cui affiorano le tracce brune delle spatolate di colla (particolarmente evidenti ai versi); perde inoltre il suo potere adesivo portando al distacco parziale o completo delle varie parti applicate al cartoncino.

Questa descritta è la situazione del maggior numero dei bozzetti sui cui si è incentrato l’intervento: in passato alcuni piccoli pezzi dopo il distacco sono andati persi, ma fortunatamente con il restauro è stato possibile intervenire in tempo per verificare la tenuta di adesione e fissare tutti i pezzi rimanenti. Basta infatti semplicemente la leggera pressione della punta del bisturi per far staccare le parti in cui l’adesivo è ormai completamente ossidato (e quindi recuperare e consolidare tutte le varie parti applicate, utilizzando pasta di amido giapponese, dopo aver eliminato meccanicamente i residui della vecchia Cow ossidata e polverizzata.) Le riadesioni sono state eseguite completamente, o parzialmente (a seconda delle aree che avevano perso aderenza), o almeno agli angoli o margini per evitare perdite future. Non è stato invece possibile schiarire le macchie brune delle ossidazioni, diventate irreversibili. Come già accennato, tra i ritagli applicati ai cartoncini è presente un ampio uso di carte fotografiche di vario tipo, lucide o semimat, usate sia per la stampa di immagini che di molte delle scritte a stampa, un limitato utilizzo di stampe ai sali d’argento riconoscibili per il tipico fenomeno ossidativo detto “specchio d’argento”, il frequente utilizzo di immagini stampate su carte patinate tratte da riviste o in alcuni casi di scritte stampate su acetato. La perdita di adesione della colla Cow ha permesso in molti casi di visionare i versi e vedere le sigle delle carte fotografiche o le versioni sottostanti dei bozzetti, prima di riaderirle con la pasta d’amido giapponese o con adesivo a base di etere di cellulosa in alcool.

Altro tipo di materiale per me molto familiare e ritrovato in numerosi esemplari sono i “retini”. Si tratta di pellicole autoadesive, colorate o con piccoli disegni ripetuti, usati per riempire le campiture. A scuola venivano usate nel disegno geometrico per definire le ombre degli oggetti ed era molto interessante anche la sovrapposizione di colori diversi per trasparenza. Nei bozzetti trattati l’adesione nel tempo è rimasta molto buona, tranne minimi sollevamenti negli angoli e in piccole zone, rifissati con adesivo acrilico. I retini non presentavano alterazioni di colore, segno quindi, insieme alla buona adesione, che il collante originale delle pellicole è molto stabile e non ossidato. Una presenza molto importante su un buon numero di cartoncini è quella dei “crocini”, necessari riferimenti per la stampa dell’immagine, fissati principalmente con pezzetti di nastro adesivo. Come per la Cow Gum anche il collante del nastro si ossida, scurisce e perde adesione, causando il distacco dei crocini. Fortunatamente le macchie lasciate dalla colla sul cartoncino hanno permesso di individuare le posizioni iniziali per poterli rifissare correttamente. Un’altra tipologia di elementi ritrovati su vari cartoncini e con una situazione conservativa simile ai crocini è quella dei campioni colore, ritagli di carte colorate che servivano come riferimento per i colori da utilizzare in stampa, anch’esse spesso fissate con nastro adesivo, ma non più ben adese. Con lo stesso sistema erano applicate alcune scritte fissate sopra a versioni precedenti. Per i casi appena descritti si è deciso con la responsabile dell’Archivio Storico di mantenere le pellicole plastiche dei nastri adesivi dopo averle ripulite dal collante (che è la parte dannosa) utilizzando come solventi etere o acetone a seconda dell’ossidazione dell’adesivo, e ricollocare poi le pellicole nelle posizioni originarie fissandole con adesivo acrilico, riuscendo quindi a mantenere l’aspetto visivo che presentava il bozzetto appena fu realizzato.

Un ruolo importante sia visivo che tecnico è quello dei lucidi: uno o più fogli sovrapposti (in alcuni casi anche tre) fissati con nastri adesivi al di sopra dei cartoncini. La loro funzione, oltre che di protezione del bozzetto, era di contenere tutte le annotazioni utili per la stampa, le varianti e le aggiunte rispetto al bozzetto originario. Sui lucidi quindi sono presenti: scritte a matita, a penna a sfera (nera, blu o rossa) a inchiostro nero o rosso tracciato con rapidograph, a pennarelli, tratto-pen o pastelli colorati; ma si ritrovano anche parte degli stessi materiali usati sui cartoncini: carte ritagliate con scritte a stampa e incollate con la Cow Gum, crocini e campioni colore fissati con nastro adesivo o incollati, retini trasparenti colorati. I lucidi presentavano problemi conservativi che interessavano sia il supporto che i materiali sopra applicati. Per i primi si sono riscontrati principalmente: pieghe, strappi, parti mancanti a causa della manipolazione, distacco dal cartone per perdita di adesione dei nastri adesivi, e anche macchie e residui di collante degli scotch. Per i materiali applicati i problemi principali erano quelli già descritti per le carte fissate ai cartoncini: macchie causate dalla Cow Gum e distacchi parziali o totali.

Il restauro dei danni nei lucidi ha contemplato in primo luogo la pulitura superficiale: infatti, essendo la parte più esposta dei bozzetti, erano più o meno ricoperti da depositi di polvere. I resti dei nastri adesivi, usati per fissare i lucidi ai cartoncini o per riparare strappi, sono stati rimossi e le parti ripulite a solvente. Le pieghe e grinze presenti sono state attenuate apportando umidità minima e localizzata usando pennellini fini da ritocco e sono stati saldati gli strappi dal verso con sottili strisce di carte giapponesi molto leggere, utilizzando un adesivo a base alcoolica, per evitare di creare ondulazioni, in quanto i lucidi sono molto sensibili all’umidità e tendono a deformarsi in maniera permanente. Le lacune sono state integrate con vecchie carte da lucido, simili per colore, fissate con le medesime striscioline ed adesivo degli strappi. Quindi le varie carte con scritte e immagini sono state fissate, completamente o parzialmente, usando lo stesso collante in base alcolica. Alla fine degli interventi, i lucidi sono stati riposizionati sul cartoncino, utilizzando nastri da conservazione. Sotto al lucido di protezione, erano spesso allegate stampe fotografiche (corrispondenti o varianti della foto sul bozzetto) o fotocolor (cioè positivi su pellicola) raffiguranti i bozzetti preliminari all’esecutivo, a volte anche realizzati a mano secondo le tecniche tradizionali e che purtroppo non sono più esistenti. L’immagine tratta dal fotocolor è quella che si trova stampata ed applicata al cartoncino. I fotocolor sono sempre inseriti in buste di plastica non idonee alla conservazione, che a volte sono andate ad aderire alla pellicola del fotocolor. In alcuni casi la pellicola è danneggiata o rischia di esserlo per la presenza di nastri adesivi di varia natura, a volte parzialmente sciolti ed espansi sulla superficie con “gorature” biancastre Dopo l’attenta pulitura a solvente per eliminare i residui dei vecchi nastri adesivi dai fotocolor, sono stati posizionati nuovi nastri conservativi specifici per pellicole e materiale fotografico e sia i fotocolor che le stampe fotografiche sono state protette in buste conservative di polipropilene trasparente.

Il criterio seguito negli interventi è stato quello di considerare questi bozzetti non come opere finali, ma come strumenti d’uso, essendo infatti preparatori per la realizzazione a stampa di manifesti, locandine e pubblicità da inserire in riviste e pubblicazioni. Quindi, nel restauro, si è ritenuto fondamentale conservare tutte le tracce e gli elementi aggiunti per la realizzazione della stampa finale: note scritte direttamente sia sul cartoncino che sui lucidi oppure su foglietti a parte, commenti e suggerimenti di modifiche, scritte varie sia sui recti che anche sui versi, come documentazione e testimonianza di un processo creativo e di lavoro.

Lucia Tarantola (restauratrice)

Tra il 2016 e il 2017 è stato affrontato il restauro di 260 bozzetti esecutivi per pubblicità, realizzati fra il 1968 e il 1981, di proprietà dell’Archivio Storico Pirelli: i 260 pezzi interessati dal recente intervento, presentano materiali e tecniche tipici del periodo e dell’ambito in cui sono stati progettati ed eseguiti.

Dalla fine degli anni sessanta scompare quasi totalmente la resa pittorica o caricaturale/vignettistica tipica di artisti e disegnatori, e si passa a immagini più grafiche con ampi inserimenti di testi. L’intervento manuale diretto si riduce molto, non sono molti i bozzetti eseguiti a tempera o china, mentre è in netta maggioranza l’utilizzo di immagini fotografiche e caratteri stampati. L’intervento di restauro ha permesso di compiere quindi un viaggio a ritroso negli studi di grafica per confrontarsi con i loro metodi di lavoro prima dell’avvento del computer.

La maggior parte dei bozzetti di questo gruppo è composta da più strati sovrapposti: la parte principale dell’immagine è realizzata su cartoncini “Shoellers”, che costituivano il supporto più tipico utilizzato negli studi di grafica, ma anche nel mondo dell’arte contemporanea a quegli anni. Si tratta di un cartoncino di spessore 1,5 mm circa, formato da un’anima interna in vari strati in pasta di legno, rivestita al recto da una carta patinata color avorio chiaro molto liscia e poco porosa e da una carta color verde/azzurro al verso. Sovente è visibile anche il marchio di fabbrica, costituito da un timbro a secco a rilievo. A causa della manipolazione e la conservazione non corretta, i danni principali riscontrati sui cartoncini, oltre ai forti depositi di polvere (rimossi con puliture superficiali con gomme wishab), sono le ammaccature ai margini e agli angoli e lo sfaldamento degli strati in cui il cartone era costituito che hanno richiesto operazioni di riadesione degli scollamenti e consolidamento dei margini, utilizzando pasta d’amido giapponese fra gli strati del cartone e colla mista composta da metilcellulosa ed emulsione acrilica per rinforzare, proteggere e impermeabilizzare i bordi.

Il lato liscio e non assorbente del cartoncino (patinato) era quello adatto per comporre l’immagine dei bozzetti: come già accennato poche sono le realizzazioni a tempera, un certo numero a china nera, ma per la maggior parte le immagini sono ottenute con assemblaggi di carte di vario tipo, fotografico o non, con stampe fotografiche o tipografiche, ritagliate sotto varie forme ed incollate al cartoncino. A questo punto è apparso il ricordo più evidente della scuola d’arte: il tipo di adesivo usato. Non è stato difficile capire che la maggior parte degli incollaggi fosse stata eseguita con la “famosa” (ai tempi) colla Cow Gum! Che non significa colla di mucca, ma prendeva il suo nome dal sig. Cow, che l’aveva inventata. Era una colla dalla consistenza del miele e dal forte odore di solvente, che veniva venduta in un barattolo di latta bianco e rosso con la parola Cow scritta ben evidente. E si stendeva con una paletta di plastica bianca, che ancora possiedo. Leggendo vari siti di grafica e confrontandomi con architetti e designer ho potuto appurare che, prima dell’avvento del computer, tutti gli studi ne facevano ampio uso, e non soltanto noi studenti della scuola d’arte: i testi, le immagini e i vari elementi della composizione venivano ritagliati (spesso appoggiandosi direttamente sul cartoncino stesso – e nei bozzetti Pirelli si notano numerosi i tagli superficiali) e poi applicati al cartoncino. Il vantaggio della Cow, rispetto alle colle a base d’acqua era che non arricciava la carta, inoltre permetteva per un certo tempo di riposizionare le varie parti, se si decideva di modificare la composizione. Al momento dell’uso la Cow era trasparente, ma ovviamente nessuno era consapevole delle trasformazioni che avrebbe subito negli anni. Nel tempo, ossidandosi, subisce una modifica cromatica che trasferisce anche alle carte incollate, su cui affiorano le tracce brune delle spatolate di colla (particolarmente evidenti ai versi); perde inoltre il suo potere adesivo portando al distacco parziale o completo delle varie parti applicate al cartoncino.

Questa descritta è la situazione del maggior numero dei bozzetti sui cui si è incentrato l’intervento: in passato alcuni piccoli pezzi dopo il distacco sono andati persi, ma fortunatamente con il restauro è stato possibile intervenire in tempo per verificare la tenuta di adesione e fissare tutti i pezzi rimanenti. Basta infatti semplicemente la leggera pressione della punta del bisturi per far staccare le parti in cui l’adesivo è ormai completamente ossidato (e quindi recuperare e consolidare tutte le varie parti applicate, utilizzando pasta di amido giapponese, dopo aver eliminato meccanicamente i residui della vecchia Cow ossidata e polverizzata.) Le riadesioni sono state eseguite completamente, o parzialmente (a seconda delle aree che avevano perso aderenza), o almeno agli angoli o margini per evitare perdite future. Non è stato invece possibile schiarire le macchie brune delle ossidazioni, diventate irreversibili. Come già accennato, tra i ritagli applicati ai cartoncini è presente un ampio uso di carte fotografiche di vario tipo, lucide o semimat, usate sia per la stampa di immagini che di molte delle scritte a stampa, un limitato utilizzo di stampe ai sali d’argento riconoscibili per il tipico fenomeno ossidativo detto “specchio d’argento”, il frequente utilizzo di immagini stampate su carte patinate tratte da riviste o in alcuni casi di scritte stampate su acetato. La perdita di adesione della colla Cow ha permesso in molti casi di visionare i versi e vedere le sigle delle carte fotografiche o le versioni sottostanti dei bozzetti, prima di riaderirle con la pasta d’amido giapponese o con adesivo a base di etere di cellulosa in alcool.

Altro tipo di materiale per me molto familiare e ritrovato in numerosi esemplari sono i “retini”. Si tratta di pellicole autoadesive, colorate o con piccoli disegni ripetuti, usati per riempire le campiture. A scuola venivano usate nel disegno geometrico per definire le ombre degli oggetti ed era molto interessante anche la sovrapposizione di colori diversi per trasparenza. Nei bozzetti trattati l’adesione nel tempo è rimasta molto buona, tranne minimi sollevamenti negli angoli e in piccole zone, rifissati con adesivo acrilico. I retini non presentavano alterazioni di colore, segno quindi, insieme alla buona adesione, che il collante originale delle pellicole è molto stabile e non ossidato. Una presenza molto importante su un buon numero di cartoncini è quella dei “crocini”, necessari riferimenti per la stampa dell’immagine, fissati principalmente con pezzetti di nastro adesivo. Come per la Cow Gum anche il collante del nastro si ossida, scurisce e perde adesione, causando il distacco dei crocini. Fortunatamente le macchie lasciate dalla colla sul cartoncino hanno permesso di individuare le posizioni iniziali per poterli rifissare correttamente. Un’altra tipologia di elementi ritrovati su vari cartoncini e con una situazione conservativa simile ai crocini è quella dei campioni colore, ritagli di carte colorate che servivano come riferimento per i colori da utilizzare in stampa, anch’esse spesso fissate con nastro adesivo, ma non più ben adese. Con lo stesso sistema erano applicate alcune scritte fissate sopra a versioni precedenti. Per i casi appena descritti si è deciso con la responsabile dell’Archivio Storico di mantenere le pellicole plastiche dei nastri adesivi dopo averle ripulite dal collante (che è la parte dannosa) utilizzando come solventi etere o acetone a seconda dell’ossidazione dell’adesivo, e ricollocare poi le pellicole nelle posizioni originarie fissandole con adesivo acrilico, riuscendo quindi a mantenere l’aspetto visivo che presentava il bozzetto appena fu realizzato.

Un ruolo importante sia visivo che tecnico è quello dei lucidi: uno o più fogli sovrapposti (in alcuni casi anche tre) fissati con nastri adesivi al di sopra dei cartoncini. La loro funzione, oltre che di protezione del bozzetto, era di contenere tutte le annotazioni utili per la stampa, le varianti e le aggiunte rispetto al bozzetto originario. Sui lucidi quindi sono presenti: scritte a matita, a penna a sfera (nera, blu o rossa) a inchiostro nero o rosso tracciato con rapidograph, a pennarelli, tratto-pen o pastelli colorati; ma si ritrovano anche parte degli stessi materiali usati sui cartoncini: carte ritagliate con scritte a stampa e incollate con la Cow Gum, crocini e campioni colore fissati con nastro adesivo o incollati, retini trasparenti colorati. I lucidi presentavano problemi conservativi che interessavano sia il supporto che i materiali sopra applicati. Per i primi si sono riscontrati principalmente: pieghe, strappi, parti mancanti a causa della manipolazione, distacco dal cartone per perdita di adesione dei nastri adesivi, e anche macchie e residui di collante degli scotch. Per i materiali applicati i problemi principali erano quelli già descritti per le carte fissate ai cartoncini: macchie causate dalla Cow Gum e distacchi parziali o totali.

Il restauro dei danni nei lucidi ha contemplato in primo luogo la pulitura superficiale: infatti, essendo la parte più esposta dei bozzetti, erano più o meno ricoperti da depositi di polvere. I resti dei nastri adesivi, usati per fissare i lucidi ai cartoncini o per riparare strappi, sono stati rimossi e le parti ripulite a solvente. Le pieghe e grinze presenti sono state attenuate apportando umidità minima e localizzata usando pennellini fini da ritocco e sono stati saldati gli strappi dal verso con sottili strisce di carte giapponesi molto leggere, utilizzando un adesivo a base alcoolica, per evitare di creare ondulazioni, in quanto i lucidi sono molto sensibili all’umidità e tendono a deformarsi in maniera permanente. Le lacune sono state integrate con vecchie carte da lucido, simili per colore, fissate con le medesime striscioline ed adesivo degli strappi. Quindi le varie carte con scritte e immagini sono state fissate, completamente o parzialmente, usando lo stesso collante in base alcolica. Alla fine degli interventi, i lucidi sono stati riposizionati sul cartoncino, utilizzando nastri da conservazione. Sotto al lucido di protezione, erano spesso allegate stampe fotografiche (corrispondenti o varianti della foto sul bozzetto) o fotocolor (cioè positivi su pellicola) raffiguranti i bozzetti preliminari all’esecutivo, a volte anche realizzati a mano secondo le tecniche tradizionali e che purtroppo non sono più esistenti. L’immagine tratta dal fotocolor è quella che si trova stampata ed applicata al cartoncino. I fotocolor sono sempre inseriti in buste di plastica non idonee alla conservazione, che a volte sono andate ad aderire alla pellicola del fotocolor. In alcuni casi la pellicola è danneggiata o rischia di esserlo per la presenza di nastri adesivi di varia natura, a volte parzialmente sciolti ed espansi sulla superficie con “gorature” biancastre Dopo l’attenta pulitura a solvente per eliminare i residui dei vecchi nastri adesivi dai fotocolor, sono stati posizionati nuovi nastri conservativi specifici per pellicole e materiale fotografico e sia i fotocolor che le stampe fotografiche sono state protette in buste conservative di polipropilene trasparente.

Il criterio seguito negli interventi è stato quello di considerare questi bozzetti non come opere finali, ma come strumenti d’uso, essendo infatti preparatori per la realizzazione a stampa di manifesti, locandine e pubblicità da inserire in riviste e pubblicazioni. Quindi, nel restauro, si è ritenuto fondamentale conservare tutte le tracce e gli elementi aggiunti per la realizzazione della stampa finale: note scritte direttamente sia sul cartoncino che sui lucidi oppure su foglietti a parte, commenti e suggerimenti di modifiche, scritte varie sia sui recti che anche sui versi, come documentazione e testimonianza di un processo creativo e di lavoro.

Lucia Tarantola (restauratrice)

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