Il giardino del Mediterraneo
“Il Mediterraneo è il mare delle diversità, luogo di incontro di piante, animali e culture di Europa, Asia, Africa”, scrive Giuseppe Barbera, professore di Colture arboree all’università di Palermo in “Il giardino del Mediterraneo - Storie e paesaggi da Omero all’Antropocene”, il Saggiatore. E, per fare capire meglio, fa riferimento a Fernand Braudel, uno dei maggiori storici del Novecento: “Il Mediterraneo è mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. Non un mare ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”. Per trovare il senso d’una storia molteplice, d’una “natura ibrida” (la sua forza sta proprio nelle diversità dialoganti), Barbera segue i segni distintivi del paesaggio, considerato, secondo la lezione di Alexander von Humboldt, padre ottocentesco della geografia, come “un palinsesto” ovvero come “la totalità dei caratteri di un territorio”. E privilegia i sentieri della diffusione del fico d’India, importato dal Messico in Europa dai conquistadores spagnoli e diventato elemento simbolico del paesaggio. E poi si muove sulle tracce dell’ulivo e della vite. Si concentra su esempi tratti dall’osservazione e dallo studio della Sicilia, isola esemplare di incroci e contaminazioni. Insiste: “il Mediterraneo insegna che la natura e la cultura privilegiano la diversità, l’incontro altruista e non l’esclusione egoista”. E denuncia, con un solido apparato di dati e documentazioni, i danni provocati dalle cattive abitudini dell’epoca dell’Antropocene, con l’uomo che cerca di prendere il sopravvento sulla natura e ne altera radicalmente gli equilibri. Il giardino del Mediterraneo - Storie e paesaggi da Omero all’Antropocene Giuseppe Barbera Il Saggiatore, 2021