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Uomo digitale?

Un libro appena tradotto discute delle relazioni fra Intelligenza Artificiale e condizione umana

Macchine contro uomini. Macchine al servizio degli uomini. Macchine in grado di pensare. Macchine vive. Il tema della digitalizzazione dei processi (di vario genere) collegata allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, è alternativamente visto come minaccia e come opportunità, come paradigma del futuro più roseo possibile per l’umanità, oppure come esemplificazione di quel buco nero nel quale la stessa umanità finirà la sua esistenza. Vale anche per la produzione e per l’impresa. Macchine, quindi, che segneranno la fine del lavoro (umano) e che, quindi, anche qui a seconda di chi guarda, significheranno povertà e disgrazia per i lavoratori oppure ricchezza e felicità per gli stessi. E’ evidentemente in mezzo ai due estremi che occorre cercare il senso vero di quanto sta accadendo. Leggere “Umanesimo digitale. Un’etica per l’epoca dell’Intelligenza Artificiale” di Julian Nida-Rümelin e Nathalie Weidenfeld, serve a questo scopo. E serve in modo eccellente.

Il libro, per dichiarazione stessa di chi lo ha scritto, non è un testo scientifico e basta, ma qualcosa di diverso perché cerca di gettare un ponte tra riflessione filosofica, cinema, letteratura, scienze naturali e tecnologie informatiche. Tutto per delineare ciò che viene chiamato “umanesimo digitale” e cioè “qualcosa che va incontro agli esseri umani senza essere ostile alla tecnica. Essa si distingue dalle posizioni apocalittiche perché confida nella ragione propria degli esseri umani e dalle posizioni euforiche perché considera i limiti della tecnologia digitale”. Il contrario, cioè, di quella che gli stessi autori chiamano “ideologia della Silicon Valley” e che altro non è che una posizione attenta alle esigenze della tecnica e a quelle degli uomini.

Apparentemente un approccio più che naturale e sensato. In realtà qualcosa di molto complesso da affrontare, perché, tutto sommato, non esattamente misurabile e codificabile.

Nida-Rümelin e Weidenfeld intraprendono quindi un viaggio pressoché unico che utilizza non solo i risultati della scienza ma anche, e soprattutto, quelli raggiunti da filosofi, psicologi, sociologi, economisti e politici usando suggestioni provenienti anche dalla letteratura così come dal cinema. Ne deriva così un viaggio che tocca la vita quotidiana, i sentimenti, i meccanismi di scelta, quelli dell’ottimizzazione dei processi, la razionalità economica, la moralità, l’amicizia, naturalmente l’etica, la comunicazione, la cultura, la formazione, la democrazie e il vivere sociale e alto altro ancora.

Scrivono i due autori in un passaggio delle loro conclusioni che l’umanesimo digitale contrappone all’ideologizzazione delle tecnologie digitali “un contegno di sobrietà”.

Il libro di Nida-Rümelin e Nathalie Weidenfeld si legge volendo anche di corsa, ma è da leggere con attenzione. E magari rileggere.

 

Umanesimo digitale. Un’etica per l’epoca dell’Intelligenza Artificiale
Julian Nida-Rümelin, Nathalie Weidenfeld
Franco Angeli, 2019

Un libro appena tradotto discute delle relazioni fra Intelligenza Artificiale e condizione umana

Macchine contro uomini. Macchine al servizio degli uomini. Macchine in grado di pensare. Macchine vive. Il tema della digitalizzazione dei processi (di vario genere) collegata allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, è alternativamente visto come minaccia e come opportunità, come paradigma del futuro più roseo possibile per l’umanità, oppure come esemplificazione di quel buco nero nel quale la stessa umanità finirà la sua esistenza. Vale anche per la produzione e per l’impresa. Macchine, quindi, che segneranno la fine del lavoro (umano) e che, quindi, anche qui a seconda di chi guarda, significheranno povertà e disgrazia per i lavoratori oppure ricchezza e felicità per gli stessi. E’ evidentemente in mezzo ai due estremi che occorre cercare il senso vero di quanto sta accadendo. Leggere “Umanesimo digitale. Un’etica per l’epoca dell’Intelligenza Artificiale” di Julian Nida-Rümelin e Nathalie Weidenfeld, serve a questo scopo. E serve in modo eccellente.

Il libro, per dichiarazione stessa di chi lo ha scritto, non è un testo scientifico e basta, ma qualcosa di diverso perché cerca di gettare un ponte tra riflessione filosofica, cinema, letteratura, scienze naturali e tecnologie informatiche. Tutto per delineare ciò che viene chiamato “umanesimo digitale” e cioè “qualcosa che va incontro agli esseri umani senza essere ostile alla tecnica. Essa si distingue dalle posizioni apocalittiche perché confida nella ragione propria degli esseri umani e dalle posizioni euforiche perché considera i limiti della tecnologia digitale”. Il contrario, cioè, di quella che gli stessi autori chiamano “ideologia della Silicon Valley” e che altro non è che una posizione attenta alle esigenze della tecnica e a quelle degli uomini.

Apparentemente un approccio più che naturale e sensato. In realtà qualcosa di molto complesso da affrontare, perché, tutto sommato, non esattamente misurabile e codificabile.

Nida-Rümelin e Weidenfeld intraprendono quindi un viaggio pressoché unico che utilizza non solo i risultati della scienza ma anche, e soprattutto, quelli raggiunti da filosofi, psicologi, sociologi, economisti e politici usando suggestioni provenienti anche dalla letteratura così come dal cinema. Ne deriva così un viaggio che tocca la vita quotidiana, i sentimenti, i meccanismi di scelta, quelli dell’ottimizzazione dei processi, la razionalità economica, la moralità, l’amicizia, naturalmente l’etica, la comunicazione, la cultura, la formazione, la democrazie e il vivere sociale e alto altro ancora.

Scrivono i due autori in un passaggio delle loro conclusioni che l’umanesimo digitale contrappone all’ideologizzazione delle tecnologie digitali “un contegno di sobrietà”.

Il libro di Nida-Rümelin e Nathalie Weidenfeld si legge volendo anche di corsa, ma è da leggere con attenzione. E magari rileggere.

 

Umanesimo digitale. Un’etica per l’epoca dell’Intelligenza Artificiale
Julian Nida-Rümelin, Nathalie Weidenfeld
Franco Angeli, 2019

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