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Raccontare per immagini: i grandi fotografi della rivista Pirelli

Durante questo mese di ottobre dedicato al tema “Pirelli e la fotografia”, la rubrica Storia e storie dal mondo Pirelli si è occupata dei grandi reportage realizzati all’interno della fabbrica: scatti che rendono eterno l’atto del lavoro, fermano il moto delle macchine, nobilitano le mani dell’uomo. Spesso queste foto sono destinate alla rivista Pirelli, che dal 1948 al 1972 indaga più volte la relazione  tra l’uomo e il lavoro. E sulle pagine della stessa rivista, ai “reporter di fabbrica” si affiancano altri grandi fotografi che, in modi diversi, contribuiscono a questa narrazione per immagini dell’universo Pirelli.
Uno su tutti: Fulvio Roiter. Il maestro veneziano esordisce sulla  rivista Pirelli n° 6 del dicembre 1962: Non c’è mare nel porto di Mileto. Ad aprire il servizio, una magnifica veduta di Istanbul all’alba. Per la rivista, Roiter sarà sempre “a caccia” di paesi sconosciuti, intento a disegnare una mappa del mondo che anno dopo anno, numero dopo numero, copertina dopo copertina, andrà a costituire per Pirelli un immaginario di immenso valore. Con Roiter i lettori viaggeranno dalle verdissime foreste di alberi della gomma in Brasile a Teheran circondata dal deserto, dai templi maya messicani  ai vigneti di colore blu acceso di Madera.
Se ad affascinare Fulvio Roiter è lo spettacolo della natura, è invece la “cronaca della vita” a suscitare l’interesse di un altro grande fotografo che collabora con la rivista per tutto il corso degli anni Sessanta: Ugo Mulas. In bianco e nero rigoroso, davanti all’obiettivo del fotografo milanese “sfilano” silenziosi il minatore  del traforo del Monte Bianco, Don Zeno Saltini fondatore della comunità di Nomadelfia, i sensali con fazzoletto al collo e cappello di feltro al mercato dei cavalli, i bambini della scuola di Chiesa Rossa, le donne che sono “angeli senza focolare” perchè il lavoro non ammette distinzioni di genere. Insieme a loro ci sono giganti dell’arte come Lucio Fontana, Alberto Giacometti, Fausto Melotti, Henry Moore, tra tele strappate, blocchi di marmo, bronzi accartocciati.
I reportage di Pepi Merisio, nato a Caravaggio nel  1931, evocano invece un’immaginario che rimanda a quello del regista Ermanno Olmi, suo coetaneo e conterraneo. I soggetti sono case di montagna e greggi di pecore, le lampare del Mar Ligure, i casali e i borghi lombardi. Chiudiamo questo tributo ai maestri della fotografia che hanno collaborato con la rivista Pirelli con Enzo Sellerio, di cui ricordiamo due servizi per il magazine pirelliano: “Il vulcano in fiore” del 1964 e “Deserto di tufo” del 1968. I reportage raccontano per immagini l’Etna, una “lotta col gigante è fatta di pazienza e di forza”e il terremoto del Belice dove “in una notte, le case le chiese, tutto è diventato un deserto di tufo immobile”. E dove ora regna  il silenzio.

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Durante questo mese di ottobre dedicato al tema “Pirelli e la fotografia”, la rubrica Storia e storie dal mondo Pirelli si è occupata dei grandi reportage realizzati all’interno della fabbrica: scatti che rendono eterno l’atto del lavoro, fermano il moto delle macchine, nobilitano le mani dell’uomo. Spesso queste foto sono destinate alla rivista Pirelli, che dal 1948 al 1972 indaga più volte la relazione  tra l’uomo e il lavoro. E sulle pagine della stessa rivista, ai “reporter di fabbrica” si affiancano altri grandi fotografi che, in modi diversi, contribuiscono a questa narrazione per immagini dell’universo Pirelli.
Uno su tutti: Fulvio Roiter. Il maestro veneziano esordisce sulla  rivista Pirelli n° 6 del dicembre 1962: Non c’è mare nel porto di Mileto. Ad aprire il servizio, una magnifica veduta di Istanbul all’alba. Per la rivista, Roiter sarà sempre “a caccia” di paesi sconosciuti, intento a disegnare una mappa del mondo che anno dopo anno, numero dopo numero, copertina dopo copertina, andrà a costituire per Pirelli un immaginario di immenso valore. Con Roiter i lettori viaggeranno dalle verdissime foreste di alberi della gomma in Brasile a Teheran circondata dal deserto, dai templi maya messicani  ai vigneti di colore blu acceso di Madera.
Se ad affascinare Fulvio Roiter è lo spettacolo della natura, è invece la “cronaca della vita” a suscitare l’interesse di un altro grande fotografo che collabora con la rivista per tutto il corso degli anni Sessanta: Ugo Mulas. In bianco e nero rigoroso, davanti all’obiettivo del fotografo milanese “sfilano” silenziosi il minatore  del traforo del Monte Bianco, Don Zeno Saltini fondatore della comunità di Nomadelfia, i sensali con fazzoletto al collo e cappello di feltro al mercato dei cavalli, i bambini della scuola di Chiesa Rossa, le donne che sono “angeli senza focolare” perchè il lavoro non ammette distinzioni di genere. Insieme a loro ci sono giganti dell’arte come Lucio Fontana, Alberto Giacometti, Fausto Melotti, Henry Moore, tra tele strappate, blocchi di marmo, bronzi accartocciati.
I reportage di Pepi Merisio, nato a Caravaggio nel  1931, evocano invece un’immaginario che rimanda a quello del regista Ermanno Olmi, suo coetaneo e conterraneo. I soggetti sono case di montagna e greggi di pecore, le lampare del Mar Ligure, i casali e i borghi lombardi. Chiudiamo questo tributo ai maestri della fotografia che hanno collaborato con la rivista Pirelli con Enzo Sellerio, di cui ricordiamo due servizi per il magazine pirelliano: “Il vulcano in fiore” del 1964 e “Deserto di tufo” del 1968. I reportage raccontano per immagini l’Etna, una “lotta col gigante è fatta di pazienza e di forza”e il terremoto del Belice dove “in una notte, le case le chiese, tutto è diventato un deserto di tufo immobile”. E dove ora regna  il silenzio.

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