Accedi all’Archivio online
Esplora l’Archivio online per trovare fonti e materiali. Seleziona la tipologia di supporto documentale che più ti interessa e inserisci le parole chiave della tua ricerca.
    Seleziona una delle seguenti categorie:
  • Documenti
  • Fotografie
  • Disegni e manifesti
  • Audiovisivi
  • Pubblicazioni e riviste
  • Tutti
Assistenza alla consultazione
Per richiedere la consultazione del materiale conservato nell’Archivio Storico e nelle Biblioteche della Fondazione Pirelli al fine di studi e ricerche e conoscere le modalità di utilizzo dei materiali per prestiti e mostre, compila il seguente modulo.
Riceverai una mail di conferma dell'avvenuta ricezione della richiesta e sarai ricontattato.
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Seleziona il grado di istruzione della scuola di appartenenza
Back
Scuola Primaria
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.

Dichiaro di avere preso visione dell’informativa relativa al trattamento dei miei dati personali, e autorizzo la Fondazione Pirelli al trattamento dei miei dati personali per l’invio, anche a mezzo e-mail, di comunicazioni relative ad iniziative/convegni organizzati dalla Fondazione Pirelli.

Back
Scuole secondarie di I grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Scuole secondarie di II grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Università
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Vuoi organizzare un percorso personalizzato con i tuoi studenti? Per informazioni e prenotazioni scrivi a universita@fondazionepirelli.org

Visita la Fondazione
Per informazioni sulle attività della Fondazione, visite guidate e l'accessibilità agli spazi
contattare il numero 0264423971 o compilare il form qui sotto anticipando nel campo note i dettagli nella richiesta.

Dimensione sociale e buona impresa

Una tesi discussa all’Università di Padova approfondisce il tema nell’ambito del bilancio di sostenibilità

 

Quanto la dimensione sociale entra a far parte delle azioni d’impresa? Domanda importante, perché chiede risposte concrete circa l’attenzione che le imprese dedicano – per davvero -, ai complessi aspetti che legano l’agire umano e l’essere umano nella sua interessa all’organizzazione della produzione. Tema importante, quest’ultimo, che ormai trova largo spazio pressoché in tutti i dibattiti che hanno a che fare con lo sviluppo equilibrato non solo delle imprese in senso stretto ma dei sistemi sociali ed economici moderni. E’ attorno a questi temi, e per dare una risposta alla domanda iniziale con attenzione alla parità di genere, che ha lavorato Elena Gerardo elaborando “La dimensione sociale all’interno del bilancio di sostenibilità: un’analisi empirica”, tesi discussa presso l’Università degli Studi di Padova Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali “M. Fanno” Corso di laurea magistrale in Economia e diritto.

“Si sente sempre più spesso parlare di sostenibilità e, attraverso l’Agenda 2030 tutti gli Stati si stanno impegnando per raggiungere un benessere economico e sociale, senza compromettere le generazioni future”, scrive all’inizio della sua ricerca Gerardo che poi aggiunge: “Se si ripercorrono gli ultimi vent’anni, il tema della sostenibilità ha iniziato ad assumere sempre più rilevanza nei comportamenti delle istituzioni, delle famiglie e delle imprese. Con riferimento a quest’ultime, molte hanno intrapreso un percorso volto a non soffermarsi più unicamente sulla sfera economica ma, hanno avviato politiche di crescita e di performance collegate ai criteri ESG, ovvero al rispetto dell’ambiente e delle persone”.

Persone, dunque che portano l’azienda e chi la gestisce a impegnarsi nell’ambito della ampia Responsabilità sociale d’impresa e quindi ad intraprendere azioni e relazioni sul territorio volte a tenere in conto proprio la dimensione sociale della sua azione. Senza dimenticare la necessità di fare altrettanto al suo interno.

E’ sulla base di tutto questo, che Elena Gerardo prima mette a fuoco il contesto entro il quale deve essere collocato il bilancio di sostenibilità, poi approfondisce la stessa dimensione sociale che prende forma dentro  e fuori le imprese e, quindi, con un’analisi empirica cerca di verificare la teoria nella realtà con attenzione particolare alla parità di genere.

La ricerca e il lavoro di Elena Gerardo hanno il merito di porre l’attenzione non solo su un importante aspetto teorico della buona cultura d’impresa ma anche di provare a verificarne l’effettiva realizzazione.

La dimensione sociale all’interno del bilancio di sostenibilità: un’analisi empirica

Elena Gerardo

Tesi, Università degli Studi di Padova Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali “M. Fanno” Corso di laurea magistrale in Economia e diritto, 2021-2022

Una tesi discussa all’Università di Padova approfondisce il tema nell’ambito del bilancio di sostenibilità

 

Quanto la dimensione sociale entra a far parte delle azioni d’impresa? Domanda importante, perché chiede risposte concrete circa l’attenzione che le imprese dedicano – per davvero -, ai complessi aspetti che legano l’agire umano e l’essere umano nella sua interessa all’organizzazione della produzione. Tema importante, quest’ultimo, che ormai trova largo spazio pressoché in tutti i dibattiti che hanno a che fare con lo sviluppo equilibrato non solo delle imprese in senso stretto ma dei sistemi sociali ed economici moderni. E’ attorno a questi temi, e per dare una risposta alla domanda iniziale con attenzione alla parità di genere, che ha lavorato Elena Gerardo elaborando “La dimensione sociale all’interno del bilancio di sostenibilità: un’analisi empirica”, tesi discussa presso l’Università degli Studi di Padova Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali “M. Fanno” Corso di laurea magistrale in Economia e diritto.

“Si sente sempre più spesso parlare di sostenibilità e, attraverso l’Agenda 2030 tutti gli Stati si stanno impegnando per raggiungere un benessere economico e sociale, senza compromettere le generazioni future”, scrive all’inizio della sua ricerca Gerardo che poi aggiunge: “Se si ripercorrono gli ultimi vent’anni, il tema della sostenibilità ha iniziato ad assumere sempre più rilevanza nei comportamenti delle istituzioni, delle famiglie e delle imprese. Con riferimento a quest’ultime, molte hanno intrapreso un percorso volto a non soffermarsi più unicamente sulla sfera economica ma, hanno avviato politiche di crescita e di performance collegate ai criteri ESG, ovvero al rispetto dell’ambiente e delle persone”.

Persone, dunque che portano l’azienda e chi la gestisce a impegnarsi nell’ambito della ampia Responsabilità sociale d’impresa e quindi ad intraprendere azioni e relazioni sul territorio volte a tenere in conto proprio la dimensione sociale della sua azione. Senza dimenticare la necessità di fare altrettanto al suo interno.

E’ sulla base di tutto questo, che Elena Gerardo prima mette a fuoco il contesto entro il quale deve essere collocato il bilancio di sostenibilità, poi approfondisce la stessa dimensione sociale che prende forma dentro  e fuori le imprese e, quindi, con un’analisi empirica cerca di verificare la teoria nella realtà con attenzione particolare alla parità di genere.

La ricerca e il lavoro di Elena Gerardo hanno il merito di porre l’attenzione non solo su un importante aspetto teorico della buona cultura d’impresa ma anche di provare a verificarne l’effettiva realizzazione.

La dimensione sociale all’interno del bilancio di sostenibilità: un’analisi empirica

Elena Gerardo

Tesi, Università degli Studi di Padova Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali “M. Fanno” Corso di laurea magistrale in Economia e diritto, 2021-2022

Manager a tutto tondo

Un libro appena pubblicata racconta quanto il management debba alla presenza femminile nelle aziende

Dire manager è dire donna. Questo, almeno, si desume non tanto dalla pratica manageriale odierna ma soprattutto ciò che si capisce guardando alla storia e all’evoluzione del management. E’ la tesi – avvalorata da più di una “prova” -, che Luisa Pogliana racconta nel suo “Una sorprendente genealogia
L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi” che arriva ad una conclusione: l’idea stessa del management e del manager come figura sociale sono frutto di un pensiero femminile. C’è, nella gestione d’impresa , spiega l’autrice (per molti anni Direttrice Ricerche e Studi di Mercato nel Gruppo Mondadori e poi consulente sui mercati internazionali, in quattro continenti) un protagonismo femminile che da metà Ottocento, attraversando il Novecento, giunge fino ad oggi. Con una sbalorditiva ricorrenza di princìpi, il pensiero delle studiose dei due secoli passati si salda con le pratiche delle manager di oggi.
Il libro è rigorosamente diviso in quattro parti: le prime due affrontano rispettivamente il racconto delle donne che hanno studiato il management e, poi, quello delle donne che hanno segnato come manager la storia dell’impresa; successivamente Pogliana cerca di mettere a fuoco “il cambiamento necessario” nell’attuale paradigma della gestione d’impresa e successivamente sottolinea la presenza di una “trasformazione irreversibile” nella gestione e nella cultura dell’impresa stessa.
Ma perché le donne? Perché, dice l’autrice, mentre per gli uomini il potere sembra non bastare mai, le donne, ieri come oggi, portano nel management nuove visioni, accomunate da una diversa concezione del potere. Le figure femminili presentate nel libro cercano la trasformazione del modo di governare le aziende. Che, viene sottolineato, non può esistere senza le donne e la loro visione, ma che non può venire solo da loro. In altri termini, lo sviluppo della buona impresa (sotto tutti gli aspetti), può realizzarsi solo attraverso la collaborazione di donne e uomini.
Il libro ha l’obiettivo di parlare alle donne manager e agli uomini manager. E sono certamente pagine stimolanti quelle scritte da Pogliana, che probabilmente non troveranno sempre consenso ma che assolutamente vanno lette. “È impressionante – si legge nelle ultime pagine – come in tutta la storia del management ci siano donne che hanno saputo interpretare le epoche, cogliere in modo profondo gli orientamenti necessari fin dall’origine, e fino a oggi. C’è una continuità di pensiero, un passaggio di testimone. La genealogia di donne nel management non è solo una storia interessante. Ci dà fiducia nella nostra capacità di capire il momento presente e trovare le risposte necessarie”.

Una sorprendente genealogia. L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi
Luisa Pogliana
Guerini Next, 2022

Un libro appena pubblicata racconta quanto il management debba alla presenza femminile nelle aziende

Dire manager è dire donna. Questo, almeno, si desume non tanto dalla pratica manageriale odierna ma soprattutto ciò che si capisce guardando alla storia e all’evoluzione del management. E’ la tesi – avvalorata da più di una “prova” -, che Luisa Pogliana racconta nel suo “Una sorprendente genealogia
L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi” che arriva ad una conclusione: l’idea stessa del management e del manager come figura sociale sono frutto di un pensiero femminile. C’è, nella gestione d’impresa , spiega l’autrice (per molti anni Direttrice Ricerche e Studi di Mercato nel Gruppo Mondadori e poi consulente sui mercati internazionali, in quattro continenti) un protagonismo femminile che da metà Ottocento, attraversando il Novecento, giunge fino ad oggi. Con una sbalorditiva ricorrenza di princìpi, il pensiero delle studiose dei due secoli passati si salda con le pratiche delle manager di oggi.
Il libro è rigorosamente diviso in quattro parti: le prime due affrontano rispettivamente il racconto delle donne che hanno studiato il management e, poi, quello delle donne che hanno segnato come manager la storia dell’impresa; successivamente Pogliana cerca di mettere a fuoco “il cambiamento necessario” nell’attuale paradigma della gestione d’impresa e successivamente sottolinea la presenza di una “trasformazione irreversibile” nella gestione e nella cultura dell’impresa stessa.
Ma perché le donne? Perché, dice l’autrice, mentre per gli uomini il potere sembra non bastare mai, le donne, ieri come oggi, portano nel management nuove visioni, accomunate da una diversa concezione del potere. Le figure femminili presentate nel libro cercano la trasformazione del modo di governare le aziende. Che, viene sottolineato, non può esistere senza le donne e la loro visione, ma che non può venire solo da loro. In altri termini, lo sviluppo della buona impresa (sotto tutti gli aspetti), può realizzarsi solo attraverso la collaborazione di donne e uomini.
Il libro ha l’obiettivo di parlare alle donne manager e agli uomini manager. E sono certamente pagine stimolanti quelle scritte da Pogliana, che probabilmente non troveranno sempre consenso ma che assolutamente vanno lette. “È impressionante – si legge nelle ultime pagine – come in tutta la storia del management ci siano donne che hanno saputo interpretare le epoche, cogliere in modo profondo gli orientamenti necessari fin dall’origine, e fino a oggi. C’è una continuità di pensiero, un passaggio di testimone. La genealogia di donne nel management non è solo una storia interessante. Ci dà fiducia nella nostra capacità di capire il momento presente e trovare le risposte necessarie”.

Una sorprendente genealogia. L’autorità femminile nel management dall’800 a oggi
Luisa Pogliana
Guerini Next, 2022

Cresce il fascino della parola “civile”per parlare di economia e imprese

In questi nostri tempi così difficili e controversi, nel cuore della “società del rischio”, tra guerre guerreggiate e pandemie comunque incombenti, disastri ambientali e rancori sociali, nel discorso pubblico si diffonde, per buona sorte, l’uso d’una parola importante. La parola “civile”.

A Milano si organizza una “Civil Week” (l’iniziativa è del settimanale “Buone Notizie” del Corriere della Sera). Nei documenti di rilancio del Touring Club per “prendersi cura dell’Italia bene comune” si insiste sul ruolo centrale dei territori e dei loro abitanti, i cittadini, secondo i “valori civili”. In molte conversazioni di gruppi su whatsapp, si discute molto dell’importanza di introdurre nelle scuola “l’educazione civica”. “Civic”, si chiama la rivista della Fondazione Italia Sociale, nata quattro anni fa per iniziativa di un gruppo di imprese e personalità dell’economia e della cultura per raccogliere fondi da destinare a iniziative di interesse comune (il presidente è Enzo Manes): organizza, con la Luiss, dei corsi, molto frequentati, di “cultura civica”. E “civile” diventa termine positivo, dai rapporti del Censis ai buoni libri di politica, come reazione al degrado delle relazioni sociali e del discorso pubblico, sotto i colpi dell’opinionismo vociante e della volgarità faziosa così diffusi su social media e talk show in Tv.

Le parole hanno un senso, indicano una prospettiva. “Civile” significa consapevole, responsabile, competente, attento all’ascolto, capace di “farsi carico” dei problemi di una comunità. “Civile” come scelta di dialogo. “Civile” come sistema di valori positivi. “Civile” – perché no?- come “gentile”. La “gentilezza”, proprio in una stagione così incerta e dolorosa, è un valore fondamentale. Una dimensione etica di relazioni e comportamenti. Uno stile di vita.

Come si traduce “civile” in termini di cultura d’impresa? “Lezioni di commercio o sia di economia civile” ha per titolo il trattato scritto nel 1765 da Antonio Genovesi, illuminista napoletano, considerato da Adam Smith come un maestro ispiratore delle sue elaborazioni economiche. E proprio quella “economia civile” che affonda le sue radici nell’antica esperienza italiana del “produrre fin dalla Medio Evo, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo” (secondo l’essenziale sintesi di Carlo Maria Cipolla) è stata rilanciata in tempi recenti dalle riflessioni di Stefano Zamagni, brillante economista, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Economia civile ed economia circolare sono la base del pensiero di Papa Francesco per una “economia giusta” ma anche un essenziale punto di riferimento di una diffusa letteratura economica che ha, tra i suoi migliori esponenti, Joseph Stiglitz, Jean-Paul Fitoussi, Paul Krugman e, per tornare agli italiani, Franco Modigliani e Federico Caffè, maestri di una generazione di più giovani economisti che da qualche tempo rileggono e rilanciano il pensiero liberale con chiare venature sociali di John Maynard Keynes.

Economia civile e sostenibilità ambientale e sociale. Economia civile come riferimento per il passaggio dall’ossessione della crescita dello shareholder value (profitti e quotazioni di Borsa) al primato degli stakeholders values (i valori e gli interessi di lavoratori, fornitori, clienti, consumatori, cittadini delle comunità su cui insiste l’impresa). Rieccoci, così, alla relazione tra “civile” e cives, i cittadini.

Ripensando anche all’impresa che si fa carico del creare valore (ricchezza) e dell’essere soggetto attivo di un “capitale sociale” che ragiona su benessere diffuso, cultura, inclusione sociale, solidarietà, promozione di valori di comunità, vengono in mente altre parole e altre esperienze, a proposito dell’economia civile e dell’intraprendenza. La “fabbrica bella”, per esempio, e cioè ben progettata, luminosa, trasparente, sostenibile, immersa nel verde, accogliente, sicura. E la sicurezza sul lavoro, appunto. Le biblioteche aziendali, stimolo di buone letture, ricche di libri per bambini, pensate come luoghi di lettura e di discussioni letterarie, storiche, scientifiche o economiche tra gli iscritti ai circoli dei dipendenti. Le mense ben curate, seguendo gli esempi dati nel tempo da esperienze pilota (Olivetti, Pirelli, Dalmine, etc.). Le infermerie e i centri medici in azienda o al servizio di distretti industriali. I musei e gli archivi d’impresa, come luoghi in cui la custodia della memoria del “fare, fare bene e fare del bene” diventa costante stimolo d’innovazione. E le distese relazioni industriali che, proprio nel dialogo “civile” tra impresa e sindacati, costruiscono nuove e migliori esperienze di produttività. E così via continuando, nella compilazione di quel catalogo delle “buone pratiche” che connotano il “cambio di paradigma” del miglior capitalismo italiano verso un’economia del “benessere equo e sostenibile” e dunque di qualità di produzioni, prodotti e servizi e di maggiore competitività.

C’è un’espressione, che sintetizza questo processo in corso, tipicamente italiano: “umanesimo industriale”. La storia della “civiltà delle macchine” cara alla pubblicistica degli anni Cinquanta nelle migliori riviste aziendali del tempo diventa oggi “civiltà del lavoro”, cura delle persone, “umanesimo digitale”. E cioè attitudine a pensare l’impresa, la società, lo sviluppo in modo “civile”.

In questi nostri tempi così difficili e controversi, nel cuore della “società del rischio”, tra guerre guerreggiate e pandemie comunque incombenti, disastri ambientali e rancori sociali, nel discorso pubblico si diffonde, per buona sorte, l’uso d’una parola importante. La parola “civile”.

A Milano si organizza una “Civil Week” (l’iniziativa è del settimanale “Buone Notizie” del Corriere della Sera). Nei documenti di rilancio del Touring Club per “prendersi cura dell’Italia bene comune” si insiste sul ruolo centrale dei territori e dei loro abitanti, i cittadini, secondo i “valori civili”. In molte conversazioni di gruppi su whatsapp, si discute molto dell’importanza di introdurre nelle scuola “l’educazione civica”. “Civic”, si chiama la rivista della Fondazione Italia Sociale, nata quattro anni fa per iniziativa di un gruppo di imprese e personalità dell’economia e della cultura per raccogliere fondi da destinare a iniziative di interesse comune (il presidente è Enzo Manes): organizza, con la Luiss, dei corsi, molto frequentati, di “cultura civica”. E “civile” diventa termine positivo, dai rapporti del Censis ai buoni libri di politica, come reazione al degrado delle relazioni sociali e del discorso pubblico, sotto i colpi dell’opinionismo vociante e della volgarità faziosa così diffusi su social media e talk show in Tv.

Le parole hanno un senso, indicano una prospettiva. “Civile” significa consapevole, responsabile, competente, attento all’ascolto, capace di “farsi carico” dei problemi di una comunità. “Civile” come scelta di dialogo. “Civile” come sistema di valori positivi. “Civile” – perché no?- come “gentile”. La “gentilezza”, proprio in una stagione così incerta e dolorosa, è un valore fondamentale. Una dimensione etica di relazioni e comportamenti. Uno stile di vita.

Come si traduce “civile” in termini di cultura d’impresa? “Lezioni di commercio o sia di economia civile” ha per titolo il trattato scritto nel 1765 da Antonio Genovesi, illuminista napoletano, considerato da Adam Smith come un maestro ispiratore delle sue elaborazioni economiche. E proprio quella “economia civile” che affonda le sue radici nell’antica esperienza italiana del “produrre fin dalla Medio Evo, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo” (secondo l’essenziale sintesi di Carlo Maria Cipolla) è stata rilanciata in tempi recenti dalle riflessioni di Stefano Zamagni, brillante economista, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Economia civile ed economia circolare sono la base del pensiero di Papa Francesco per una “economia giusta” ma anche un essenziale punto di riferimento di una diffusa letteratura economica che ha, tra i suoi migliori esponenti, Joseph Stiglitz, Jean-Paul Fitoussi, Paul Krugman e, per tornare agli italiani, Franco Modigliani e Federico Caffè, maestri di una generazione di più giovani economisti che da qualche tempo rileggono e rilanciano il pensiero liberale con chiare venature sociali di John Maynard Keynes.

Economia civile e sostenibilità ambientale e sociale. Economia civile come riferimento per il passaggio dall’ossessione della crescita dello shareholder value (profitti e quotazioni di Borsa) al primato degli stakeholders values (i valori e gli interessi di lavoratori, fornitori, clienti, consumatori, cittadini delle comunità su cui insiste l’impresa). Rieccoci, così, alla relazione tra “civile” e cives, i cittadini.

Ripensando anche all’impresa che si fa carico del creare valore (ricchezza) e dell’essere soggetto attivo di un “capitale sociale” che ragiona su benessere diffuso, cultura, inclusione sociale, solidarietà, promozione di valori di comunità, vengono in mente altre parole e altre esperienze, a proposito dell’economia civile e dell’intraprendenza. La “fabbrica bella”, per esempio, e cioè ben progettata, luminosa, trasparente, sostenibile, immersa nel verde, accogliente, sicura. E la sicurezza sul lavoro, appunto. Le biblioteche aziendali, stimolo di buone letture, ricche di libri per bambini, pensate come luoghi di lettura e di discussioni letterarie, storiche, scientifiche o economiche tra gli iscritti ai circoli dei dipendenti. Le mense ben curate, seguendo gli esempi dati nel tempo da esperienze pilota (Olivetti, Pirelli, Dalmine, etc.). Le infermerie e i centri medici in azienda o al servizio di distretti industriali. I musei e gli archivi d’impresa, come luoghi in cui la custodia della memoria del “fare, fare bene e fare del bene” diventa costante stimolo d’innovazione. E le distese relazioni industriali che, proprio nel dialogo “civile” tra impresa e sindacati, costruiscono nuove e migliori esperienze di produttività. E così via continuando, nella compilazione di quel catalogo delle “buone pratiche” che connotano il “cambio di paradigma” del miglior capitalismo italiano verso un’economia del “benessere equo e sostenibile” e dunque di qualità di produzioni, prodotti e servizi e di maggiore competitività.

C’è un’espressione, che sintetizza questo processo in corso, tipicamente italiano: “umanesimo industriale”. La storia della “civiltà delle macchine” cara alla pubblicistica degli anni Cinquanta nelle migliori riviste aziendali del tempo diventa oggi “civiltà del lavoro”, cura delle persone, “umanesimo digitale”. E cioè attitudine a pensare l’impresa, la società, lo sviluppo in modo “civile”.

Alla prossima edizione del Premio Campiello Junior con una poesia di Roberto Piumini

Si è conclusa con la vittoria di “Questa notte non torno” di Antonella Sbuelz la prima edizione del Premio Campiello Junior. Nato dalla collaborazione tra Fondazione Campiello e Fondazione Pirelli, il neonato premio è destinato alle opere italiane di narrativa e poesia dedicate ai ragazzi dai 10 ai 14 anni.

La finale, condotta da Federico Russo e Virginia Stagni, ha avuto luogo all’H-farm di Roncade sotto gli occhi attenti dei piccoli elettori e della Giuria di selezione presieduta da Roberto Piumini, alle cui rime affidiamo l’invito alla prossima edizione:

Lettori amici,
siccome sono poeta,
vi parlerò di poesia,
dove ogni parola è un giuramento,
ogni parola vale,
ogni parola è davvero,
ogni parola ha un senso.
quest’oggi, lo sappiamo, è premiato
chi ha scritto storie, chi ha scritto parole,
perché ci ha fatto un dono: ma che dono?
Io vi voglio parlare
di cosa accade leggendo
un racconto, un romanzo e, s’intende,
leggendo o ascoltando una poesia.
Sì, certamente, quando voi leggete,
avete la sorpresa di una storia,
di paesaggi e persone, e imparate
eventi e avventure, e questo è molto
perché davvero soli noi saremmo
senza il conforto di altro e di altrove:
leggere di altri, vivi in altri luoghi,
in altri tempi, è buona compagnia.
Sicché, innanzitutto, quel che accade
È un patto fra chi scrive e chi legge:
uno dà le parole, uno dà l’attenzione.
Il patto è di passare un tempo insieme,
come fra amici: un tempo di presenza,
gioco e simpatia, tempo leale.
Accade anche un altro fatto, e patto:
leggendo, voi accettate, con l’autore,
di fare insieme un teatro, di giocare
di essere qualcuno che non siete,
fingere un’altra anima, e persino
un altro corpo.
Ma, voi direte, è solo l’autore
Quello che parla, che conduce il gioco,
che fa il regista nel teatro,
fa il maestro del coro: e invece
non è questo che accade.
Ecco quello che accade: ogni parola,
quando voi la leggete,
percorre tutta la vostra memoria,
a una velocità incalcolabile,
cerca e trova il vostro ricordo,
quello che voi sapete e ricordate,
e, a una velocità incalcolabile,
forma l’immagine.
Inizia una storia:
noi leggiamo: “Un cavallo,”
e prima che il nostro sguardo arrivi
alla terza parola,
a una velocità incalcolabile,
dentro il nostro cervello,
nel bianco santuario del cranio,
avviene una vertigine,
e ci tornano alla mente i cavalli
che abbiamo visto nella vita, oppure
quelli che abbiamo immaginato,
e il cavallo giocattolo
o quelli disegnati,
o visti un giorno al cinema,
in un cartone animato, o sognati.
Se poi abbiamo avuto la fortuna
di toccare un cavallo, o addirittura
di stargli in groppa, non solo
vediamo la sua immagine, ma sentiamo,
a una velocità incalcolabile,
anche il suo odore, e nelle gambe
lo sforzo di restare sulla sella,
e insomma, visto tutto, e ricordato,
a una velocità incalcolabile,
diamo a quella parola la sua immagine,
che è una nostra immagine segreta:
solo noi la sappiamo, solo noi,
e nemmeno l’autore che leggiamo.
Ogni parola, mentre la leggiamo,
ci ripercorre il tempo della vita,
ci pulisce le arterie del ricordo,
potente goccia di sangue sparviero,
ci rinfresca il pensiero di noi,
ci fruga e ci rinfresca l’esistenza.
E se dopo “Un cavallo” noi leggiamo,
appena dopo un attimo,
“galoppava in un bosco,” altri cavalli,
a una velocità incalcolabile,
ci correranno nella mente,
ricorderemo i boschi, ogni bosco,
con colori e odori,
e il fresco delle foglie sulla faccia,
l’intenso e vasto ronzio degli insetti,
e allora non vedremo, ma saremo
quel cavallo al galoppo, finché, forse,
nell’attimo seguente, leggeremo
che in sella a quel cavallo, cavalcava,
“una giovane donna”.
Moltiplicate per ogni parola
La sciolta scorribanda che facciamo,
a una velocità incalcolabile,
nel santuario di ossa e di sangue,
nella memoria che è conoscenza.

Così, come l’autore, siamo autori.
Così, al profondo dono
che ha fatto chi ha scritto le parole,
con un profondo dono rispondiamo,
perché le sue parole erano mute,
erano segni vuoti, fino a quando,
aprendo il libro, leggendo, le abbiamo
portate a pascolare nella mente,
a nutrirsi dei nostri ricordi,
e ciascuno di noi è un diverso pascolo,
e in diverse forme le parole
hanno avuto vita:
noi abbiamo immaginato, e le parole
hanno avuto infinito momento.
Quando donate un libro a un amico,
oltre a fargli il dono che sappiamo,
fate un nuovo dono all’autore:
un’altra vita e un’altra ricchezza
donate al dono delle sue parole:
un altro gioco e un altro teatro,
a una velocità incalcolabile.

Si è conclusa con la vittoria di “Questa notte non torno” di Antonella Sbuelz la prima edizione del Premio Campiello Junior. Nato dalla collaborazione tra Fondazione Campiello e Fondazione Pirelli, il neonato premio è destinato alle opere italiane di narrativa e poesia dedicate ai ragazzi dai 10 ai 14 anni.

La finale, condotta da Federico Russo e Virginia Stagni, ha avuto luogo all’H-farm di Roncade sotto gli occhi attenti dei piccoli elettori e della Giuria di selezione presieduta da Roberto Piumini, alle cui rime affidiamo l’invito alla prossima edizione:

Lettori amici,
siccome sono poeta,
vi parlerò di poesia,
dove ogni parola è un giuramento,
ogni parola vale,
ogni parola è davvero,
ogni parola ha un senso.
quest’oggi, lo sappiamo, è premiato
chi ha scritto storie, chi ha scritto parole,
perché ci ha fatto un dono: ma che dono?
Io vi voglio parlare
di cosa accade leggendo
un racconto, un romanzo e, s’intende,
leggendo o ascoltando una poesia.
Sì, certamente, quando voi leggete,
avete la sorpresa di una storia,
di paesaggi e persone, e imparate
eventi e avventure, e questo è molto
perché davvero soli noi saremmo
senza il conforto di altro e di altrove:
leggere di altri, vivi in altri luoghi,
in altri tempi, è buona compagnia.
Sicché, innanzitutto, quel che accade
È un patto fra chi scrive e chi legge:
uno dà le parole, uno dà l’attenzione.
Il patto è di passare un tempo insieme,
come fra amici: un tempo di presenza,
gioco e simpatia, tempo leale.
Accade anche un altro fatto, e patto:
leggendo, voi accettate, con l’autore,
di fare insieme un teatro, di giocare
di essere qualcuno che non siete,
fingere un’altra anima, e persino
un altro corpo.
Ma, voi direte, è solo l’autore
Quello che parla, che conduce il gioco,
che fa il regista nel teatro,
fa il maestro del coro: e invece
non è questo che accade.
Ecco quello che accade: ogni parola,
quando voi la leggete,
percorre tutta la vostra memoria,
a una velocità incalcolabile,
cerca e trova il vostro ricordo,
quello che voi sapete e ricordate,
e, a una velocità incalcolabile,
forma l’immagine.
Inizia una storia:
noi leggiamo: “Un cavallo,”
e prima che il nostro sguardo arrivi
alla terza parola,
a una velocità incalcolabile,
dentro il nostro cervello,
nel bianco santuario del cranio,
avviene una vertigine,
e ci tornano alla mente i cavalli
che abbiamo visto nella vita, oppure
quelli che abbiamo immaginato,
e il cavallo giocattolo
o quelli disegnati,
o visti un giorno al cinema,
in un cartone animato, o sognati.
Se poi abbiamo avuto la fortuna
di toccare un cavallo, o addirittura
di stargli in groppa, non solo
vediamo la sua immagine, ma sentiamo,
a una velocità incalcolabile,
anche il suo odore, e nelle gambe
lo sforzo di restare sulla sella,
e insomma, visto tutto, e ricordato,
a una velocità incalcolabile,
diamo a quella parola la sua immagine,
che è una nostra immagine segreta:
solo noi la sappiamo, solo noi,
e nemmeno l’autore che leggiamo.
Ogni parola, mentre la leggiamo,
ci ripercorre il tempo della vita,
ci pulisce le arterie del ricordo,
potente goccia di sangue sparviero,
ci rinfresca il pensiero di noi,
ci fruga e ci rinfresca l’esistenza.
E se dopo “Un cavallo” noi leggiamo,
appena dopo un attimo,
“galoppava in un bosco,” altri cavalli,
a una velocità incalcolabile,
ci correranno nella mente,
ricorderemo i boschi, ogni bosco,
con colori e odori,
e il fresco delle foglie sulla faccia,
l’intenso e vasto ronzio degli insetti,
e allora non vedremo, ma saremo
quel cavallo al galoppo, finché, forse,
nell’attimo seguente, leggeremo
che in sella a quel cavallo, cavalcava,
“una giovane donna”.
Moltiplicate per ogni parola
La sciolta scorribanda che facciamo,
a una velocità incalcolabile,
nel santuario di ossa e di sangue,
nella memoria che è conoscenza.

Così, come l’autore, siamo autori.
Così, al profondo dono
che ha fatto chi ha scritto le parole,
con un profondo dono rispondiamo,
perché le sue parole erano mute,
erano segni vuoti, fino a quando,
aprendo il libro, leggendo, le abbiamo
portate a pascolare nella mente,
a nutrirsi dei nostri ricordi,
e ciascuno di noi è un diverso pascolo,
e in diverse forme le parole
hanno avuto vita:
noi abbiamo immaginato, e le parole
hanno avuto infinito momento.
Quando donate un libro a un amico,
oltre a fargli il dono che sappiamo,
fate un nuovo dono all’autore:
un’altra vita e un’altra ricchezza
donate al dono delle sue parole:
un altro gioco e un altro teatro,
a una velocità incalcolabile.

Premio Campiello Junior: ecco chi ha vinto la prima edizione

“Campiello Junior” vince Antonella Sbuelz con la storia di Aziz

Il miglior romanzo per ragazzi è sempre quello ancora da scrivere

Il Campiello Junior ai ragazzi di Antonella Sbuelz

Parole di libertà, pensieri e forza. Perchè leggere è contro la guerra

Pirelli, When History Builds the Future

Un secolo e mezzo di innovazione, tecnologia, sperimentazione. 150 anni d’impresa da celebrare con la nuova mostra della Fondazione “Pirelli, When History Builds the Future”.

Nel corso della sua lunga storia la Pirelli si è concentrata su un costante sviluppo di tecnologie all’avanguardia per prodotti ad alta prestazione, in particolare nel campo delle corse sportive. “Dalla pista alla strada” è il concept su cui si basa l’ambiente multimediale che accoglie il visitatore all’inizio del percorso espositivo: un close-up sulla tecnologia alla base della progettazione ingegneristica, dal disegno tecnico alla virtualizzazione del pneumatico. Spingendoli al limite e analizzandone la risposta in situazioni estreme, il dipartimento Ricerca e Sviluppo di Pirelli lavora per garantire prestazioni, processi e prodotti sempre più all’avanguardia in termini di sicurezza e sostenibilità.

“So che ci sono voluti anni e anni di astuzie e di osservazioni, di ipotesi e di controlli, so che sono stati chiamati in soccorso gli strumenti più delicati del calcolo per poter definire con giustezza una norma, un comportamento. La natura non fabbrica i pneumatici come fabbrica le uova e i gusci dei molluschi.” Questa frase di Leonardo Sinisgalli, l’ingegnere-poeta pirelliano per quattro anni alla guida della Rivista Pirelli, campeggia nel nuovo spazio espositivo dell’Archivio Storico dedicato proprio alla ricerca e alla sperimentazione, in cui conserviamo la documentazione tecnica relativa alla progettazione e allo sviluppo dei prodotti e dei macchinari. Disegni stampo originali, studi sul battistrada, specifiche tecniche di prova, listini prezzi e cataloghi. Un patrimonio non solo tecnologico, ma anche culturale.

Da sempre in Pirelli le ricerche nell’ambito della scienza e delle nuove tecnologie si affiancano a una visione d’avanguardia nel campo della comunicazione. Una cultura d’impresa in grado di coniugare tecnologia e sperimentazione artistica, valorizzazione dei talenti e internazionalità. Attraverso la collaborazione di lungo corso con artisti, designer, intellettuali, scrittori, la Pirelli ha da sempre contribuito allo sviluppo di una cultura diffusa e politecnica che trova spazio anche sulle riviste aziendali, nei reportage dei grandi fotografi, nelle campagne pubblicitarie globali che hanno fatto la storia  della comunicazione visiva. Lo sottolinea già negli anni Sessanta il Direttore della Direzione Propaganda, Arrigo Castellani: “Tutto il nostro lavoro è molto vario e ci pone in contatto con artisti, scrittori, architetti, giornalisti: tutta gente almeno singolare, a volte un pò strana, sempre piuttosto interessante.”

Nell’Open Space, sala espositiva al primo piano, una timeline multimediale restituisce un racconto d’impresa e di grandi innovazioni che attraversano e, influenzano, la storia nazionale e internazionale. L’installazione site-specific “Inner Future” si affianca a documenti e oggetti d’archivio; il reportage fotografico e il video “Shapes, Patterns, Movements and Colors” interpretano il mondo della gomma dalle materie prime al prodotto finito, un oggetto “tondo e nero” che sembra immutabile nel tempo eppure, al suo interno, racchiude un intero mondo in trasformazione. Un futuro che è già oggi.

Exhibition design e grafica: Leftloft

“Shapes, Patterns, Movements and Colors”, foto e video: Carlo Furgeri Gilbert

Installazioni multimediali “When History Builds the Future” e“Inner Future”: NEO Narrative Environment Operas

Un secolo e mezzo di innovazione, tecnologia, sperimentazione. 150 anni d’impresa da celebrare con la nuova mostra della Fondazione “Pirelli, When History Builds the Future”.

Nel corso della sua lunga storia la Pirelli si è concentrata su un costante sviluppo di tecnologie all’avanguardia per prodotti ad alta prestazione, in particolare nel campo delle corse sportive. “Dalla pista alla strada” è il concept su cui si basa l’ambiente multimediale che accoglie il visitatore all’inizio del percorso espositivo: un close-up sulla tecnologia alla base della progettazione ingegneristica, dal disegno tecnico alla virtualizzazione del pneumatico. Spingendoli al limite e analizzandone la risposta in situazioni estreme, il dipartimento Ricerca e Sviluppo di Pirelli lavora per garantire prestazioni, processi e prodotti sempre più all’avanguardia in termini di sicurezza e sostenibilità.

“So che ci sono voluti anni e anni di astuzie e di osservazioni, di ipotesi e di controlli, so che sono stati chiamati in soccorso gli strumenti più delicati del calcolo per poter definire con giustezza una norma, un comportamento. La natura non fabbrica i pneumatici come fabbrica le uova e i gusci dei molluschi.” Questa frase di Leonardo Sinisgalli, l’ingegnere-poeta pirelliano per quattro anni alla guida della Rivista Pirelli, campeggia nel nuovo spazio espositivo dell’Archivio Storico dedicato proprio alla ricerca e alla sperimentazione, in cui conserviamo la documentazione tecnica relativa alla progettazione e allo sviluppo dei prodotti e dei macchinari. Disegni stampo originali, studi sul battistrada, specifiche tecniche di prova, listini prezzi e cataloghi. Un patrimonio non solo tecnologico, ma anche culturale.

Da sempre in Pirelli le ricerche nell’ambito della scienza e delle nuove tecnologie si affiancano a una visione d’avanguardia nel campo della comunicazione. Una cultura d’impresa in grado di coniugare tecnologia e sperimentazione artistica, valorizzazione dei talenti e internazionalità. Attraverso la collaborazione di lungo corso con artisti, designer, intellettuali, scrittori, la Pirelli ha da sempre contribuito allo sviluppo di una cultura diffusa e politecnica che trova spazio anche sulle riviste aziendali, nei reportage dei grandi fotografi, nelle campagne pubblicitarie globali che hanno fatto la storia  della comunicazione visiva. Lo sottolinea già negli anni Sessanta il Direttore della Direzione Propaganda, Arrigo Castellani: “Tutto il nostro lavoro è molto vario e ci pone in contatto con artisti, scrittori, architetti, giornalisti: tutta gente almeno singolare, a volte un pò strana, sempre piuttosto interessante.”

Nell’Open Space, sala espositiva al primo piano, una timeline multimediale restituisce un racconto d’impresa e di grandi innovazioni che attraversano e, influenzano, la storia nazionale e internazionale. L’installazione site-specific “Inner Future” si affianca a documenti e oggetti d’archivio; il reportage fotografico e il video “Shapes, Patterns, Movements and Colors” interpretano il mondo della gomma dalle materie prime al prodotto finito, un oggetto “tondo e nero” che sembra immutabile nel tempo eppure, al suo interno, racchiude un intero mondo in trasformazione. Un futuro che è già oggi.

Exhibition design e grafica: Leftloft

“Shapes, Patterns, Movements and Colors”, foto e video: Carlo Furgeri Gilbert

Installazioni multimediali “When History Builds the Future” e“Inner Future”: NEO Narrative Environment Operas

CIAO, COME POSSO AIUTARTI?