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Bella cultura d’impresa

Le imprese crescono anche attraverso la bellezza di quello che fanno. Anzi, a ben vedere, gli interi sistemi economici si sviluppano spinti dalla “ricerca della bellezza”. Apparentemente tutto questo può sembrare un’assurdità. In realtà, interpretare il lavoro e la cultura d’impresa attraverso il concetto di bellezza, ha un solido fondamento quando si pensi che la bellezza è legata alla creatività e quindi all’innovazione e cioè ad uno degli elementi di sviluppo aziendale ed economico più importanti.

Ad esplorare questo percorso di interpretazione della realtà ci hanno pensato recentemente Rodolfo Baggio (del Centro “Carlo F. Dondena” per la Ricerca sulle Dinamiche Sociali e Politiche Pubbliche Università Bocconi), e Vincenzo Moretti (della Fondazione Giuseppe Di Vittorio di Roma). Il risultato è un viaggio originale attorno e dentro il concetto di bellezza applicato all’impresa e alla produzione.

Gli autori partono quindi dall’esame serio dell’idea stessa di bellezza utilizzando strumenti e categorie prese da discipline ed esperienze come la cosmologia, le scienze (citando per esempio Albert Einstein e Niccolò Copernico), per arrivare ovviamente al mondo dell’arte e a quello della biologia. La bellezza viene così affiancata dalla simmetria, dalla semplicità e dalla coerenza; esperienza individuale e soggettiva ma anche sociale e condivisa.

Baggio e Moretti, poi effettuano il collegamento fra l’idea di bellezza, creatività e innovazione alle quali si aggiunge la serendipity (cioè quella capacità di osservazione di un dato imprevisto, che fornisce l’occasione per lo sviluppo di una nuova teoria oppure per l’ampliamento di qualcosa di già esistente). Genio scientifico, dunque, ma anche genio d’impresa, lampo creativo che porta a nuovi prodotti. “Alla base dell’innovazione – scrivono quindi gli autori -,  esistono elementi fondamentali, che pure trovano difficile una valutazione puntuale, essi sono fattori estetici, serendipity e immaginazione, oltre ovviamente alla creatività”.

Si arriva così all’idea di “lavoro ben fatto”, cuore di ogni conquista d’impresa, che mette insieme il sentire imprenditoriale con quello manifatturiero e non solo. Anche nell’era del web e della Rete. Anche nell’Italia di oggi della quale si toccano alcuni aspetti come quelli legati al ruolo dei territori, della formazione e della stessa cultura d’impresa rivolta ai giovani.

Colpiscono e fanno pensare due passaggi  dell’analisi di Baggio e Moretti.  Nel primo, viene ricordato quanto dice Nuto ad Anguilla ne “La luna e i falò” di Cesare Pavese: “L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa, ma da come lo fa”. Nel secondo, si precisa che “la bellezza può essere, per l’Italia, l’occasione (…) per allungare l’ombra del futuro sul presente, per cogliere le opportunità e moltiplicarle”.

Il lavoro di Baggio e Moretti è un testo che vale molto più del tempo speso per leggerlo.

La bellezza come fattore di sviluppo economico e sociale

Rodolfo Baggio, Vincenzo Moretti

Working paper, 2015.

Le imprese crescono anche attraverso la bellezza di quello che fanno. Anzi, a ben vedere, gli interi sistemi economici si sviluppano spinti dalla “ricerca della bellezza”. Apparentemente tutto questo può sembrare un’assurdità. In realtà, interpretare il lavoro e la cultura d’impresa attraverso il concetto di bellezza, ha un solido fondamento quando si pensi che la bellezza è legata alla creatività e quindi all’innovazione e cioè ad uno degli elementi di sviluppo aziendale ed economico più importanti.

Ad esplorare questo percorso di interpretazione della realtà ci hanno pensato recentemente Rodolfo Baggio (del Centro “Carlo F. Dondena” per la Ricerca sulle Dinamiche Sociali e Politiche Pubbliche Università Bocconi), e Vincenzo Moretti (della Fondazione Giuseppe Di Vittorio di Roma). Il risultato è un viaggio originale attorno e dentro il concetto di bellezza applicato all’impresa e alla produzione.

Gli autori partono quindi dall’esame serio dell’idea stessa di bellezza utilizzando strumenti e categorie prese da discipline ed esperienze come la cosmologia, le scienze (citando per esempio Albert Einstein e Niccolò Copernico), per arrivare ovviamente al mondo dell’arte e a quello della biologia. La bellezza viene così affiancata dalla simmetria, dalla semplicità e dalla coerenza; esperienza individuale e soggettiva ma anche sociale e condivisa.

Baggio e Moretti, poi effettuano il collegamento fra l’idea di bellezza, creatività e innovazione alle quali si aggiunge la serendipity (cioè quella capacità di osservazione di un dato imprevisto, che fornisce l’occasione per lo sviluppo di una nuova teoria oppure per l’ampliamento di qualcosa di già esistente). Genio scientifico, dunque, ma anche genio d’impresa, lampo creativo che porta a nuovi prodotti. “Alla base dell’innovazione – scrivono quindi gli autori -,  esistono elementi fondamentali, che pure trovano difficile una valutazione puntuale, essi sono fattori estetici, serendipity e immaginazione, oltre ovviamente alla creatività”.

Si arriva così all’idea di “lavoro ben fatto”, cuore di ogni conquista d’impresa, che mette insieme il sentire imprenditoriale con quello manifatturiero e non solo. Anche nell’era del web e della Rete. Anche nell’Italia di oggi della quale si toccano alcuni aspetti come quelli legati al ruolo dei territori, della formazione e della stessa cultura d’impresa rivolta ai giovani.

Colpiscono e fanno pensare due passaggi  dell’analisi di Baggio e Moretti.  Nel primo, viene ricordato quanto dice Nuto ad Anguilla ne “La luna e i falò” di Cesare Pavese: “L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa, ma da come lo fa”. Nel secondo, si precisa che “la bellezza può essere, per l’Italia, l’occasione (…) per allungare l’ombra del futuro sul presente, per cogliere le opportunità e moltiplicarle”.

Il lavoro di Baggio e Moretti è un testo che vale molto più del tempo speso per leggerlo.

La bellezza come fattore di sviluppo economico e sociale

Rodolfo Baggio, Vincenzo Moretti

Working paper, 2015.

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