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Cittadinanza d’impresa

Un articolo appena pubblicato nel Michigan, fornisce una nuova visione dell’agire sociale delle organizzazioni della produzione

L’impresa è un elemento del sistema sociale. Coinvolge uomini e donne, dà un’impronta al territorio, fornisce ovviamente strumenti per vivere, condiziona rapporti umani, può essere elemento positivo per il futuro ma, occorre dirlo, può trasformarsi in ipoteca per le generazioni prossime. Di questo ruolo pressoché tutti ne sono ormai consapevoli. E si dà spazio, per conseguenza, a ciò che viene indicata sinteticamente come Responsabilità sociale d’impresa (Rsi). Insieme ancora fluttuante di azioni e reazioni, di idee verso l’esterno e di riflessi all’interno dell’organizzazione della produzione, la Rsi deve essere compresa bene per coglierne le possibilità e i limiti.

Leggere “Responsible Innovation in Industry: A Cautionary Note on Corporate Social Responsibility” di Thomas A. Hemphill (della School of Management, University of Michigan-Flint), è cosa utile anche per il concetto nuovo che introduce: quello di “cittadinanza d’impresa” (corporate citizenship).

Hemphill prende in considerazione la Responsabilità sociale d’impresa (RSI) nel campo dell’innovazione e delle tecnologie emergenti vista come strumento di influenza sulla gestione delle realtà produttive di questi comparti. Dopo le imprese della prima e della seconda rivoluzione industriale – è l’idea alla base dell’articolo -, sono in effetti quelle legate alle nuove tecnologie ad essere più colpite dalle loro responsabilità nei confronti della società. Hemphill, quindi, parte da questa categoria per proporre appunto l’idea di “cittadinanza d’impresa” che incorpora il concetto di responsabilità sociale nella struttura organizzativa della società e deriva anche tecnicamente dalla norma ISO 26000 volontaria assunta come standard internazionale da seguire per questo particolare aspetto dell’organizzazione della produzione.

L’autore interpreta la “cittadinanza d’impresa” come quel ruolo, che le organizzazione della produzione possono assumere, fatto di azioni e reazioni nei confronti della società, di considerazione da parte degli altri elementi costitutivi della stessa, di immagine e di contenuti che possono essere promossi da parte di aziende che si occupano di biotecnologie, nanotecnologie e delle tecnologie dell’informazione; tutto correlato ai rispettivi effetti etici, ambientali e politici. Ne emerge un’immagine a suo modo affascinante: dopo il cittadino che diventa imprenditore, anche la sua creazione può assumere un ruolo sociale più definito.

Articolo visionario, quello di Hemphill è da leggere con attenzione e magari rileggere fra qualche tempo.

Responsible Innovation in Industry: A Cautionary Note on Corporate Social Responsibility
Thomas A. Hemphill
Journal of Responsible Innovation, aprile 2016

Un articolo appena pubblicato nel Michigan, fornisce una nuova visione dell’agire sociale delle organizzazioni della produzione

L’impresa è un elemento del sistema sociale. Coinvolge uomini e donne, dà un’impronta al territorio, fornisce ovviamente strumenti per vivere, condiziona rapporti umani, può essere elemento positivo per il futuro ma, occorre dirlo, può trasformarsi in ipoteca per le generazioni prossime. Di questo ruolo pressoché tutti ne sono ormai consapevoli. E si dà spazio, per conseguenza, a ciò che viene indicata sinteticamente come Responsabilità sociale d’impresa (Rsi). Insieme ancora fluttuante di azioni e reazioni, di idee verso l’esterno e di riflessi all’interno dell’organizzazione della produzione, la Rsi deve essere compresa bene per coglierne le possibilità e i limiti.

Leggere “Responsible Innovation in Industry: A Cautionary Note on Corporate Social Responsibility” di Thomas A. Hemphill (della School of Management, University of Michigan-Flint), è cosa utile anche per il concetto nuovo che introduce: quello di “cittadinanza d’impresa” (corporate citizenship).

Hemphill prende in considerazione la Responsabilità sociale d’impresa (RSI) nel campo dell’innovazione e delle tecnologie emergenti vista come strumento di influenza sulla gestione delle realtà produttive di questi comparti. Dopo le imprese della prima e della seconda rivoluzione industriale – è l’idea alla base dell’articolo -, sono in effetti quelle legate alle nuove tecnologie ad essere più colpite dalle loro responsabilità nei confronti della società. Hemphill, quindi, parte da questa categoria per proporre appunto l’idea di “cittadinanza d’impresa” che incorpora il concetto di responsabilità sociale nella struttura organizzativa della società e deriva anche tecnicamente dalla norma ISO 26000 volontaria assunta come standard internazionale da seguire per questo particolare aspetto dell’organizzazione della produzione.

L’autore interpreta la “cittadinanza d’impresa” come quel ruolo, che le organizzazione della produzione possono assumere, fatto di azioni e reazioni nei confronti della società, di considerazione da parte degli altri elementi costitutivi della stessa, di immagine e di contenuti che possono essere promossi da parte di aziende che si occupano di biotecnologie, nanotecnologie e delle tecnologie dell’informazione; tutto correlato ai rispettivi effetti etici, ambientali e politici. Ne emerge un’immagine a suo modo affascinante: dopo il cittadino che diventa imprenditore, anche la sua creazione può assumere un ruolo sociale più definito.

Articolo visionario, quello di Hemphill è da leggere con attenzione e magari rileggere fra qualche tempo.

Responsible Innovation in Industry: A Cautionary Note on Corporate Social Responsibility
Thomas A. Hemphill
Journal of Responsible Innovation, aprile 2016

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