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La cultura pubblica dell’impresa in Italia

Cultura d’impresa privata e cultura d’impresa pubblica. Entrambe intrecciate, entrambe votate – se intese in maniera corretta – allo sviluppo. È fra questi concetti generali che si è dipanata da sempre la politica industria italiana e quella delle singole aziende, grandi o piccole che fossero. A delinearne la storia lungo un secolo di storia italiana è stato recentemente il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento “Le imprese e il ruolo dell’azione pubblica, oggi” tenuto all’Accademia dei Lincei nel corso di un convegno sulla storia dell’IRI e la grande impresa.  SI tratta di un testo limpido, che va letto e gustato e che delinea in circa venti pagine l’intera storia economica d’Italia tra il XX e il XXI secolo indicandone, per l’oggi, i tratti che occorre affrontare per far scattare nuovamente la scintilla dello sviluppo.

Visco spiega: “Oggi, in Italia, l’azione pubblica di promozione della competitività delle imprese e della crescita economica deve soprattutto rivolgersi a migliorare le condizioni generali di contesto per l’attività di impresa anche attraverso regole certe e stabili, garantire una efficace tutela della legalità e del rispetto dei contratti, costituire un fermo presidio di concorrenza in tutti i mercati”. Il Governatore, poi, descrive con poche righe la crudezza della situazione attuale: “La specializzazione produttiva è mutata solo marginalmente nel corso degli ultimi decenni rimanendo concentrata nei comparti dell’industria  manifatturiera e dei servizi a cui corrisponde un basso livello di competenze del lavoro e di tecnologie utilizzate. Ha esposto le imprese italiane alla concorrenza di quelle delle economie emergenti più di quanto sia accaduto agli altri principali paesi europei. Nei settori tradizionali di specializzazione si è registrata una significativa caduta dell’occupazione, della produzione, dei prezzi e dei margini di profitto”. Da qui una ulteriore analisi della situazione che scova cause storiche e strutturali (le dimensioni d’impresa per esempio), alle quali occorre porre rimedio con una più forte capacità tecnologica e innovativa, un più alto livello del capitale umano, un approccio diverso degli aspetti finanziari dell’economia.

Ma, oltre a tutto questo, deve cambiare, sembra affermare Visco, proprio quella cultura d’impresa che quasi un secolo fa aveva fatto da propulsore all’economia nazionale e che, dopo varie evoluzioni, deve adesso fare i conti con una realtà in rapido e spesso drammatico mutamento.

L’analisi proposta dal Governatore dell’istituto centrale italiano è tutta da leggere, spendendoci il tempo giusto che certamente darà grande  profitto a manager e imprenditori.

Le imprese e il ruolo dell’azione pubblica, oggi

I. Visco

Accademia Nazionale dei Lincei. Convegno “La storia dell’IRI e la grande industria oggi”.

Roma, marzo 2015.

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Cultura d’impresa privata e cultura d’impresa pubblica. Entrambe intrecciate, entrambe votate – se intese in maniera corretta – allo sviluppo. È fra questi concetti generali che si è dipanata da sempre la politica industria italiana e quella delle singole aziende, grandi o piccole che fossero. A delinearne la storia lungo un secolo di storia italiana è stato recentemente il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento “Le imprese e il ruolo dell’azione pubblica, oggi” tenuto all’Accademia dei Lincei nel corso di un convegno sulla storia dell’IRI e la grande impresa.  SI tratta di un testo limpido, che va letto e gustato e che delinea in circa venti pagine l’intera storia economica d’Italia tra il XX e il XXI secolo indicandone, per l’oggi, i tratti che occorre affrontare per far scattare nuovamente la scintilla dello sviluppo.

Visco spiega: “Oggi, in Italia, l’azione pubblica di promozione della competitività delle imprese e della crescita economica deve soprattutto rivolgersi a migliorare le condizioni generali di contesto per l’attività di impresa anche attraverso regole certe e stabili, garantire una efficace tutela della legalità e del rispetto dei contratti, costituire un fermo presidio di concorrenza in tutti i mercati”. Il Governatore, poi, descrive con poche righe la crudezza della situazione attuale: “La specializzazione produttiva è mutata solo marginalmente nel corso degli ultimi decenni rimanendo concentrata nei comparti dell’industria  manifatturiera e dei servizi a cui corrisponde un basso livello di competenze del lavoro e di tecnologie utilizzate. Ha esposto le imprese italiane alla concorrenza di quelle delle economie emergenti più di quanto sia accaduto agli altri principali paesi europei. Nei settori tradizionali di specializzazione si è registrata una significativa caduta dell’occupazione, della produzione, dei prezzi e dei margini di profitto”. Da qui una ulteriore analisi della situazione che scova cause storiche e strutturali (le dimensioni d’impresa per esempio), alle quali occorre porre rimedio con una più forte capacità tecnologica e innovativa, un più alto livello del capitale umano, un approccio diverso degli aspetti finanziari dell’economia.

Ma, oltre a tutto questo, deve cambiare, sembra affermare Visco, proprio quella cultura d’impresa che quasi un secolo fa aveva fatto da propulsore all’economia nazionale e che, dopo varie evoluzioni, deve adesso fare i conti con una realtà in rapido e spesso drammatico mutamento.

L’analisi proposta dal Governatore dell’istituto centrale italiano è tutta da leggere, spendendoci il tempo giusto che certamente darà grande  profitto a manager e imprenditori.

Le imprese e il ruolo dell’azione pubblica, oggi

I. Visco

Accademia Nazionale dei Lincei. Convegno “La storia dell’IRI e la grande industria oggi”.

Roma, marzo 2015.

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